Continuano i guai giudiziari per Hunter Biden – ‘rampollo’ dell’attuale presidente uscente degli USA Joe – che proprio nella giornata di oggi è comparso davanti al tribunale federale di Los Angeles per rispondere all’accusa di evasione fiscale; ma prima che entrambe le parti in causa potessero scegliere i propri giurati il 54enne si è dichiarato (più o meno, ma ci arriveremo a breve) colpevole, differentemente da quanto chiunque tenesse gli occhi puntati sul processo si sarebbe mai immaginato.
Prima di arrivare a quanto accaduto oggi a Los Angeles è importante fare un passo indietro per ricordare che il processo che si è aperto oggi vede Hunter Biden rispondere dell’accusa mossa dalla procura federale della California che ritiene che abbia – più o meno deliberatamente – evitato di versare circa 1,4 milioni di dollari di tasse sul reddito tra il 2016 e il 2019; anni in cui conduceva una vita a base – scrisse la procura – di “droga, escort e lussi“.
Contestualmente Hunter Biden è ancora al centro di un secondo processo che lo vede imputato – e già giudicato colpevole, ma in attesa di una sentenza ufficiale – in Delaware per aver acquistato illegalmente una pistola mentre al centro di una dipendenza da droghe: complessivamente rischia – se giudicato colpevole in entrambi i processi – fino a 42 anni di carcere, oltre al pagamento di una multa da 750mila dollari e delle tasse non versate nei 4 anni citati prima.
Hunter Biden solleva la formula ‘Alford plea’: cos’è, come funziona e cosa cambia nel processo per evasione fiscale
Tornando al presente: oggi Hunter Biden davanti al tribunale federale ha scelto di dichiararsi colpevole usando la formula nota – negli States – con il nome ‘Alford plea‘ e la palla è passata nuovamente in mano al giudice Mark Scarsi (nominato durante la sua presidenza da Donald Trump): inizialmente sembrava aver rifiutato la formulazione perché si era detto disponibile a procedere alla scelta dei giurati, ma in un secondo momento ha ritenuto necessario prendersi una pausa di riflessione di alcune ore per decidere se accettarla o meno.
Con l’Alford plea il rampollo presidenziale ha sostanzialmente ammesso davanti alla corte che le prove raccolte dalla procura a suo carico sarebbe sufficiente ad incriminarlo, ma senza ammettere ufficialmente di essere colpevole per gli otto capi di accusa (dall’evasione, fino al falso nella dichiarazione dei redditi e al mancato pagamento delle tasse) mossi a suo carico: se il giudice accettasse la formulazione il 54enne potrebbe evitare il processo – e la gogna mediatica – arrivando più rapidamente ad un patteggiamento e ad una condanna più leggera; ma in caso contrario tutto procederà secondo programma con la scelta dei giurati e l’apertura vera e propria del dibattimento.