Gli ultimi dati ufficiali sul mercato del lavoro mostrano alcuni segnali di ripresa. Nonostante essi, permane una situazione di criticità: a maggio ci sono 735 mila occupati in meno rispetto a prima dell’emergenza sanitaria. È evidente che il tema del lavoro risulta essere di estrema importanza per la ripresa e i segnali degli ultimi mesi – seppur positivi – sono ancora troppo deboli e non lasciano intravvedere quando e come si uscirà da questa situazione di crisi. Le iniziative in atto sono significative sia in termini di azioni previste, sia di investimenti economici, a partire da quelli previsti con il Piano nazionale di ripresa e resilienza.



È importante, soprattutto nella traiettoria di una tanto attesa ripresa economica e occupazionale, cercare di cogliere alcuni fattori primari su cui porre l’attenzione. In un recente studio effettuato dalla Fondazione per la Sussidiarietà in collaborazione con il CRISP (centro di ricerca dell’Università di Milano Bicocca) dal titolo Sussidiarietà e… lavoro sostenibile sono stati analizzati i cambiamenti in atto e i loro potenziali effetti sul prossimo futuro del mercato del lavoro. Queste analisi possono essere di aiuto per migliorare la conoscenza di quanto sta accadendo e conseguentemente identificare degli aspetti distintivi su cui focalizzare l’attenzione per lo sviluppo di policy e azioni per la ripresa e lo sviluppo.



L’impatto del Covid sulla domanda di lavoro del web

Tra i diversi aspetti analizzati si vuole qui porre l’attenzione sul tema delle competenze richieste dalle aziende, uno dei fattori più rilevanti di cambiamento in atto nel mercato di lavoro odierno e del prossimo futuro. Le competenze (skill) rappresentano infatti uno degli aspetti che sta diventando – e diventerà sempre più – rilevante per ridurre il mismatch tra domanda e offerta e nel contempo per garantire continuità nell’esperienza lavorativa delle persone (upskilling e reskilling).

Per analizzare sotto un profilo quali-quantitativo i cambiamenti in atto delle dinamiche della domanda di lavoro e delle competenze richieste dalle aziende, abbiamo analizzato oltre 2.6 milioni di annunci di lavoro postati sul web dalle imprese tra il 2015 e il 2020 (fonte WollyBI-Burning Glass Europa srl – elaborazione dati CRISP).



Analizzando gli andamenti mensili degli annunci pubblicati sul web tra il 2020 e il 2019 si osserva una diminuzione “istantanea” della domanda (con punte ad aprile 2020 pari a -50% circa rispetto aprile 2019) all’aumentare delle politiche di restringimento, le quali, nei primi due trimestri del 2020, sono state particolarmente stringenti (periodo di lockdown, aperture riservate ai soli “servizi essenziali”). Da maggio 2020 la domanda di professioni ha visto una ripresa, raggiungendo da settembre a dicembre valori superiori a quelli del 2019.

Paura, incertezza del futuro, chiusure totali (là dove non era possibile passare a smart working) hanno portato a un’immediata riduzione della domanda di professionalità. Maggiormente hanno sofferto alcuni settori economici, in particolare le attività legate al settore dei servizi di alloggio e ristorazione, i servizi di informazione e comunicazione, il commercio in generale, le attività professionali scientifiche e tecniche (i.e., manager e specialisti). Questi settori hanno registrato una crescita negativa rispetto al medesimo periodo del 2019 in tutto il 2020, pur se nella seconda fase dell’anno (dopo il lockdown) si assiste a una riduzione decisamente più contenuta.

Diversamente, la sanità è cresciuta in tutto il 2020, la logistica e il trasporto, le attività manifatturiere e alcune aree dei servizi dopo una fase iniziale critica hanno evidenziato un’inversione di tendenza, crescendo con valori a doppia cifra rispetto al medesimo periodo del 2019 (la ripresa della domanda sta proseguendo anche nei primi mesi del 2021). Complessivamente la distribuzione degli annunci, a livello territoriale e per tutte le professioni osservate, evidenzia chiaramente una prevalenza del nord Italia (nord-ovest 43% e quindi nord-est 23%), segue il centro con il 21% e da ultimo il sud e isole con il 12%.

