Gli anni sessanta e settanta del ventesimo secolo sono stati certamente terreno fertile, fucina di movimenti quali la beat generation e quello hippie che molta influenza ebbero sulla società americana. Una controcultura insomma che si espanse a macchia d’olio fino a rappresentare lo 0,2% della popolazione nordamericana influenzando arte, letteratura, cinema e musica.



E proprio all’apice della cultura hippie nell’agosto 1969, a Bethel (Stato di New York), si svolse il raduno di Woodstock che, ancora oggi può essere considerato senza tema di smentite, uno degli eventi che maggiormente hanno caratterizzato il ventesimo secolo.

Esso ricoprì certamente un posto importante per il forte impatto sociale e culturale che ebbe. Per molti il miglior esempio di cultura hippie, espresso dai movimenti giovanili di quel periodo e che presto si espanse in tutto il mondo Occidentale.



Tale movimento rappresentò il massimo esempio di un nuovo modo di  intendere le cose, le persone, il pacifismo, la fratellanza, l’uso di droghe allucinogene ed il cosiddetto amore libero.

Figlio della beat generation, che aveva caratterizzato gli anni immediatamente precedenti, il movimento continuò a condividerne i principi ma se ne discostò per le preferenze stilistiche. Ai colori sobri e lenti scure dei “beatnik”, si sostituirono abiti con fantasie psichedeliche, capelli lunghi, petti nudi, bandane e pantaloni blu a zampa di elefante.

Si stima che oltre 500.000 persone si recarono al raduno per ascoltare i musicisti e le band più famose del tempo, come Richie Havens, Joan Baez, Janis Joplin, The Grateful Dead, Creedence Clearwater Revival, Crosby, Stills, Nash and Young, The Who, Carlos Santana, alternando allucinogeni come l’Lsd, e mescalina, ed abbandonandosi al sesso libero, uno dei principali aspetti del movimento.



Rispetto i tanti artisti presenti, altrettanti non aderirono all’iniziativa per diversi motivi come i Doors, i Led Zeppelin, i Jethro Tull, i Rolling Stones, Bob Dylan.

Jim Morrison era stato arrestato per atti osceni nel corso di un concerto; Mick Jagger preferì dedicarsi al cinema ritenendo che il film che stava girando sarebbe durato per sempre, Woodstock pochi giorni e Dylan, ormai disgustato dalla piega borghese presa dai protagonisti della musica di protesta.

Tuttavia, l’assenza che fece più scalpore fu quella dei Beatles che di certo avrebbero assicurato una presenza maggiore di pubblico. Questi ultimi in particolare erano in quel momento la band più famosa al mondo, anche se di lì ad un anno si sarebbe definitivamente sciolta.

Visto che tra i Fab Four la situazione era ormai irrimediabilmente compromessa, contattato dagli organizzatori, Lennon decise di rilanciare. In pieno delirio artistico e amoroso propose di andare sì al festival, ma con il suo progetto parallelo all’epoca nato di recente in collaborazione con Yoko Ono, ossia la Plastic Ono Band.

Agli organizzatori parve una offerta a dir poco assurda e probabilmente lo era. La band all’epoca non era affatto conosciuta, soprattutto se comparata ad i Beatles, che ancora oggi è da molti considerata la più grande formazione della storia del rock.

Fatto sta che artisti come Richie Havens, Joe Cocker e Crosby, Stills, Nash & Young, portarono sul palco i brani più celebri di Paul McCartney e compagni.

Richie Havens infatti interpretò in tutto otto brani, di cui tre cover dei Beatles, che risultarono tra i pezzi più riusciti. Nella fattispecie si trattava di “Strawberry fields forever”, il coro finale di “Hey Jude” e“With a little help from my friends”. Quest’ultimo brano fu interpretato anche da Joe Cocker. Il leggendario quartetto formato da Crosby, Stills, Nash & Young propose invece una loro interpretazione di “Blackbird”.