Nella precedente occasione abbiamo iniziato, affrontando il tema della spesa pubblica, un breve viaggio in tre tappe all’interno della finanza pubblica italiana con un duplice obiettivo:

– da un lato verificare quanto il Covid avesse impattato sulla medesima, sia accrescendo la spesa pubblica (sanitaria, assistenziale e a protezione delle attività economiche), sia riducendo le entrate, attraverso principalmente la contrazione degli imponibili;



– in secondo luogo accertare quanto degli effetti precedenti risultasse riassorbito in base alle statistiche più recenti e quanto fosse tuttora attivo e in grado di condizionare i risultati complessivi della finanza pubblica, misurati attraverso i saldi (di cui ci occuperemo nella terza puntata).

L’analisi complessiva è finalizzata a comprendere quali problemi, e quanto consistenti essi saranno, ci toccherà affrontare quando dall’Olimpo di Bruxelles l’Unione europea ci chiederà, sotto la spinta dei Paesi sedicenti frugali e come già accadde in maniera traumatica nel 2010-11, di rimetterci rapidamente in regola sui parametri di finanza pubblica.



Nella scorsa puntata abbiamo visto come la spesa pubblica complessiva sia cresciuta, al netto degli effetti delle differenti, rispetto al passato, contabilizzazioni dei bonus in favore dell’edilizia, di circa sei punti percentuali sul Pil (nel frattempo ritornato ampiamente sopra il livello pre-Covid) e come non si vedano per ora tendenze verso un suo non marginale rientro. E chiudevamo il pezzo con una domanda destinata a rimanere per un certo tempo senza risposta: si potrà nei prossimi anni riabbassare la spesa pubblica oppure emergerà, come in tutte le precedenti occasioni storiche in cui il peso dello Stato nell’economia è cresciuto, che non è possibile tornare indietro?



Nell’attesa ci occupiamo oggi delle entrate pubbliche, di come esse si sono ridotte nel biennio del Covid 2020-21 e di come hanno recuperato nella fase più recente di ripresa dell’economia.

Analizzare le entrate è molto più semplice rispetto alle spese e inoltre, come già ricordato la volta scorsa, le entrate fiscali hanno per loro natura una dinamica prociclica: quando il ciclo va bene e l’economia cresce regole di tassazione invarianti producono naturalmente un gettito fiscale crescente, il contrario di quanto avviene in presenza di recessioni gravi, in grado di abbattere anche gli imponibili nominali. Inoltre:

– quasi tutte le entrate pubbliche sono di parte corrente mentre quelle in conto capitale, come le imposte una tantum, i condoni e le dismissioni di cespiti, hanno un peso trascurabile;

– all’interno delle entrate correnti circa il 90% è rappresentato dalle entrate fiscali;

– le entrate fiscali sono riconducibili a tre sole macro categorie: i) le imposte dirette; ii) le imposte indirette, che con le precedenti formano le entrate tributarie; iii) infine i contributi sociali sul lavoro che affluiscono agli enti di previdenza;

Inoltre queste tre macro categorie hanno nella finanza pubblica italiana dimensioni quantitative molto simili. Dunque possiamo esaminarle assieme nel Grafico 1.

Grafico 1 – Le entrate fiscali delle Amministrazioni pubbliche per tipologia

(Miliardi di euro nell’anno terminante nel trimestre indicato)

Quale gettito esse hanno prodotto nell’intero anno 2019, l’ultimo non toccato dal Covid?

– Le imposte dirette 258 miliardi;

– Le imposte indirette anch’esse 258 miliardi;

– I contributi sociali un po’ meno, 242 miliardi;

– In totale fanno 758 miliardi.

E quale è stata la perdita di gettito prodotta su ognuna dal Covid? Ricordiamo che l’effetto massimo del Covid sul gettito si è manifestato nell’ultimo trimestre del 2020.

– Le imposte dirette hanno perso 7 miliardi (-3%);

– Le imposte indirette hanno perso 30 miliardi (-12%);

– I contributi sociali hanno perso 13 miliardi (-5%);

– In totale la perdita di gettito è stata di 50 miliardi (-7%).

Dal Grafico1 si può tuttavia notare che la perdita di gettito del 2020 è stata completamente recuperata già alla metà del 2021. mentre in seguito, sino al I trimestre 2023, vi è stato un rilevante incremento netto di gettito per tutte le tre voci considerate. In particolare nei quattro trimestri terminanti a marzo scorso:

– Il gettito delle imposte dirette si è attestato a 36 miliardi sopra il 2019 (+14%);

– Quello delle imposte indirette a 20 miliardi sopra il 2019 (+8%);

– Quello dei contributi sociali a 22 miliardi sopra il 2019 (+9%);

– Nell’insieme il maggior gettito annuo è stato di 79 miliardi, da 758 a 837 (+10%), i quali si sono aggiunti al recupero dei 50 miliardi persi durante la fase apicale del Covid.

Il Grafico 2 mostra le entrate cumulate delle tre voci nel tempo.

Grafico 2 – Le entrate fiscali complessive delle Amministrazioni pubbliche

(Miliardi di euro nell’anno terminante nel trimestre indicato)

A questo punto si può agevolmente passare dalle entrate fiscali del settore pubblico alle entrate totali, aggiungendo le due voci minori delle altre entrate correnti e delle entrate in conto capitale (Grafico 3).

Grafico 3 – Le entrate totali delle Amministrazioni pubbliche

(Miliardi di euro nell’anno terminante nel trimestre indicato)

Anche in questo caso notiamo come il calo complessivo di entrate prodotto dal Covid nel 2020 (58 miliardi) sia stato recuperato già nel corso dei primi trimestri del 2021 per poi convertirsi in una crescita delle entrate decisamente più rapida rispetto agli anni pre-Covid: +99 miliardi di entrate annue totali rispetto al 2019 (e +12%).

In sostanza le entrate pubbliche sono andate decisamente bene nel post-Covid e tutti i problemi sembrano concentrarsi, come peraltro prevedibile, dal lato della spesa. Ma anche dal lato delle entrate non può essere considerato tutto oro quello che luccica, dato che:

la pressione fiscale è ora più alta rispetto al pre-Covid: 43,5% nel 2022 contro 42,3% nel 2019, dunque 1,2 punti percentuali in più;

– le entrate totali in rapporto al Pil sono anch’esse maggiori: 48,8% nel 2022 contro il 47% tondo nel 2019, dunque 1,8 punti in più.

Ciò che è bene per le entrate fiscali può non esserlo per l’economia privata che quelle maggiori imposte sta pagando e forse sarebbe meglio invece che riuscisse a destinare maggiori risorse agli investimenti e alla crescita produttiva (in questo caso Bce permettendo

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