I giovani in Italia sono sempre di meno, e lo certifica l’Istat. Nel 2023 nella fascia di età compresa fra i 18 e i 34 anni, vi sono 10 milioni e 200mila persone, con una perdita rispetto al 2022 di più di 3 milioni di ragazzi, pari al -23.2 per cento. Come fa notare TgCom24.it, si tratta della più bassa incidenza sulla popolazione rispetto agli stati dell’Ue, e il Sud presenta una perdita ancora più marcata, -28 per cento rispetto al 2002, anche se nel Mezzogiorno vi è la maggiore concentrazione di ragazzi d’Italia, pari al 18.6 per cento. Si parla di “inverno demografico”, un fenomeno che ha subito una forte accelerazione a partire dai millennials, quelli nati fra il 1981 e il 1995.
L’Istituto di statistica italiano ha fatto anche una previsione in vista del 2061 quando, procedendo con questo ritmo, quasi un terzo degli italiani avrà più di 60 anni, precisamente il 30,7 per cento. Con la diminuzione dei giovani si innalza l’età del matrimonio, 36 anni di media per lo sposo e 33 per la spesa, contro 32 e 29 nel 2004. Cresce anche la data del primo figlio, 32,4 anni per la donna contro i 30,5 del 2001. L’Istat parla di percorso “lungo e complicato” verso l’età adulta per i ragazzi che risiedono nel Mezzogiorno segnalando una dilatazione dei tempi di uscita dalla casa dei genitori.
I GIOVANI IN ITALIA SONO SEMPRE DI MENO: 71,5% VIVE IN FAMIGLIA AL SUD
A riguardo al Sud il 71,5 per cento dei 18-34 anni nel 2022 vive in una famiglia, mentre al nord erano il 64,3 per cento contro il 49,4 dell’Ue, e il dato è inoltre in forte aumento rispetto al 2001 quando era pari al 62.2 per cento. Di pari passi fra i giovani meridionali si estende il percorso di studio. I millennials continuano ad essere i più istruiti, ma negli ultimi anni è aumentata la tendenza agli studi universitari, soprattutto nel Mezzogiorno.
Nell’anno scolastico 2021-2022 si sono registrati 58 immatricolati su 100 residenti con 19 anni, contro il 56 del Centro nord. Nella fascia di età 19-25 gli iscritti scendono a 47 (41 nel centro nord), che diventano 22 laureati ogni 100 nella fascia 23-25 (al centro nord erano 19). L’Istat fa infine notare che le immatricolazioni aumentano in particolare in quelle regioni dove la disoccupazione è più alta e il Pil più basso, precisamente Sicilia, Sardegna e Calabria, all’opposto di Lazio e Lombardia.