Per gli statistici, i domini in cui è articolato il benessere sono dodici: salute; istruzione e formazione; lavoro e conciliazione dei tempi di vita; benessere economico; relazioni sociali; politica e istituzioni; sicurezza; benessere soggettivo; paesaggio e patrimonio culturale; ambiente; innovazione, ricerca e creatività; qualità dei servizi. La decima edizione del “Rapporto sul benessere equo e sostenibile (Bes)” appena licenziata dall’Istat mette a confronto i più recenti trend con l’andamento del periodo pre-pandemico. E analizzando 109 indicatori di benessere sul totale di 152, risulta che per 58, oltre la metà, si registra un miglioramento nell’ultimo anno disponibile (il 2022) rispetto al 2019, un terzo si trova su un livello peggiore rispetto al 2019, mentre il restante 13,8% degli indicatori si mantiene stabile.
Si “va meglio” in sicurezza, qualità dei servizi e lavoro e conciliazione dei tempi di vita. Seguono i domini politica e istituzioni e innovazione, ricerca e creatività, con due terzi degli indicatori in miglioramento. Tra i domini che presentano un andamento complessivamente più critico negli ultimi tre anni, con la maggior parte degli indicatori in peggioramento, si trovano relazioni sociali, benessere soggettivo, istruzione e formazione e benessere economico. E non poteva che essere così, stante le non-relazioni imposte dal lockdown e dalle prudenze dei distanziamenti, e vista l’inflazione e il caro-bollette che ancora stanno rendendo quantomeno incerto il conto economico di famiglia. In una situazione intermedia si trovano i domini salute e ambiente: nel primo il 36% circa degli indicatori è rimasto stabile, una quota analoga di indicatori è migliorata, ma oltre un quarto si trova su livelli peggiori rispetto al 2019; nel secondo la percentuale di indicatori rimasti stabili resta consistente (circa il 31%), ma oltre la metà è in miglioramento rispetto al periodo pre-pandemico. Anche il dominio paesaggio e patrimonio culturale presenta un mix di andamenti, con quote equivalenti di indicatori che migliorano e che peggiorano (circa il 43%).
La maglia nera. La maggior parte degli indicatori del Bes disponibili per il confronto con la media dei Paesi europei (Ue a 27) mostra una situazione peggiore per l’Italia. Si tratta in particolare di alcuni indicatori dei domini istruzione e formazione e lavoro e conciliazione dei tempi di vita. Tra questi la quota di giovani di 15-29 anni che si trovano al di fuori del contesto di istruzione e non sono occupati (Neet), che in Italia raggiunge il 19% rispetto all’11,7% della media europea, e la quota di persone di 30-34 anni che hanno completato un’istruzione terziaria, il 27,4% in Italia e il 42,8% in media europea. Per il lavoro, il tasso di occupazione italiano nel 2022 è di circa 10 punti percentuali più basso rispetto a quello medio europeo (74,7%), con una distanza particolarmente accentuata tra le donne (55,0% in Italia rispetto a 69,4% per la media Ue). Lo svantaggio dell’Italia nel contesto europeo si rileva anche in alcuni indicatori di benessere economico aggiornati al 2021, tra cui il rischio di povertà e la grande difficoltà ad arrivare a fine mese, o al 2020, come la disuguaglianza del reddito netto.
La maglia bianca. Uno degli indicatori per cui l’Italia si colloca su livelli migliori in termini di benessere rispetto alla media dei Paesi europei è il tasso di omicidi, pari a 0,5 per 100mila abitanti nel 2020 (ultimo dato disponibile), ben al di sotto della media dei Paesi Ue. Inoltre, l’Italia si conferma ai vertici della graduatoria dei Paesi per quanto riguarda la sopravvivenza, con valori della speranza di vita alla nascita pari a 82,5 anni (80,1 la media Ue2-7 nel 2021).
Nord e Sud. Per il Nord-est il 60,5% degli indicatori ricade nei livelli di benessere medio-alto e alto e soltanto il 10,1% nei livelli di benessere basso e medio-basso. Per il Sud e le Isole, invece, la maggior parte degli indicatori si trova nei livelli basso o medio-basso (62,0% per il Sud e 58,1% per le Isole) e solo una minoranza (19,4% per entrambe le ripartizioni) nei due livelli più virtuosi. Sui 131 indicatori Bes analizzabili a livello regionale, 27 presentano, nell’ultimo anno disponibile, una diseguaglianza relativa regionale piuttosto elevata, a indicare una maggiore distanza tra le regioni, in particolare nei domini ambiente, paesaggio e patrimonio culturale, benessere economico e sicurezza. I domini che invece contano più della metà degli indicatori con diseguaglianza relativa più contenuta sono salute, istruzione e formazione, relazioni sociali, politica e istituzioni e benessere soggettivo. Nel lungo periodo, 51 indicatori migliorano a livello nazionale e contemporaneamente le diseguaglianze regionali si riducono, mentre 32 migliorano ma le disparità regionali aumentano. Dei 42 indicatori che peggiorano a livello nazionale, la metà converge (dunque le regioni si avvicinano), l’altra metà diverge.
