Recentemente sono stati presentati i risultati dell’indagine sull’autoimprenditorialità delle nuove generazioni, condotta dal Centro di ricerca sullo Sviluppo di Comunità e la Convivenza organizzativa (CERISVICO) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore per conto dell’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti (UCID) di Milano. La ricerca aveva l’obiettivo di comprendere cosa intendessero i giovani per autoimprenditorialità psicologica al fine di sviluppare strategie adeguate a sostenere la transizione scuola-lavoro.
La letteratura presenta tre diverse definizioni di autoimprenditorialità: la prima, la intende come categoria occupazionale; la seconda, la considera un insieme di tratti di personalità, qualità e abilità personali che permettono di identificare, valutare e sviluppare nuove opportunità di crescita lavorativa e sociale; la terza, minoritaria, la identifica come un mix di fattori che include sia competenze personali (per es. l’autoefficacia) sia fattori contestuali e comunitari (per es. le influenze del contesto di vita).
La ricerca-azione attuata per raggiungere l’obiettivo ha previsto l’impiego di metodi misti di natura qualitativa (interviste in profondità) e di natura quantitativa (questionario), applicati secondo una logica sequenziale. Tramite le interviste è stato possibile far emergere le percezioni dei/delle giovani in merito al costrutto psicologico di autoimprenditorialità; successivamente, sulla base di quanto narrato dai/dalle giovani, è stato costruito un questionario nel quale l’autoimprenditorialità psicologica è stata resa operativa come un insieme di life skills.
Questa definizione di autoimprenditorialità fornita dai giovani si inscrive all’interno del modello delle competenze, ossia il quadro di riferimento teorico che identifica le competenze che si connotano come antecedenti dell’assunzione di un ruolo lavorativo e il mantenimento di una soddisfacente qualità di vita nei contesti di lavoro. È importante identificare tali competenze sia perché sono un prerequisito per l’occupabilità, sia perché esse necessitano di essere costantemente monitorate e implementate. Pertanto, è su queste competenze che i sistemi educativi e formativi dovrebbero costruire offerte e proposte.
Le life skills indicate dai/dalle giovani come componenti del senso di auto-imprenditorialità psicologica sono illustrate nel modo che segue:
Fiducia = credere in sé stesso/a
Apertura = essere aperti nei confronti di punti di vista ed esperienze diverse
Collaborazione = capacità di collaborare con le altre persone in modo costruttivo
Leadership = capacità di guidare le altre persone
Empatia = capacità di comprendere i pensieri e sentimenti delle altre persone
Impegno = capacità di portare a termine bene le cose che si sono scelte di fare
Autonomia = capacità di pensare e decidere da solo/a
Curiosità = desiderio di saperne di più, ricerca attiva di informazioni
Problem solving = capacità di trovare soluzioni di fronte ai problemi che si incontrano
Resilienza = capacità di affrontare e gestire un evento critico o traumatico
Il campione della ricerca è costituito da 764 giovani (58% donne), residenti in Lombardia, di età compresa tra i 18 e i 28 anni – poco più della metà ha tra 18 e 22 anni (52%). Quasi la totalità del campione (96%) è nato in Italia; la maggioranza (65%) abita in un capoluogo di provincia e con la propria famiglia di origine (77%). Il 41% studia, il 32% lavora, i restanti studiano e lavorano contemporaneamente. Riguardo alla tipologia di scuola frequentata, più della metà dei giovani (56%) ha indicato il liceo, seguito da chi ha frequentato gli istituti tecnici (27%) e gli istituti professionali (15%); il 2% ha frequentato o sta frequentando un centro di formazione professionale. Il 30% dichiara di avere effettuato esperienze lavorative o di studio all’estero.
La Figura 1 illustra le medie di tutte le life skills.
Quella che i/le giovani sentono di possedere in misura maggiore è l’autonomia, a cui segue l’impegno e la capacità di problem solving; quelle che invece i giovani sentono di possedere meno sono la fiducia in sé e la resilienza. L’esito in merito alla prima variabile era atteso, in quanto testimoniato da molte ricerche. Interessante, perché colma un gap in letteratura, il risultato relativo alla resilienza che rappresenta un’importante risorsa personale perché può aiutare i lavoratori a fronteggiare efficacemente le sfide legate al proprio ruolo professionale, favorendo il mantenimento del loro benessere psicologico.
È stata inoltre indagata la presenza di eventuali differenze legate alle variabili socio-demografiche (Tabella 1).
Se consideriamo il genere emergono differenze significative per la maggior parte delle life skills escluse collaborazione, leadership e curiosità. In particolare, i ragazzi percepiscono una fiducia in sé e una resilienza più alte delle ragazze, mentre queste ultime percepiscono di possedere più apertura, empatia, impegno, autonomia e capacità di problem solving rispetto ai ragazzi. Rispetto alla fascia di età, i partecipanti più grandi (23-27 anni) percepiscono di avere più fiducia, apertura, leadership, empatia, impegno, curiosità e problem solving rispetto ai più piccoli.
In merito all’occupazione, le differenze significative riguardano l’apertura, l’empatia e la curiosità, che registrano punteggi medi più alti nei/nelle giovani che studiano e lavorano rispetto a chi solo studia o solo lavora. Per quel che riguarda il luogo di residenza, le differenze significative riguardano la fiducia, la leadership e la resilienza: i giovani che vivono nei capoluoghi di provincia percepiscono livelli più alti rispetto a coloro che vivono nei paesi di provincia. Infine, in merito all’internazionalizzazione, sono state riscontrate differenze significative solo per la fiducia e la resilienza, che sono più alte per chi ha svolto qualche esperienza all’estero.
In breve, dall’analisi delle life skills in relazione alle variabili socio-demografiche emergono differenze ricorrenti su due: la fiducia in sé e la resilienza, che risultano essere connesse a questioni di genere ma anche ad esperienze di vita, quali il luogo di residenza e le esperienze all’estero. Tali risultati mostrano la stretta relazione che esiste tra le life skills e il contesto ambientale dei giovani. Dai dati emerge inoltre che i ragazzi percepiscono in misura maggiore rispetto alle ragazze di avere competenze legate al continuare ad essere performanti anche in condizioni ambientali sfidanti (fiducia in sé e resilienza) mentre queste ultime si percepiscono come più dotate di skills relazionali (apertura ed empatia) e orientate alla realizzazione (impegno, autonomia e problem solving).
Inoltre, possiamo affermare che i/le giovani che partecipano a programmi Erasmus, tirocini all’estero, vacanze studio e similari credono in loro stessi e affrontano gli ostacoli della vita cogliendoli come opportunità più di chi non ha potuto fruire di queste esperienze.
Con i dati a disposizione non è possibile affermare se i giovani che si dicono più resilienti siano maggiormente portati a fare queste esperienze o se siano le esperienze stesse ad aver permesso di sviluppare maggior fiducia in sé e resilienza. Tuttavia, la letteratura indica che fornire opportunità come queste favorisce nei/nelle giovani occasioni di crescita e di autocoscienza delle proprie potenzialità.
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