Il pc di Hunter Biden torna d’attualità. Galeotta fu quella riparazione dell’aprile 2019. Da allora il computer del figlio dell’attuale presidente Usa è fonte di una grande quantità di informazioni. Eppure ne sono uscite poche, non a caso i repubblicani ora chiedono un’indagine per capire i motivi per i quali l’FBI, Twitter e la stampa abbiano insabbiato tutto. Era il 12 aprile 2019 quando Hunter Biden si recò presso il centro di riparazione The Mac Shop in un centro commerciale di Wilmington, Delaware. Portò tre Macbook da riparare perché gravemente danneggiati, forse a causa di liquido caduto sulle tastiere. Il proprietario del negozio, John Paul Mac Isaac, gli garantì che avrebbe fatto il possibile per recuperare il contenuto dei computer.
Il figlio di Joe Biden, in evidente stato di ebbrezza, firmò l’ordine di riparazione, ma non tornò mai per ritirare i pc, nonostante il riparatore gli avesse mandato messaggi per informarlo di aver recuperato gran parte del contenuto dei dischi rigidi. Secondo il contratto di riparazione, le apparecchiature non reclamate dopo tre mesi diventano di proprietà del riparatore. Di fatto, Mac Isaac è in possesso di gran parte delle informazioni sulla vita di Hunter Biden. E icontenuti dei pc sono così imbarazzanti che non si sa da dove cominciare.
COSA C’È DENTRO I PC DI HUNTER BIDEN
Come evidenziato da Le Monde, ci sono decine di migliaia di e-mail, sia professionali che personali, messaggi amichevoli e familiari, fotografie di amici, alcune delle quali molto personali, come quella del fratello Beau Biden sul letto di morte nel 2015, ma anche ricevute di call-girl, selfie di nudo e video amatoriali in cui Hunter appare in posizioni equivoche, con prostitute e pipe di crack. E soprattutto i documenti fiscali e le e-mail relative ai suoi affari non proprio oculati. Di fatto, sarebbe la preda ideale per truffatori e uomini d’affari che vogliono arrivare al padre. Infatti, è il “punto debole” di Joe Biden. Non a caso Donald Trump chiese al suo avvocato Rudy Giuliani di raccogliere informazioni compromettenti su Hunter. Nel primo impeachment da parte della Camera dei Rappresentanti il titolare del centro di riparazione, simpatizzante repubblicano, si fece avanti per rivelare l’esistenza di quei dischi rigidi nella speranza di aiutare la difesa di Trump. Allertò l’FBI che sequestrò uno dei pc e l’hard disk dove aveva copiato il contenuto degli altri due pc, ma nessuna indagine venne avviata. Non ebbero risposta neppure i messaggi inviati a diversi membri repubblicani del Congresso. Solo nel 2020, in piena campagna residenziale, ebbe riscontro da Robert Costello, avvocato di Rudy Giuliani. A tre settimane dalle elezioni, il New York Post pubblicò in prima pagina un articolo su alcune e-mail e foto imbarazzanti del figlio del candidato democratico.
COME I SOCIAL MEDIA HANNO INSABBIATO IL CASO BIDEN
Ma Facebook e Twitter censurarono in parte quelle informazioni. Visto che nel 2016 avevano contribuito involontariamente alla diffusione di informazioni inventate dai servizi segreti russi, in particolare su Hillary Clinton, i due social furono avvertiti dall’FBI che probabilmente Mosca stava rinnovando le sue operazioni di disinformazione, senza però fornire indicazioni precise. Quindi, Twitter per diverse settimane bloccò l’account del New York Post e limitò la diffusione della notizia. Facebook modificò il suo algoritmo per impedirne la diffusione. Una cinquantina di ex specialisti americani, tra cui due ex direttori della CIA, scrissero una lettera aperta sul sito web di Politico in cui spiegavano che questa vicenda informatica assomigliava a propaganda russa. Anche New York Times e il Washington Post erano riluttanti a dare credito al New York Post. Peraltro, Giuliani si rifiutò di fornire una copia completa dell’hard disk per consentire di verificarne l’autenticità. Ma dopo l’elezione di Joe Biden i media hanno finalmente avuto accesso ad alcune delle e-mail di Hunter, tra cui il Washington Post, e le hanno riconosciute come autentiche. Ma il resto del contenuto degli hard disk erastato talmente alterato e riclassificato da non sapere cosa provenga dall’originale o cosa sia stato aggiunto.
“TRAFFICO INFLUENZE, ATTIVITÀ SOSPETTE…”
Ora però i repubblicani, in particolare quelli più radicali, promettono di aprire un’indagine sugli affari della famiglia Biden. Infatti, lo scorso novembre, i legislatori repubblicani del Comitato per la supervisione e la riforma del Congresso hanno pubblicato un rapporto provvisorio basato sul contenuto degli hard disk di Hunter Biden, intitolato “Un presidente compromesso“. Sostengono che l’analisi del materiale «rivela un traffico di influenze che pone rischi per la sicurezza nazionale e un insabbiamento decennale. I membri della sua famiglia hanno usato la loro relazione con Joe Biden per arricchirsi… Queste attività sospette sollevano molte domande senza risposta che meritano ulteriori indagini». Tale rapporto punta anche il dito contro i media che hanno coperto la storia e aziende come Twitter di averla censurata. I repubblicani stanno anche pensando di indagare sugli ex funzionari dell’intelligence che hanno scritto la lettera in cui si metteva in dubbio l’origine del computer. Intanto John Paul Mac Isaac, che sta pubblicando un libro sulla sua esperienza, “An American Injustice, My Battle to Expose the Truth“, accusa Twitter di averlo rovinato: «Sono grato a Elon Musk per aver rivelato questa censura e per aver reso nota la verità», ha dichiarato a Fox News.