Avviata la procedura d’infrazione per eccesso di deficit nei confronti dell’Italia, toccherà attendere fino a novembre per sapere quali azioni correttive la Commissione europea richiederà al nostro Governo. Nel frattempo tra Bruxelles e Roma ci saranno dei negoziati sia sulla traiettoria tecnica di rientro dei conti pubblici prevista dalla riforma del Patto di stabilità, sia sul conseguente Piano strutturale di bilancio che il nostro Paese dovrà presentare entro il 20 settembre.
C’è, quindi, il rischio che possano prevalere la discrezionalità e le trattative politiche? “Non parlerei di rischio – risponde Massimo D’Antoni, professore di scienza delle finanze all’Università di Siena -, la definizione di vincoli mirati alla situazione specifica di ciascun Paese è una caratteristica delle nuove regole fiscali. Come ha ricordato, è previsto che i Governi nazionali preparino i loro Piani strutturali di bilancio di medio termine sulla base delle indicazioni (la ‘traiettoria tecnica’) della Commissione. L’idea è quella di abbandonare l’approccio delle regole uguali per tutti e di dare ai Governi un maggiore controllo sulla programmazione di bilancio, ferma restando la sorveglianza della Commissione. In questo senso, la negoziazione e un certo grado di discrezionalità sono ovviamente inevitabili e non sono necessariamente un male. Purché avvengano nel rispetto dell’autonomia nelle scelte politiche dei singoli Paesi e, ovviamente, evitando che considerazioni di “vicinanza” politica tra Governi e Commissione possano spingere a un approccio più o meno severo”.
Il fatto che le azioni correttive richieste saranno rese note solo a novembre potrebbe creare dei problemi nella messa a punto della Legge di bilancio?
È il primo anno di adozione delle nuove regole. In futuro il termine per il varo del Piano strutturale di bilancio sarà il 30 aprile (il Piano sostituirà il Def), ma quest’anno tale data ha coinciso con il varo dei nuovi regolamenti, quindi tutto slitta più avanti. Il Piano sarà presentato il 20 settembre, dunque immediatamente prima della presentazione della Legge di bilancio, con una tempistica analoga a quella della Nadef negli anni passati. C’è da credere che Legge di bilancio e Piano strutturale saranno redatti dal Governo in modo tra loro coerente. È vero tuttavia che potrebbero esserci dei problemi per la sessione di bilancio se la Commissione ritenesse il Piano inadeguato e la negoziazione con Bruxelles dovesse protrarsi. È un’incognita che si aggiunge a quella data dalla novità delle procedure.
Nelle scorse settimane è stato evidenziato che l’apertura della procedura d’infrazione può essere considerata “positiva”, in quanto non occorre ridurre dell’1% l’anno il rapporto debito/Pil come previsto dal nuovo Patto di stabilità e crescita. Cosa ne pensa?
La riduzione del rapporto debito/Pil dell’1% è una delle “salvaguardie” introdotte per iniziativa della Germania. L’altra riguarda la riduzione annua dell’0,5% del saldo strutturale per i Paesi in procedura di infrazione per disavanzo eccessivo. Noi saremo soggetti alla seconda e non alla prima. Quale sia il vincolo più stringente tra queste due regole e il vincolo dato dal rispetto della traiettoria tecnica al momento non saprei dire, ma penso che i tre vincoli non avranno alla fine effetti molto diversi.
Più che di Italia, nella conferenza stampa seguita alla presentazione del pacchetto di primavera del semestre europeo si è parlato della Francia, unico altro grande Paese membro oggetto di procedura d’infrazione per eccesso di deficit. Pensa si possa correre il rischio di vedere una sorta di disparità di trattamento tra Italia e Francia?
Non è la prima volta che la Francia si trova in infrazione. Vorrei, anzi, ricordare che dopo la crisi del 2008 la Francia è rimasta in procedura per deficit eccessivo dal 2009 al 2018, mentre noi ne uscimmo nel 2013. Nemmeno in quel caso, nonostante i continui rinvii nell’aggiustamento, sono state adottate delle sanzioni. Ma questo è valso anche per la Spagna, che rimase in procedura di infrazione fino al 2019, ottenendo continue dilazioni giustificate dalle difficoltà di formazione di un Governo. Dove potrebbero esserci delle differenze è più che altro nell’atteggiamento degli investitori, quindi nello spread, il cui andamento rappresenta la vera sanzione per un Paese ad alto debito. Una sanzione dai tratti meno prevedibili, visto che gli spread seguono solo indirettamente i pronunciamenti della Commissione, muovendosi a volte anche sulla base di semplici dichiarazioni e, soprattutto, sulla base delle scelte della Banca centrale europea. Da questo punto di vista, il nostro Paese ha rispetto alla Francia lo svantaggio di un debito pubblico più elevato, mentre gode di una posizione sull’estero più favorevole.
