La buona notizia è che lo spreco alimentare è un tema capace di interessare tutti gli italiani: il 97% dei nostri connazionali dichiara di prestare attenzione al fenomeno. E di questi il 62% dice di affrontare la questione con molto impegno. La cattiva notizia è che questo atteggiamento tocca in modo meno forte le generazioni più giovani, quelle spesso considerate sensibili e portabandiera delle tematiche ambientali. Che invece si rivelano più disposte a sprecare. I numeri parlano chiaro: i ragazzi di età compresa tra i 18 e i 24 anni buttano nella spazzatura quantità di alimenti fino a 4 volte superiori rispetto a quelle gettate da chi ha più di 65 anni. E il dato peggiora se si considerano i soli prodotti secchi, per i quali il fenomeno tocca il 33% dei giovani contro l’8% dei più agée, i latticini (42% vs 11%) o la frutta, che finisce nel bidone della spazzatura almeno una volta al mese per mano dei ragazzi nel 47% dei casi contro il 22% imputabile alla platea più matura.



A dirlo sono le evidenze emerse da una ricerca condotta dall’istituto OpinionWay per conto di Smartway, realtà specializzata nel supportare i distributori nella lotta contro lo spreco alimentare, che scatta dunque una fotografia poco rassicurante del rapporto tra i giovani e il cibo, rilevando, ancora più nel dettaglio, come il 75% dei più giovani butti almeno 1 prodotto ogni mese contro il 41% del target più maturo. Target che si spinge a eliminare almeno 5 prodotti ogni mese solo nel 14% dei casi, contro il 38% fatto registrare dalla fascia dei 18-24enni. E va detto che sul banco degli imputati, tra i giovani, sono soprattutto gli uomini che fanno segnare una frequenza negli sprechi più alta rispetto alle donne. Ne è prova il rapporto con il pane: il 38% dell’universo maschile lo getta nella pattumiera spesso rispetto a quello femminile che si ferma al 24%.



Resta comunque il fatto che lo spreco alimentare è purtroppo una cattiva abitudine che interessa certo non solo i giovani, ma una larga parte della popolazione. La stessa ricerca attesta, infatti, che il 59% degli italiani butta almeno un tipo di prodotto ogni mese, principalmente frutta (37%), verdura (37%) e piatti avanzati (32%). E ancora, soltanto 1 italiano su 10 dichiara di non buttare mai prodotti alimentari (9%).

Per contro, tuttavia, va anche segnalato che i nostri connazionali hanno imparato ad adottare buone pratiche: secondo la survey, infatti, l’88% guarda sempre la data di scadenza prima dell’acquisto. Un dato confortante che però lascia trapelare crepe significative, dal momento che tra i ragazzi la percentuale cala al 71%. E che non si traduce sempre in comportamenti adeguati al momento del consumo. Dove, di nuovo, pesa la variabile anagrafica: il 32% dei 65enni e oltre butta, infatti, un prodotto perché la data di scadenza è vicina o passata contro il 52% fatto registrare tra i 18-24 anni. Ma non solo. Lo studio rileva impietosamente anche che 1 giovane su 2 butta spesso i prodotti prima che la data di scadenza sia passata, un valore 2 volte maggiore rispetto a quello registrato dai senior (27%) e nettamente più rilevante rispetto alla media nazionale (32%).



I dati emersi dalla survey circa il comportamento dei giovani, insomma, non sono rassicuranti. E non possono che preoccupare in una prospettiva futura dal momento che lo spreco alimentare rappresenta un problema collettivo in continuo aggravamento: secondo il rapporto 2021-2022 di Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability, infatti, in Italia, nel 2022 si sono contati circa 595,3 grammi di cibo buttati a persona a settimana, il 15% in più rispetto al 2021.

Una spirale pericolosa che si deve quindi combattere. Ma come?

Secondo lo studio di OpinionWay/Smartway, la ricetta indicata dagli italiani prevede essenzialmente due ingredienti: incalzare le insegne distributive perché propongano più promozioni e sconti sui prodotti vicini alla scadenza – driver indicato dal 90% degli intervistati – e ricevere maggiori informazioni sui gesti da adottare per ridurre lo spreco alimentare. Un punto quest’ultimo su cui, per fortuna, vincono i giovani: si tratta un’azione sollecitata dal 34% dei 18-24enni, contro il 16% dei senior.

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