Caro direttore,
in questo tempo, in questi giorni del coronavirus, vorrei condividere quello che il vivere mi suggerisce.
Torno in questi giorni a guardare un soldato di latta, di quelli che si comprano a San Marino, che quasi vent’anni fa un giovane tossicodipendente mi ha regalato. Ricordo il momento: fuori dalla Messa si avvicina e mi dà questo regalo, dentro il cartone, così come l’aveva acquistato. Era un po’ imbarazzato regalandomi un soldato, poi mi disse: “Sai, voi sacerdoti siete come i soldati che stanno nelle retrovie e ci forniscono le armi per la battaglia”. Poi un abbraccio. Ecco cosa fa un sacerdote in questo momento particolare, in questa sfida che il mondo, la nostra gente sta affrontando. Ecco il senso del nostro muoverci.
Dalle cose normali, come la preghiera che sta diventando assidua, al comunicare, ricaricando più volte il cellulare, a tutte le attività ordinarie, come la pulizia della chiesa o dell’oratorio, mancando i volontari. La normalità fatta di piccoli gesti come un sorriso, un messaggino, quel “Come stai” che tanto ricorre, questa normalità prende dimensioni straordinarie.
Poi, in questo tempo di obbedienza alla realtà, da vivere e indicare, ho seguito l’indicazione del mio Vescovo, introducendomi con la preghiera e la meditazione alla preparazione del Triduo, i tre giorni che precedono la Pasqua.
L’umanità di Gesù è affascinante. “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46; Mc15,34), perché mi hai abbandonato in questa circostanza? Una domanda che sorge continuamente nel nostro cuore, in modi diversi, perché quello che sta accadendo, il coronavirus, sfida la nostra fede, la svela.
Ma poi, come già accade in un certo modo nell’orto degli ulivi, il grido: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46).
In una definizione del verbo abbandonare della Treccani si legge: “mettersi con piena fiducia nelle sue mani”. Gesù mentre è abbandonato si abbandona, come un bambino nel dolore, abbandonato nel dolore si abbandona nelle mani della madre, al sostegno sicuro del Padre. Non è tolto il dolore, ma tutto cambia. Mentre siamo abbandonati, ci abbandoniamo a chi è presente, vivo in una storia umana che si chiama Chiesa.
Che Grazia in questo tempo poter seguire, mentre siamo abbandonati; abbandonarci a Chi ci ama attraverso chi ci guida. Penso al mio Vescovo e a tanti amici che il mio esser cristiano mi dona.
Dio, ancora una volta, non fa cose nuove, ma fa nuove tutte le cose.