Tornare in una “storia” è sempre un po’ come tornare a casa. Se poi la storia è quella del Trono di Spade il ritorno a casa è un momento atteso e felice. Del resto le vicende politiche e militari dei sette regni in cui è diviso il mondo fantastico disseminato tra Westeros, l’Occidente, ed Essos, il più povero Oriente, sono diventate in questi anni la “nostra” storia. Troppe le similitudini con la storia reale fatta anch’essa di famiglie potenti, guerre sanguinose e matrimoni fasulli, tradimenti e politica. Per cui riprendere il discorso interrotto un anno fa, quando il giovane Brandon Stark era stato proclamato Re, e riportare la storia indietro di 200 anni, per molti di noi è stato qualcosa di naturale.
Nuovi personaggi, nuovi attori, nuova trama, ma non è stato difficile riannodare i fili delle vicende. A partire ovviamente dai destini della famiglia di Daenerys, la Regina dei Draghi, che a quei tempi dominava il mondo. House of the Dragon è infatti incentrata sulla storia della famiglia Targaryen che da dominatrice incontrastata si è ritrova – in un lasso di tempo relativamente breve – distrutta ed emarginata per colpa delle sanguinose lotte tra gli eredi al trono.
Ma andiamo con ordine. Due secoli prima della grande guerra condotta da John Snow contro l’esercito dei morti che si era spinto oltre la Barriera di ghiaccio, i Targaryen possedevano già i draghi, e non erano solo tre. Grazie a loro, usati come una potente aviazione, tenevano sotto controllo i vari regni garantendo una pace precaria. I re espressi dalla famiglia – perché all’epoca la discendenza si tramandava solo tra gli eredi maschi – sono famosi per la loro crudeltà e per un comune filo di pazzia, da ricondurre all’abitudine di contrarre matrimoni tra parenti stretti.
Quando inizia il racconto di House of the Dragon sul trono siede Viserys I, un re pacifico ma considerato troppo debole dai suoi alleati. Non ama le armi (non ha mai combattuto, neanche in un torneo) e cerca a ogni costo di evitare di alimentare conflitti locali che potrebbero trascinare il regno in una nuova guerra. Il problema principale di Viserys è che non ha un erede maschio, ma solo una figlia femmina, Rhaenyra. La ragazza, intelligente e audace, è un’esperta cavalcatrice di draghi, ma è soprattutto in età da matrimonio. Il re ha poi un fratello, Daemon, che aspira apertamente al trono, audace cavaliere, ma che manifesta tutti gli squilibri mentali che contraddistinguono la famiglia Targaryen.
Dopo la morte della prima moglie, nel tentativo di partorire un figlio maschio, il re decide di indicare come proprio successore la figlia Rhaenyra, sfidando la tradizione e gran parte degli uomini della corte. È solo l’inizio di una storia di tradimenti e congiure, di un’interminabile faida che porterà ben presto le famiglie del regno a combattere una guerra senza esclusioni di colpi.
Tra i nuovi protagonisti ha già conquistato i cuori dei fedeli appassionati la principessa Rhaenyra, dagli inconfondibili capelli biondi, interpretata nei primi episodi da Milly Alcock, una giovanissima attrice australiana, poi sostituita nella versione adulta dall’attrice inglese Emma D’Arcy. Stessa sorte tocca ad Alicent, la figlia del primo cavaliere lord Hightower, che Viserys I prende in moglie e che darà alla luce un erede maschio, interpretata nei primi episodi da Emily Carey e poi dall’attrice britannica Olivia Cooke.
Il protagonista maschile principale è invece Matt Smith (Doctor Who, The Crown, Spider-Man) perfetto nei panni di Daemon Targaryen, il pazzoide fratello del re, che avrà un ruolo determinante nella nascita del conflitto.
La produzione per la HBO è affidata a Ryan Condal. Il resto, da George R. R. Martin, autore dei libri che ispirano la storia, alle scenografie e agli effetti speciali, dai draghi e dalle armature, fino alle musiche e alla stessa sigla (opera di Ramin Djawadi), ci riporta alle atmosfere familiari di Trono di Spade. Tutto ci fa sentire subito dentro la storia, e ci conforta sul futuro, perché abbiamo la certezza che il mondo fantastico dei sette regni di Westeros non ci abbandonerà mai.
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