Due modelli a confronto: l’hospitality alberghiera e lalocazione breve turistica. Lo studio svolto da un gruppo di ricercatori di Sociometrica, diretto da Antonio Preiti, per conto di Federalberghi, stavolta è centrato però sul paragone tra i due modelli di sviluppo locale. Perché, dice Bernabò Bocca, presidente Federalberghi, “bisogna uscire dal genericismo che guarda solo al movimento fisico delle persone, e non valuta con rigore le sue conseguenze economiche sulla comunità ospitante”.
E infatti l’indicatore universalmente adottato per valutare la performance dell’economia dell’ospitalità è dato dalle presenze turistiche, cioè dal numero di notti trascorse dagli ospiti in strutture alberghiere, extra-alberghiere o in altre modalità più informali. Tuttavia – sostiene Preiti – questo indicatore non ha una natura economica, ma si limita a segnalare il fenomeno in maniera generale. cioè segnalando semplicemente quante notti sono state spese da persone non residenti in una specifica destinazione. Inoltre, c’è il problema delle presenze non registrate, quelle “non osservate”, che però vanno anch’esse stimate per definirne il valore economico. Il report riguarda dunque l’analisi dell’impatto economico di due distinti modelli turistici: il primo trainato dalla primazia alberghiera, con le tipologie dell’ospitalità classificate negli annuari statistici (che includono le forme di attività di ospitalità extra-alberghiere di natura professionale), e il secondo spinto dalle residenze offerte per affitti brevi, solitamente intermediate dalle piattaforme on line.
Due impatti. Naturalmente i due modelli hanno differenti impatti anche su altri piani: sull’organizzazione della città nei suoi servizi essenziali; sul crowding out degli affitti brevi rispetto a quelli destinati alle famiglie di residenti; sull’identità urbanistica dei centri storici delle città. Fondamentalmente, nel settore alberghiero il soggiorno dell’ospite comporta la fruizione di una vasta gamma di prestazioni professionali, che concorrono a fornire un’ampia gamma di servizi di ospitalità. Negli affitti brevi, la situazione è diversa: sono attività senza standard predefiniti e vincolanti, che non hanno bisogno della presenza di molte figure professionali particolarmente sofisticate. La maggiore complessità e articolazione dell’organizzazione alberghiera si traduce naturalmente in una domanda sul mercato del lavoro maggiore in termini quantitativi e migliore in termini di figure professionali richieste. Tre aspetti sono i più caratterizzanti: l’organizzazione alberghiera è più complessa e articolata rispetto all’offerta di affitti brevi e questo si traduce in termini di una maggiore domanda di professionalità caratteristiche e di livello medio-alto; gli effetti di moltiplicazione del reddito, vale a dire l’effetto di espansione economica, sono più alti nel caso di soggiorno alberghiero che in quello residenziale; la capacità complessiva di spesa degli ospiti dell’albergo rispetto a chi soggiorna in residenze è molto più elevata, addirittura doppia.
Le offerte. Un mercato ben diverso: mentre l’offerta di alberghi è piuttosto stabile nel tempo, nel caso degli affitti brevi la disponibilità alla locazione in pratica può cambiare di giorno in giorno. L’inserzionista può offrire un’unità locativa per tutto l’anno, oppure escludere alcuni giorni dell’anno, o anche scegliere in totale libertà il periodo in cui l’unità è disponibile. Di conseguenza, ogni giorno il numero delle units disponibili può cambiare. Nella top 20 dei comuni turistici con maggiore offerta di unità locative per affitti brevi si trovano Roma (19.336 unità locative offerte), Milano (12.264), Firenze (8.454), Napoli (6.918), Venezia (6.765), via via fino a Sorrento (1.415). Considerando i primi 500 comuni turistici italiani, nello scorso febbraio erano disponibili 205.546 unità abitative sulle piattaforme on line. Considerando invece il periodo estivo, l’offerta cresce a 267.076. La destinazione turistica con il tasso di occupazione più alto è Roma, che raggiunge l’88%, seguita da altre città di medie e grandi dimensioni, tra cui Firenze, Bergamo, Padova e Venezia. Tra le prime dieci destinazioni turistiche, c’è solo una destinazione balneare, Positano, che attira i clienti anche fuori stagione grazie alle sue caratteristiche, e Bellagio, una destinazione lacuale con un alto grado di attrazione tutto l’anno. Si stima che il numero complessivo di posti-letto disponibili sulle piattaforme di affitto breve ammonti a 739.966 al giorno. Passando alla stima della capacità lorda annua teorica, si raggiunge il numero di 270 milioni e 87.444 posti letto.
Presenze & spesa. Quelle “non osservate” sono quasi 100 milioni e pesano per il 23,6% nel totale delle presenze turistiche, e vanno sommate a quelle ufficiali, che ammontano a 321 milioni. La spesa complessiva pro-capite al giorno di un ospite in hotel vale 156,20 euro, un’equivalente tipologia di spesa per chi è ospite in affitto breve si ferma a 68,20 euro. In sostanza, gli affitti brevi producono la metà, in termini percentuali, dei consumi turistici rispetto alle presenze turistiche, tanto che le presenze turistiche ufficiali raggiungono l’88,1% del complesso dei consumi turistici nazionali.
Occupazione. Su un totale di 1 milione e 156 mila occupati nel settore turistico allargato (non solo il settore specifico alberghi, ristoranti, agenzie di viaggio, ecc.) che comprende anche gli effetti indiretti del turismo negli altri settori dell’economia, un milione e 18 mila arriva dalla spesa complessiva degli ospiti che hanno deciso di soggiornare in albergo o in un’altra struttura extra-alberghiera ufficialmente registrata, mentre 137 mila è il numero di occupati (equivalenti) che si ricava dalla spesa complessiva di quanti hanno scelto di soggiornare con la formula dell’abitazione in affitto.
Il turismo deve uscire dalla sua percezione solo di fenomenologia sociale – commenta Bocca -, per arrivare a una più compiuta consapevolezza economica”. Le differenze tra i due sistemi (alberghiero e locazioni brevi) emerse dal report “diventano rilevanti sul piano macro-economico, perché quando in una destinazione prevale la presenza commerciale delle seconde case, questa scelta spoglia l’impatto economico del turismo di gran parte delle sue potenzialità e delle sue promesse in termini di benessere e occupazione, e allo stesso tempo impoverisce l’esperienza di soggiorno dell’ospite”.
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