Oregon, Stati Uniti. Eli e Charlie Sisters sono due simbiotici fratelli dell’Ottocento americano, popolato di pistoleri e cercatori d’oro. La loro missione, al soldo del padrino locale, è quella di catturare Warm, un geniale e persuasivo chimico, inventore di un metodo innovativo per riconoscere l’oro e separarlo dagli altri minerali residuali. Sulle sue tracce c’è anche John Morris, pure lui assoldato per trattenere Warm e consegnarlo nelle mani dei due sicari. Tra una sparatoria e l’altra, tra vittime, fughe e imprevisti, la missione di morte si trasforma in un sogno di cambiamento e di liberazione che si scontrerà, per ognuno di essi, con il proprio ineluttabile destino.
Vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes 2015 con Dheepan – Una nuova vita, Jacques Audiard è un regista francese di grande spessore e qualità. Esplorando negli anni generi, luoghi e varie umanità, con I fratelli Sisters sceglie di portarci nel cuore della conquista del West. Audiard si impossessa delle storie e delle atmosfere del genere più americano che esiste, per trasformarlo con rispetto in un mondo nuovo, silenzioso, umano e riflessivo.
L’azione si contamina con la relazione. Ai cavalli, alle sparatorie, ai fuorilegge, alla natura incontaminata, Audiard affianca la storia di due fratelli. Una storia di umane debolezze, bizzarre differenze e antitetici temperamenti: Eli, custode di tranquillità e saggezza. Charlie, profeta dell’azione e dell’imprevedibilità.
L’azione non manca, così come la violenza. Ma sono intervalli di una storia familiare insolita per un film western. I fratelli Sisters portano nel nome la grazia della cura familiare, la sensibilità femminile che si occupa dell’altro e delle sue fragilità.
Il film si prende il tempo per conoscere il passato sofferente di questa coppia di fratelli legati dal sangue, che scorre nelle loro vene e nelle loro vite fuorilegge. Ai due si aggiunge un’altra coppia di esploratori dell’esistenza, un cercatore d’oro e il suo cacciatore, convertito e catturato dal sogno di un mondo nuovo e pacificato.
Con Audiard, il western non è tanto la scena reiterata di pistoleri incattiviti, ma un mondo faticoso, popolato di anime sognatrici come di avidi cacciatori di successo, alla ricerca di un equilibrio personale, costrette perlopiù nel ruolo dei cattivi e prigioniere di uno sporco lavoro che qualcuno, pur sempre, dovrà fare. La natura selvaggia delle praterie americane è ricostruita nelle piane rumene e spagnole.
Mancano i monumenti di pietra rossa, gli indiani, la diligenza e qualche stereotipo di genere, ma quello che manca, su tutto, è l’epica western. Quella luce narrativa, codificata e tanto familiare, che ha trasformato nei decenni il west nella grande avventura di un Paese in cerca di se stesso. L’occhio del regista francese dimentica consapevolmente, e forse a ragione, la storia di questo cinema spettacolare e offre la sua personale visione della conquista del sogno. Al rumore preferisce il silenzio, ai grandi spazi gli spazi della coscienza.
Un cinema d’autore, che lascia un pizzico di delusione, velata di nostalgia.