Le variazioni demografiche che interessano il nostro Paese stanno modificando, tra le altre cose, la domanda di prestazioni e di assistenza sanitaria della popolazione italiana. Non solo perché l’Italia invecchia (la speranza di vita alla nascita, che era di 63,9 anni per i maschi e 67,5 anni per le femmine nel 1951, si è attestata nel 2023 a 81,1 anni per gli uomini e 85,2 per le donne) e implica un maggiore carico di cittadini con varie patologie legate all’età, ma anche perché l’aumento – sia assoluto che proporzionale – degli anziani è accompagnato da un cambiamento nella composizione della struttura familiare, che sta diventando sempre più piccola, è spesso composta da persone sole e manifesta rotture nei legami parentali, poiché figli e nipoti si allontanano dai luoghi di residenza dei parenti anziani, soprattutto se questi ultimi vivono in piccoli paesi o in territori meno facilmente raggiungibili.
Nel presente contributo si esaminano le variazioni intervenute in un ventennio nelle regioni italiane sia nell’offerta, sia nella domanda soddisfatta della forma di assistenza maggiormente impegnativa per questa fascia di popolazione e cioè la residenzialità (RSA; Residenzialità Sanitaria per Anziani).
Merita innanzitutto discutere il concetto stesso di anziano, che analizziamo attraverso due classi di età: i soggetti con 65 o più anni di età e quelli con 75 o più anni: gli ultrasessantacinquenni, che erano poco più del 8% della popolazione nel 1951 sono diventati oltre il 24% nel 2024, mentre gli ultrasettantacinquenni sono passati dal 2,6% al 12,6% (Figura 1).
Figura 1. Andamento nel tempo, dal dopoguerra ad oggi, della percentuale di popolazione residente anziana (65+, 75+) in Italia. Fonte: ISTAT.
Da sempre, il Centro del Paese ha la maggiore frequenza percentuale di anziani e il Sud la frequenza minore (Tabella 1): in 20 anni, però, le differenze territoriali si sono ridotte per entrambe le categorie di anziani, soprattutto per un aumento maggiore della frequenza relativa al Sud e nelle isole.
La tabella riporta anche i valori assoluti di anziani delle due classi di età, valore che è fondamentale per il dimensionamento dei servizi di assistenza, ed in particolare per i posti letto dedicati alla residenzialità: gli oltre 11 milioni di cittadini con 65 o più anni del 2004 sono diventati oltre 14 milioni nel 2023, mentre gli oltre 5 milioni con 75+ anni nel 2004 sono adesso più di 7 milioni.
Tabella 1. Popolazione residente anziana (65+, 75+) per ripartizione geografica, valori assoluti e percentuali. Anni 2004, 2013, 2023. Fonte: dati ISTAT.
La Tabella 2 presenta, per ogni regione e per gli anni 2004, 2013 e 2023, il numero di posti residenziali per anziani (65+) che risultavano utilizzabili ogni anno nel nostro Paese, il numero di utenti (65+) che li hanno utilizzati, e la quota che questi utenti rappresentano su 100.000 anziani.
I letti disponibili e gli utenti sono quasi esclusivamente situati al Centro-Nord e mancano quasi completamente al Sud e nelle isole: nel 2004 la quota di posti del Meridione era del 2,1% ed è diventata del 7,1% nel 2023, quando invece la quota di anziani della stessa macroregione è sempre risultata superiore al 31%, chiaro indizio che nel Sud l’offerta dei servizi di residenzialità per anziani è molto carente. Si osservano variazioni di rilievo anche nelle regioni del Centro e del Nord ma non così estreme come nel Meridione.
Tabella 2. Posti residenziali per anziani (65+), numero di utenti (65+), numero di utenti per 100.000 anziani. Dati per regione. Anni 2004, 2013, 2023. Fonte: Annuari statistici del Ministero della Salute.
La variazione assoluta e percentuale tra il 2004 ed il 2023 dei posti residenziali per anziani (65+) e del numero di utenti (65+) è presentata nella Tabella 3 suddivisa per ripartizione territoriale. Si osserva un aumento sostanzioso sia dei posti disponibili che (ovviamente) degli utenti in tutte e tre le ripartizioni, con un aumento che risulta particolarmente sostanzioso in termini percentuali al Sud. Ciò nonostante, l’offerta di posti di residenzialità nelle regioni meridionali rimane del tutto insufficiente rispetto alla numerosità della popolazione anziana residente.
Tabella 3. Variazione assoluta e percentuale tra il 2004 ed il 2023 dei posti residenziali per anziani (65+) e del numero di utenti (65+). Dati per ripartizione territoriale. Fonte: Annuari Statistici del Ministero della Salute.
Riassumendo, si può dire che la demografia ha drasticamente incrementato la domanda sanitaria della popolazione anziana, a prescindere dalla età con cui definiamo detta popolazione, ed in particolare della domanda di residenzialità sanitaria. Negli ultimi 20 anni sono notevolmente aumentati i posti per tale tipo di assistenza, anche se l’offerta di detti posti è piuttosto eterogenea tra le diverse regioni.
Purtroppo il sistema delle informazioni disponibili permette di ragionare solo attorno all’offerta (posti) e alla domanda (utenti) che risulta soddisfatta: non è possibile invece conoscere né la domanda espressa (perché richiederebbe di avere notizie sulle liste di attesa) e neppure il bisogno complessivo che è filtrato dal robusto intervento della rete di protezione familiare parentale (quando possibile) o acquisita (badanti, …).
Le informazioni statistiche disponibili evidenziano un dato inequivocabile: la carenza nell’offerta di residenzialità per anziani che caratterizza tutte le regioni meridionali. Nonostante l’aumento di offerta che si è osservato nell’ultimo ventennio, il totale dei posti disponibili è ancora troppo lontano dai valori di offerta (e di domanda soddisfatta) adottati dalle altre regioni.
Tra l’altro, è possibile che a tale deficit supplisca, almeno in parte, l’adozione di un livello di assistenza improprio, e cioè l’assistenza ospedaliera tramite il ricovero nei nosocomi, con ovvie maggiori ricadute in termini di costi sui servizi sanitari regionali che adottano tale tipo di soluzione.
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