Donne e uomini. Tra il 2019 e il 2022 la maggior parte delle misure di benessere (54,1%) ha fatto registrare un miglioramento per le donne a fronte del 39,2% riferito agli uomini, per i quali invece sono più numerose le misure rimaste stabili e quelle che si attestano su valori peggiorativi rispetto al 2019. Il numero di misure di benessere migliorate è più elevato per le donne in tutti i domini, a eccezione del dominio sicurezza. Per la gran parte degli indicatori continua, tuttavia, a osservarsi un divario di genere che vede penalizzate soprattutto le donne: su 86 indicatori complessivi, solo 26 fanno registrare una parità di genere, 34 evidenziano una condizione di svantaggio femminile e altri 26 di svantaggio maschile. Salute e istruzione e formazione sono i domini per i quali si evidenzia una condizione delle donne diffusamente migliore di quella degli uomini. L’analisi degli squilibri di genere dal 2019 mostra come nella maggior parte dei casi (59 indicatori su 83 disponibili per questo confronto) non ci siano differenze significative nel trend tra i due generi.
Questione di età. Il 52% degli indicatori di benessere riferiti agli adulti di 45-54 anni ha registrato un miglioramento superando, nell’ultimo anno disponibile, il livello pre-pandemia (2019), mentre il 40% è rimasto al di sotto. Anche per i giovani adulti di 25-34 anni la metà degli indicatori segnala un miglioramento del benessere e il 41% un peggioramento. La ripresa post-pandemica mostra invece maggiori difficoltà per i giovani di 14-24 anni, tra i quali il miglioramento riguarda solo il 44% degli indicatori, mentre una quota del tutto analoga peggiora (43%) e il 13% è stabile (rispetto all’8% per le altre due classi di età).
Per gli adulti il miglioramento è stato più diffuso (80% degli indicatori) nei domini lavoro e conciliazione dei tempi di vita, sicurezza, paesaggio e ambiente, seguiti da innovazione, ricerca e creatività e qualità dei servizi (67%). All’opposto della graduatoria, per gli adulti, si collocano i domini salute e relazioni sociali con meno del 20% degli indicatori in miglioramento. Il dominio salute è per gli adulti quello con l’andamento peggiore (cinque indicatori su sei registrano un peggioramento) ed è elemento di vulnerabilità anche per i giovani tra 14-24 anni, con la metà degli indicatori che peggiorano. Inoltre, per i più giovani, anche i tre indicatori disponibili del dominio istruzione e formazione peggiorano rispetto al 2019: fruizione delle biblioteche, partecipazione culturale fuori casa e, soprattutto, lettura di libri e quotidiani. Tale peggioramento è comune anche ai giovani adulti e agli adulti.
Tra i più giovani rispetto agli adulti la minore quota di indicatori in miglioramento si riscontra su alcuni indicatori di relazioni sociali (la fiducia negli altri e la presenza di persone su cui poter contare) che peggiorano rispetto al 2019, a fronte di una stabilità tra gli adulti, e sull’atteggiamento di ottimismo verso il futuro, in calo tra i giovani e in aumento tra gli adulti. In termini di squilibri, nell’ultimo anno disponibile la generazione degli adulti di 45-54 anni è in vantaggio sulle due generazioni di giovani per quasi la metà degli indicatori di benessere. All’opposto i più giovani hanno un vantaggio sugli adulti per il 36,4% degli indicatori e sono in equilibrio per il 16,4%, mentre i giovani adulti hanno il 30,2% degli indicatori in vantaggio e il 23,8% in equilibrio con gli adulti. Rispetto al 2019 si conferma il vantaggio degli adulti sui giovani adulti che è rimasto invariato e prevalente; al contrario, i giovanissimi perdono il vantaggio che avevano sugli adulti. Si conferma lo svantaggio dei giovani rispetto agli adulti, già riscontrato nel 2019, nel dominio lavoro e conciliazione dei tempi di vita, su tutti i sette indicatori per la fascia di età 14-24 e i due terzi degli indicatori per la fascia 25-34 (otto su 12).
Il lavoro. Molti indicatori del mercato del lavoro indicano condizioni migliori degli adulti e una forte polarizzazione tra generazioni. Rispetto al 2019 sono migliorati in modo concorde in tutt’e tre le classi d’età il tasso di occupazione, il tasso di mancata partecipazione, gli occupati da casa, il part-time involontario, la percezione di insicurezza dell’occupazione, la soddisfazione per il lavoro e il tasso di infortunio. Si è trattato quasi sempre di un miglioramento meno forte per gli adulti dove i livelli erano più alti, determinando così una convergenza con le due classi di giovani. Il rapporto tra tasso di occupazione di madri con figli minori di sei anni e donne senza figli peggiora contemporaneamente, rispetto al 2019, per i giovani adulti e per gli adulti, ma con maggiore intensità per questi ultimi.
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