L’agenda dell’Italia volta pagina lasciandosi alle spalle un febbraio che, nei suoi primi giorni, si è caratterizzato per una buona notizia. Un dato relativo a una materia molto ostica poiché smisurata per la sua stessa natura e vastità, ma, come detto, arginata in qualche modo a favore di un cambio di rotta, una discontinuità finalmente ritrovata, una possibilità insperata.



Il 5 febbraio 2024, si legge tra i temi affrontati alla Camera, «sono stati presentati dall’Agenzia delle entrate i dati della lotta all’evasione fino al 2023. Ammontano a 24,7 miliardi di euro le somme confluite nelle casse dello Stato nel 2023 grazie alla complessiva attività svolta da Agenzia delle Entrate e Agenzia delle entrate-Riscossione: 4,5 miliardi in più rispetto al 2022 (+22%). È la somma più alta di sempre». Un record. Una “nuova storia” che, andando ad aggiornare gli archivi tricolore può, e poteva, in qualche modo contribuire ad un miglioramento dell’intero “Sistema-Italia”. Una boccata d’ossigeno che, successiva a un’apnea profonda, avrebbe confermato nuovi standard, ma, ricordando Giuseppe Prezzolini, nella nostra penisola «Il tempo è la cosa che più abbonda in Italia, visto lo spreco che se ne fa» e di sprechi, dei molti sprechi, l’Italia è probabilmente leader indiscussa.



Sul tempo e sullo spreco di quest’ultimo, lo stivale italico, si distingue per un’estesa vastità di fronti che vantano un’ampia scelta di scenari. Dalla mancata valorizzazione dei cosiddetti cervelli in fuga allo spreco sul piano delle opportunità imprenditoriali. Dai progetti paventati all’intera collettività alla loro parziale (se va bene) realizzazione. Dalle sempre innovative idee alla loro impossibilità realizzativa la cui scoperta avviene solo a fatto compiuto. Queste e quant’altro di uno spreco in molteplici vesti che, duole ammetterlo, vede ancor più una sua concreta e amara realtà quando ci si imbatte nella materia più antropologicamente ambita e ricerca: il denaro. Un bene che, pur essendo a disposizione, non si è potuto godere e, quindi, altro spreco. Un paradosso dai tratti masochistici, solo italiani.



Di questa opportunità non valorizzata è giunta notizia al termine di febbraio mediante un’audizione che, viste le cifre in gioco, ha completamente interrotto quell’utopico pensiero fondato sul possibile cambiamento dell’Italia e del modo di agire italiano. Il 27 febbraio scorso, il Direttore dell’Agenzia delle entrate, Enrico Maria Ruffini, in audizione al Senato ha illustrato l'”Atto di indirizzo concernente gli sviluppi della politica fiscale, le linee generali e gli obiettivi della gestione tributaria, le grandezze finanziarie e le altre condizioni nelle quali si sviluppa l’attività delle Agenzie fiscali, per gli anni 2024-2026″.

Durante il suo intervento, il Direttore Avv. Ruffini ha esposto l’articolato programma che sarà adottato nel prossimo triennio: un piano molto specifico e dettagliato che, purtroppo, pone l’attenzione su un problema strutturale già evidenziato nelle nostre pagine poco meno di due anni fa nell’aprile 2022. La materia riguardava e, ancora riguarda, la moltitudine di miliardi di euro di cui le casse italiane non possono godere. Riportando l’allora dichiarazione del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, lo spreco, era evidente: «Il magazzino dei crediti non riscossi attualmente ha sfondato il tetto dei 1.100 miliardi di euro». «Un magazzino unico al mondo, in continuo aumento ed è ingestibile. Nessun Paese occidentale tiene un magazzino di 22 anni di crediti non riscossi. È dal 2015 che il Parlamento è informato. Si sono fatti dei tentativi con la rottamazione, il saldo e stralcio e altri istituti similari, che non hanno portato risultati. Ogni anno entrano 70 mld di crediti da riscuotere e ne vengono riscossi meno di 10 mld» (fonte Ansa).

A distanza di quasi due anni, oggi, si riscontra una somma (maggiore) pari a circa 1.206,6 miliardi (dati al 31 dicembre 2023) e, non contenti, con l’aggiunta di una aggravante: «L’importo dei crediti residui, per circa il 40 per cento, appare di difficile recuperabilità per le condizioni soggettive del contribuente (151,7 miliardi di euro sono dovuti da soggetti interessati da procedure concorsuali, 195 miliardi di euro da persone decedute e imprese cessate, 136,5 miliardi da soggetti che, in base ai dati presenti nell’Anagrafe tributaria, risultano nullatenenti)». Inoltre: «Per l’8 per cento dei crediti (circa 100,4 miliardi di euro) l’attività di riscossione, alla data del 31 dicembre 2023, è sospesa per effetto di specifici provvedimenti di sospensione delle attività di recupero. Si tratta, in particolare, di sospensioni disposte da provvedimenti emessi dagli enti creditori o dall’Autorità giudiziaria. Sono, inoltre, riconducibili a tale voce anche gli importi residui dei carichi indicati nelle domande di adesione alla rottamazione-quater, per i quali sono in corso i piani rateali di pagamento agevolato». Per la restante parte dei crediti (52 per cento), ovvero per circa 623 miliardi di euro, «l’81 per cento (pari a 502,5 miliardi di euro) si riferisce a contribuenti nei confronti dei quali l’agente della riscossione ha già svolto, in questi anni, azioni esecutive e/o cautelari. Al netto delle somme oggetto di rateizzazione (18,8 miliardi di euro), il magazzino residuo, su cui le azioni di recupero possono presumibilmente essere maggiormente efficaci, si riduce a 101,7 miliardi di euro».

Tirando le cosiddette somme all’intero crogiuolo dello spreco nostrano potremmo semplificare dicendo che sono oltre 480 (rispetto ai complessivi 1.206,6) i miliardi di euro che lo Stato, l’Italia, e tutti gli italiani, non vedranno approdare nelle casse comuni. Uno spreco. Assoluto. Alla base di questo intero scempio, però, non c’è il solo “sprecare” in dote alle varie strutture preposte, bensì anche una responsabilità di coloro che alimentano l’intera mole insoluta. Chi? Noi stessi. Ad aprile 2022 riportavamo la composizione del cosiddetto “magazzino”: «circa 130.140 milioni di cartelle pari a 240 milioni di crediti da riscuotere e che vede coinvolti circa 16 milioni di cittadini iscritti a ruolo». Guardando i dati al 31 dicembre 2023, invece, i crediti sono lievitati a 269 milioni con un numero di contribuenti a quota 22,4 milioni ovvero: in circa due anni, sono 6,4 milioni (+40%), gli italiani che si sono aggiunti al già numeroso parterre dei soggetti a debito.

Da queste risultanze emerge un quadro d’insieme molto chiaro. Allo spreco riconducibile a un’inefficiente struttura di riscossione si contrappone un’altra forma di spreco più drammatica e cinica. Quella della mancanza di rispetto e cooperazione tra italiani. Uno spreco esistenziale, basato su interessi di breve termine che, privi di prospettiva, potranno solo che alimentare la voglia e l’istinto di egoismo. Altra forma di spreco, più dannoso che, purtroppo, coinciderà con un malaugurato stato di sopravvivenza.

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