E’ un pomeriggio del 1975 nei leggendari studi Abbey Road di Londra, quelli dove i Beatles avevano registrato tutti i loro dischi. I Pink Floyd si trovano lì intenti a registrare il loro nuovo disco che uscirà con il titolo di Wish you were here, vorrei che tu fossi qui. E’ un lavoro pieno di melanconia e tristezza, in modo inconsapevole stanno celebrano il loro fondatore, Syd Barrett, che aveva lasciato il gruppo subito dopo il disco di esordio nell’ormai lontano 1967, The piper at the gates of dawn.



Un disco che aveva fatto la storia, infarcito di psichedelica visionaria, il cui maggior compositore era stato proprio lui, “il diamante pazzo”, come si sarebbe intitolata la lunga suite che avrebbe fatto parte del disco, Shine on you crazy diamond. L’uso esagerato di ogni genere di droga, soprattutto gli acidi psichedelici che lui si scioglieva sulla testa in modo da farli penetrare direttamente nel cervello per ottenere risultati maggiori, avevano portato a galla i disturbi mentali che giacevano latenti in lui: schizofrenia. Perché la droga fa male, danneggia inevitabilmente il cervello, tira fuori l’indicibile che giace dentro di noi. Ma a quei tempi sembrava tutto bello e tutto una avventura innocua. Quel pomeriggio un personaggio con un po’ di pancia, completamente calvo e con le sopracciglia rasate con in mano un sacchetto per la spesa compare nello studio di registrazione. Si siede silenzioso e ascolta la musica. I membri della band dapprima non capiscono chi sia, poi uno di loro capisce: sai chi è quello lì? E’ Syd. Il vecchio amico scomparso. Si avvicinano e lui commenta, bella musica, ma un po’ datata. E scompare.



Syd Barrett era nato il 6 gennaio 1946 a Cambridge, Roger Keith “Syd” Barrett, oggi avrebbe compiuto 75 anni. Quando, nel 1965, Roger Waters, Nick Mason e Richard Wright, studenti di architettura al Politecnico di Londra dove lui studiava pittura, lo incontrano decidono di dar vita al classico gruppo blues come andava di moda allora, non immaginavano di fatto di mettere nelle sue mani ciò che quel progetto sarebbe diventato. Fu Barrett a mettere insieme i nomi dei due bluesman Pink Anderson e Floyd Council, ma soprattutto fu lui a far sterzare il gruppo bruscamente verso la psichedelia, di cui il fluido rosa che nasceva dalla congiunzione dei due nomi era la perfetta rappresentazione visiva. Per capire come di quella formazione lui fosse il leader basta vedere le firme sulle canzoni pubblicate: suoi i primi due singoli, “Arnold Layne” e “See Emily Play“, suoi otto pezzi su dieci nell’album di debutto della band, “The Piper at the Gates of Dawn“. Senza contare il suo peso negli spettacoli dal vivo. In anni ancora lontani da quadrifonia, straordinari effetti speciali e scenografie monumentali, lui ipnotizzava gli spettatori con gli effetti della sua chitarra.  La droga prese il sopravvento e in breve non riuscì più a comporre un pezzo o a suonare durante i concerti. Lo mandarono via prendendo al suo posto il chitarrista David Gilmour. Andò a vivere in una appartamento dove passava il tempo a dipingere il pavimento e le pareti, provò a fare due dischi da solista con l’aiuto di Gilmour ma erano collage di pura pazzia musicale. Tornò a casa dalla famiglia dove visse da recluso nello scantinato senza vedere più nessuno. Morì per un cancro al pancreas nel 2006, a 60 anni di età. Nessuno sa se aveva più preso in mano una chitarra.

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