Nei giorni scorsi l’Istat ha pubblicato, oltre alla nuova stima del Pil nel secondo trimestre del 2023, che abbiamo commentato in una precedente occasione, anche le stime trimestrali dei conti nazionali delle famiglie, delle imprese e delle amministrazioni pubbliche. Non potendo occuparci dei tre settori in un colpo solo partiamo ora da una breve analisi del primo di essi, rinviando a successivi interventi gli altri due.
Quali variabili l’Istat rileva periodicamente, trimestre dopo trimestre, in tema di conti delle famiglie?
– In primo luogo il reddito lordo complessivo disponibile delle famiglie consumatrici, dunque escludendo le famiglie che svolgono in via diretta attività produttive come quelle dei liberi professionisti o che includono titolari di imprese individuali o di società semplici sino a cinque addetti;
– in secondo luogo il potere d’acquisto corrispondente ai redditi lordi precedenti, che è ottenuto depurando i medesimi della variazione dei prezzi ovvero, in termini più tecnici, dividendo il reddito nominale per il deflatore dei consumi finali delle famiglie;
– in terzo luogo gli impieghi finali del reddito lordo, dunque i consumi finali delle famiglie e il loro risparmio;
– infine gli investimenti delle famiglie, che sono solo immobiliari, non solo l’acquisizione di nuovi immobili ma anche le migliorie e le manutenzioni straordinarie degli immobili già posseduti.
Vediamo allora con alcuni grafici, i quali riportano dati trimestrali destagionalizzati, come si sono modificate queste grandezze, non solo nella prima metà del 2023 ma andando anche a ritroso negli anni precedenti, così da includere anche tutto il periodo del Covid.
Grafico 1 – Reddito disponibile e potere d’acquisto delle famiglie consumatrici (dati trimestrali in miliardi di euro)
Nel Grafico 1 si notano tre effetti in particolare:
– prima del Covid, nel 2018 e 2019, il reddito lordo era in debole crescita ma copriva l’incremento dei prezzi, così da lasciare stazionario il potere d’acquisto delle famiglie;
– durante il Covid la caduta iniziale dei redditi, dovuta al lockdown, è stata rapidamente recuperata, in termini sia nominali che reali, dai provvedimenti di sostegno attuati dai Governi in carica, anzi sino all’estate del 2021 vi è stato un apprezzabile incremento reale;
– a partire dall’ultimo trimestre 2021 si manifesta una forbice crescente tra le due grandezze, dovuta alla ripresa dei prezzi; in gran parte i redditi nominali in crescita compensano tale rialzo, tuttavia in parte evidente il rialzo dei prezzi ha intaccato anche il potere d’acquisto sino a portarlo a un livello simile a quello della prima metà del decennio scorso.
Grafico 2 – Reddito disponibile e spesa per consumi delle famiglie (dati trimestrali in miliardi di euro)
Il Grafico 2 mette a confronto la spesa complessiva delle famiglie per consumi finali col reddito disponibile e mostra come nella fase di rialzo dei prezzi, che è iniziata nell’ultima parte del 2021, la spesa per consumi sia cresciuta più rapidamente del reddito disponibile. I consumi hanno dunque tenuto di fronte all’inflazione perché le famiglie hanno scelto di risparmiare di meno. Tuttavia, nella prima metà del 2023 la tendenza alla crescita della spesa per consumi si è fermata e nel secondo trimestre si è fermato anche il reddito disponibile.
Se andiamo nel dettaglio del secondo trimestre 2023 i dati Istat ci dicono che:
– il reddito lordo disponibile delle famiglie consumatrici è diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente;
– poiché nello stesso trimestre i prezzi, misurati dal deflatore, sono cresciuti solo lievemente, il potere d’acquisto delle famiglie è diminuito solo dello 0,2%;
– invece la spesa per consumi finali delle famiglie ha continuato a crescere (+0,2%), assorbendo l’aumento dei prezzi e conservando il livello reale dei consumi.
Grafico 3 – Propensione al risparmio e tasso d’investimento delle famiglie (dati in % del reddito lordo disponibile)
Arriviamo infine al Grafico 3, il quale ci mostra l’andamento della propensione al risparmio delle famiglie (la quota di reddito che non è stata destinata ai consumi), cresciuta enormemente durante i lockdown ma fortemente ridimensionata dopo il Covid, dapprima per la ripresa dei consumi e in seguito a causa dell’inflazione. Nell’ultimo anno essa si è attestata su un livello inferiore rispetto a quello medio degli anni precedenti il Covid, segno che i consumatori hanno finanziato la stabilizzazione dei loro consumi reali rinunciando a una parte del risparmio addizionale che vi sarebbe stato se avessero ripreso i loro vecchi comportamenti.
Il Grafico 3 riporta altresì il tasso d’investimento delle famiglie, sempre in rapporto al reddito disponibile, il quale risulta raddoppiato nel post-Covid in particolare per l’effetto prodotto dai diversi bonus per l’edilizia. Esso è ora in declino, tuttavia ancora molto al di sopra dei livelli abituali del pre-Covid, pari a poco più del 5% del reddito disponibile.
Anche in questo caso vediamo più in dettaglio quanto avvenuto nel secondo trimestre dell’anno:
– la propensione al risparmio delle famiglie è scesa di 0,4 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, attestandosi al 6,3%;
– il tasso di investimento delle famiglie è stimato all’ 8,1%, 0,2 punti percentuali in meno rispetto al primo trimestre ma ancora quasi 3 punti sopra il pre-Covid;
– in valore assoluto gli investimenti fissi lordi delle famiglie sono invece diminuiti del 2,9% rispetto al trimestre precedente.
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