Il recente rapporto “Banche e moneta: serie nazionali” pubblicato da Banca d’Italia ha ben illustrato la dinamica dei tassi di interesse che il nostro Paese sta affrontando soprattutto in quella sempre costosa, ma, ormai, ridimensionata materia del credito. La notizia dell’avvenuto intervento da parte della Bce è stata pressoché archiviata e, guardando al futuro, gli osservatori stanno già ricercando un nuovo e plausibile appuntamento per traguardare temporalmente le prossime scelte.



Si dice, forse, a settembre, ma, se così non fosse, comunque, entro la fine dell’anno, in molti, rimangono fiduciosi nel poter assistere a un’ulteriore riduzione pari a un complessivo ammontare di 50 punti base. Attendiamo con fiducia. Quello che resta, almeno qui, in casa nostra, sono gli attuali valori che, come anticipato, Banca d’Italia ha diffuso facendo riferimento alle rilevazioni riconducibili allo scorso aprile.



Dal comunicato si apprende come «In aprile i tassi di interesse sui prestiti erogati nel mese alle famiglie per l’acquisto di abitazioni comprensivi delle spese accessorie (Tasso Annuale Effettivo Globale, Taeg) si sono collocati al 4,09 per cento (4,21 in marzo)». Riteniamo opportuno sottolineare quest’ultimo elemento (rif. Taeg) poiché, in assenza di esso, il tasso netto corrisponderebbe al 3,67%.

Una nota doverosamente da ricordare è quella legata al passato: a novembre, infatti, la variazione percentuale ammontava al 4,50% che, se raffrontato agli attuali punti percentuali, può essere considerato un vero e proprio sproposito nonostante l’ovvio e diverso contesto economico internazionale che ne caratterizzava il periodo.



Sempre stando al rapporto di Banca d’Italia, anche per l’altra forma di erogazione, quella del credito al consumo, si registra una riduzione (mensile), ma in termini decisamente impercettibili, infatti: «Il Taeg sulle nuove erogazioni di credito al consumo si è collocato al 10,59 per cento (10,61 nel mese precedente)». Andamento diverso, invece, in capo alle società (non finanziarie) che, registrando un rialzo, fanno retromarcia attestandosi ai valori dello scorso febbraio: «I tassi di interesse sui nuovi prestiti alle società non finanziarie sono stati pari al 5,30 per cento (5,26 nel mese precedente), quelli per importi fino a 1 milione di euro sono stati pari al 5,70 per cento, mentre i tassi sui nuovi prestiti di importo superiore a tale soglia si sono collocati al 5,04 per cento».

Complessivamente, sulla base delle rilevazioni di aprile, si può certamente confermare quella continuità ribassista iniziata al termine dello scorso anno che, su queste nostre pagine, evidenziavamo attraverso le osservazioni del mercato: «Le indicazioni che provengono dall’osservazione degli indici Euribor a 3 e 6 mesi sono eloquenti: il primo staziona in una fase di continua lateralità confinata a quota 3,90%, il secondo, distinguendosi, ha invertito la propria rotta ritracciando anch’esso a tali valori, ma, provenendo da precedenti massimi ampiamente al di sopra dei quattro punti percentuali. Un dato sicuramente a favore dei molti, moltissimi detentori di mutui a tasso variabile. Quanto meno in ottica futura».

Oggi, a distanza di qualche mese, questa “ottica futura” ha preso sicuramente forma: una forma meno marcata e caratterizzata da un repentino declino rispetto alle vertigini imputabili al recente passato. Come si è potuto vedere, a beneficiare di questo importante ridimensionamento del costo del credito sono principalmente le famiglie che ricorrono al tradizionale prestito bancario, mentre per le società cosiddette non finanziarie la strada resta ancora impervia al pari di tutti coloro che, ricorrendo al credito al consumo, non godono di particolari favori.

Prescindendo da questo ritrovato tasso interesse ormai giunto a ridosso della soglia psicologica dei quattro punti percentuali (rif. prestiti erogati alle famiglie per l’acquisto di abitazioni comprensivi delle spese accessorie), l’intera domanda di liquidità appare comunque stantia: «In aprile i prestiti al settore privato, corretti sulla base della metodologia armonizzata concordata nell’ambito del Sistema Europeo delle Banche Centrali (Sebc), sono diminuiti del 2,2 per cento sui dodici mesi (-2,4 nel mese precedente). I prestiti alle famiglie si sono ridotti dell’1,2 per cento sui dodici mesi (-1,4 nel mese precedente) mentre quelli alle società non finanziarie si sono ridotti del 3,4 per cento (-3,9 nel mese precedente)». Pur riscontrando valori percentuali residuali, il calo, rimane.

All’opposto, invece, un incremento sostanziale è (ancora) avvenuto: quello sul versante della raccolta obbligazionaria che è aumentata del 21,6% (18,7% in marzo). Anche questo rilievo non ci sorprende poiché, a nostro modesto parere, si è semplicemente concretizzato quel cambio di paradigma che, a dicembre dello scorso anno, auspicavamo. I presupposti per crescere e far crescere l’Italia ci sono, ma le sole famiglie non possono farsene carico. Dai numeri di Banca d’Italia emerge uno scenario molto chiaro con il settore delle imprese zavorrato dall’ancora elevato costo di finanziamento: difficile ipotizzare una crescita del Paese senza l’apporto imprenditoriale.

Se fino a ieri si attendevano le mosse della Bce, oggi, invece, si rimane in attesa di un’azione maggiormente incisiva da parte del Governo. Quell’azione che, prescindendo dal susseguirsi dei governanti, in Italia, finora, è mancata.

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