L’atteggiamento verso la Francia non dipenderà anche da chi ci sarà al Governo a Parigi?
A questo mi riferivo poc’anzi parlando della severità dettata da ragioni di vicinanza o lontananza politica. A prescindere da questioni di simpatia o antipatia per chi vincerà le prossime elezioni in Francia, credo che dobbiamo tutti augurarci che questo non accada, perché sarebbe visto, non senza ragione, come un condizionamento e una compressione della democrazia a livello dei singoli Stati.
In una recente intervista, Christine Lagarde ha spiegato che il Tpi potrebbe essere utilizzato anche da un Paese sottoposto a procedura d’infrazione per deficit eccessivo. Crede che questo strumento basterebbe a fronteggiare possibili turbolenze per lo spread di Paesi come l’Italia o la Francia?
Se il Tpi non dovesse bastare, la Bce saprebbe comunque come intervenire. Detto questo, la dichiarazione della Lagarde un poco mi sorprende, perché il fatto di non essere sottoposti a procedura per deficit eccessivo era una condizione esplicita per il ricorso a questo strumento che, lo ricordiamo, prevede un sostegno della Bce al mercato dei titoli di Stato di Paesi che vanno incontro a situazioni di turbolenza nei mercati finanziari. Interpreto una simile dichiarazione come un modo per prevenire operazioni speculative a seguito dell’avvio della procedura di infrazione per Francia, Italia, ecc. Dico che la cosa mi sorprende solo un po’, perché l’adattamento delle regole alle necessità contingenti non è una novità per la Bce. Mi pare che la lezione sugli effetti disastrosi di interventi effettuati in ritardo e con scarsa convinzione (penso alla crisi dei debiti sovrani del 2010) sia stata alla fine imparata.
Nella conferenza stampa di mercoledì in un paio di occasioni il Commissario Gentiloni ha dovuto evidenziare che non c’è un ritorno all’austerità con le nuove regole del Patto di stabilità e crescita. Cosa ne pensa?
Il termine austerità non ha un significato preciso, ma se austerità significa riduzione della spesa pubblica in rapporto al Pil, non c’è dubbio che le regole porteranno a una nuova stagione di austerità. Speriamo di dimensioni meno serie di quella del 2012-13.
Il Vicepresidente della Commissione Dombrovskis ha invece ricordato che l’economia europea ha subito una serie di gravi shock, ma ha retto e continua a migliorare. Le nuove regole del Patto di stabilità sono in grado di aiutare l’economia ad affrontare analoghi shock che dovessero presentarsi in futuro?
Beh, l’Ue ha affrontato gli shock perché ha abbandonato per qualche anno i vincoli su deficit e debito e ha attuato politiche fiscali espansive. Certo, la clausola di salvaguardia che ha consentito tale temporanea sospensione è un elemento di flessibilità che è essa stessa parte delle regole, sia delle vecchie che delle nuove, quindi, se intesa in questo senso, la sua affermazione è senz’altro corretta. Ma lui forse intendeva che un miglioramento della posizione fiscale consente di affrontare meglio le situazioni di emergenza. Il granaio pieno per i giorni di pioggia. C’è del vero nel fatto che conti pubblici in disordine limitano la capacità di reazione di uno Stato, anche se questa celebrazione del risparmio e della morigeratezza mal si applica alla macroeconomia. Potremmo dire che per affrontare i rischi futuri altrettanto importanti, o più importanti, sono investimenti e crescita.
Cosa pensa infine delle raccomandazioni specifiche della Commissione per l’Italia? Vede qualche elemento nuovo o soprattutto critico?
Vedo diversi elementi critici, anche se espressi in modo a volte implicito. Traspare, ad esempio, un giudizio non favorevole sulla direzione presa dalla riforma fiscale, visto che si evidenziano i rischi della frammentazione della tassazione sul reddito determinati dai trattamenti speciali per i lavoratori autonomi, si esprime preoccupazione sugli effetti dei nuovi provvedimenti sul versante dell’evasione e si ribadisce la necessità di di spostare il carico fiscale dal lavoro alla rendita (ad esempio, tramite l’aggiornamento dei valori catastali). Ci sono poi una serie di raccomandazioni sulla necessità di fronteggiare il calo demografico e la fuga dei giovani all’estero, nonché ridurre le disparità territoriali. Su questo punto uno strumento centrale resta per i prossimi anni l’attuazione del Pnrr, ma c’è l’ipoteca più generale posta dai vincoli di bilancio e la necessità di contenere la spesa, un punto sul quale pure le raccomandazioni insistono moltissimo. Le raccomandazioni non si occupano del problema di conciliare vincoli e obiettivi, ma questa sarà la principale preoccupazione del Governo. Una preoccupazione che non dovrebbe far dormire sonni tranquilli, specie considerando che bisognerà trovare anche le risorse per rendere permanente l’intervento sull’Irpef e sul cuneo fiscale.
(Lorenzo Torrisi)
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