Noi italiani siam fatti così, parrebbe essere la massima sottesa al film I Mostri del regista milanese Dino Risi, di cui ricorre oggi il sessantenario dell’uscita. Film caustico e spietatamente cinico, come costume del suo regista, e a tratti perfino profetico circa il destino che attende l’italiano medio voltato l’angolo del boom economico, di cui peraltro il film è figlio legittimo.



La sua preparazione fu contrastata, narrano le cronache. Doveva essere un film prodotto da De Laurentiis, scritto dalla coppia d’oro Age & Scarpelli, diretto da Elio Petri e con Alberto Sordi protagonista unico. A seguito di litigi vari I Mostri è invece diventato un film di Risi, prodotto da Mario Cecchi Gori, del quale gli sceneggiatori e soggettisti originari Age e Scarpelli dovettero condividerne la paternità, oltre che con Risi stesso, con la coppia Scola-Maccari, più Elio Petri per gli episodi già pronti prima del cambio di produzione.



Nonostante la genesi così multipersonale, il film rientra appieno nello stile e nella poetica del regista milanese. Autorialità comunque condivisa, come voleva la prassi di quel tipo di storie e di quella fase del cinema italiano. In tutto ciò ruolo secondario non hanno i protagonisti Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman, attori-maschera e autori loro stessi, in corso d’opera, dei propri personaggi nel farsi pratico del film.

I Mostri, inaugurando una prassi produttiva che diverrà consueta in quegli anni, si compone di venti episodi, alcuni dei quali molto brevi, solo degli sketch a mo’ di barzellette visive, mentre altri più lunghi e articolati. In questi alternativamente i due mattatori, e in qualche caso insieme, danno vita a un campionario di personaggi e situazioni incentrate sulla mostruosità dell’Italia del boom economico. Un panorama sociale grottesco, in alcuni casi violento e deforme, in altri semplicemente cinico e spietato.



Nonostante questa sorta di satira in pillole dei miti e le contraddizioni italiche dei primi anni Sessanta non vada sempre a segno, molti dei personaggi-maschera presenti nei vari episodi sono entrati nella memora collettiva. La cifra poetico-narrativa della commedia all’italiana che castiga ridendo mores si consolida con I Mostri, con tutti i suoi pregi e difetti.

Pur non rappresentando la migliore opera di Risi, più incisivo in altre circostanze Una Vita Difficile (1961) e Il Sorpasso (1962) su tutti – comunque I Mostri non è da rubricare tra i suoi film minori, solo da menzionare per l’inaugurazione del sottogenere a episodi. Si tratta invece di opera incisiva, sufficientemente rappresentativa, anche se in chiave prevalentemente grottesca, della contemporaneità – di allora – dei caratteri del nostro Paese. La sua concezione appare quindi di ampio respiro e di buona originalità.

Una menzione particolare merita lo struggente episodio con cui il film si conclude, che è anche il più lungo e narrativamente compiuto, scritto da Age e Scarpelli e titolato La Nobile Arte. Un ex pugile un po’ suonato (Tognazzi) convince un pugile a riposo ancora più suonato (Gassman) a rientrare per un incontro con un giovane emergente e forte, solo per lucrare sulla borsa. Finisce con il secondo paralizzato sulla sedia a rotelle. Nonostante la storia triste, lo stile stempera la cattiveria risiana in un afflato di poesia dei poveri, caratteri perdenti ma con un’indomita e dignitosa fiducia nel futuro, ben raffigurati nella scena finale sul lido in inverno, che ricorda lo spirito del felliniano La Strada (1954).

Come già evidenziato, il film presenta tratti profetici. Si beffa di tutti, senza sconti: degli intellettuali, dei borghesi e ricchi come dei poveri semianalfabeti. Tutti accomunati nella colpevole ricerca di falsi valori ideali, come denaro facile, successo fine a se stesso, potere sui deboli.

Nel momento della festa del presunto benessere economico sociale del boom, il film come la mitologica Cassandra avverte tutti che tale festa sta per finire, e che per molti nemmeno è cominciata. Nessun’altra commedia coeva a I Mostri è tanto spietata nel raccontare tale sentore storico collettivo, né tanto diretta e priva di schermature ideologiche, anche se rimangono i dubbi circa l’incisività paradigmatica di alcuni episodi.

Il film vanta due seguiti. Appena decente quello del 1977 (I Nuovi Mostri), con gli stessi attori e, in parte, autori, con l’aggiunta alla regia di Monicelli e Scola e di Sordi tra i protagonisti.

Inguardabile invece quello del 2009 (I Mostri Oggi, di Enrico Oldoini): l’epoca della formula vincente “commedia all’italiana castigatrice dei costumi” era morta e sepolta da almeno un trentennio.

Per ultimo va evidenziato come I Mostri fu un grande successo commerciale, cosa di per sé alienante: rivela l’anomalia di spettatori italiani che ridono di sé medesimi con inconsapevole malinconia.

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