Il valore delle competenze

Un ulteriore elemento analizzato riguarda l’articolazione e l’incidenza delle competenze richieste negli annunci di lavoro. Per l’insieme delle professioni osservate (oltre 320) emerge una prevalenza delle competenze professionali (mediamente 58%), seguito da un 22% di richiesta media di competenze digitali, e infine le competenze trasversali (soft skill) che incidono per il 19%. I dati confermano la maggior rilevanza delle skill professionali (sono quelle legate ai processi di lavoro gestiti dalle single occupazioni), ma nel contempo evidenziano sia l’importanza sempre più significativa delle competenze digitali in tutte le aree professionali, con valori che raggiungono il 75% per l’area delle professioni legate all’informatica (come atteso), così come picchi del 26% per le professioni che si occupano di progettazione e ricerca e del 13% per quelle dell’area marketing, assistenza ai clienti e vendita e per il ciclo di produzione di beni. Importanza tutt’altro che trascurabile per le skill trasversali, che sono sempre più rilevanti in tutte le aree professionali.

Il tema del digitale o meglio delle competenze digitali è certamente sempre più rilevante per l’effettuazione delle attività richieste in azienda alle diverse professioni. Pur se in estrema sintesi (in questo articolo) credo occorra porre attenzione al fatto che il digitale è un “mondo” articolato e ampio. Abbiamo per questo suddiviso le skill digitali in quattro macro-categorie (tecniche, di base, di interscambio di informazioni, applicative) al fine di meglio cogliere gli impatti del digitale nelle professioni.

Nelle diverse aree aziendali le differenze sono significative. Ad esempio, nell’area del marketing, assistenza ai clienti e vendite spicca l’importanza delle skill di interscambio informativo (53%), in particolare per le professioni afferenti a quest’area diventa sempre più rilevante la conoscenza e l’utilizzo di social network per “gestire” la relazione con i clienti. Nell’area della produzione di beni ben il 90% delle skill digitali richieste si riferisce all’utilizzo di strumenti e software per supportare la gestione sia dei processi operativi sia di quelli decisionali (per esempio, ERP- Enterprise Resource Planning e data base, soluzioni di Business Intelligence).

Accrescere la cultura del digitale e cogliere le esigenze specifiche per le diverse professioni è certamente una strada importante da percorrere per rispondere ai bisogni di up-skilling/re-skilling delle singole figure professionali.

Un ulteriore aspetto importante riguarda le skill trasversali o soft skill. Anche in questo caso la domanda espressa negli annunci mostra una crescita di queste skill e ciascuna area e professione pur con delle similitudini (skill cognitive, di management, sociali e interpersonali, ecc.) ha le dovute differenze e specificità. È il caso, ad esempio, dell’area dei sistemi informativi che mostra un 18% tra skill cognitive e di capacità di prendere l’iniziativa che rappresentano competenze proprie della creatività, del ragionamento, della proattività e dell’iniziativa personale; skill che in professioni “tecniche” erano “marginali” fino a non molti anni fa e che stanno diventando sempre più importanti nell’ambito dei percorsi di selezione del personale.

L’aumento dell’importanza delle competenze trasversali è certamente legato alla consapevolezza che la complessità delle attività aziendali evolve velocemente e richiede capacità tecniche e professionali abbinate a una “personalità completa” (creativa, che sa adattarsi al cambiamento, lavora in team, mostra responsabilità, è proattiva, ecc.).

Misurare il cambiamento delle competenze

Quanto cambiano le competenze richieste dalle aziende? Quale impatto ha il cambiamento delle competenze sulle professioni? È evidente che la risposta a queste domande è di fondamentale importanza sia per conoscere ciò che sta accadendo, sia per supportare i diversi attori del mercato del lavoro (persone, imprese, operatori dei servizi al lavoro, istituzioni pubbliche e enti di formazione, ecc.) nelle scelte future.

In questo senso abbiamo costruito un indice di cambiamento (espresso in un valore percentuale da 0 a 100) per fornire un dato sintetico di novità delle skill richieste per ciascuna delle 270 professioni analizzate negli ultimi cinque anni. Il valore medio per tutte le professioni è pari al 30%, ciò significa che mediamente il 30% delle skill richieste variano in termini di importanza e/o sono nuove. Il dato significativo risiede nell’osservare come tutte le professioni siano coinvolte nel cambiamento delle skill in un periodo relativamente breve di cinque anni.

Le principali professioni che hanno un indice di cambiamento più elevato sono strettamente collegate all’innovazione digitale, all’analisi dei dati, all’automazione dei processi e alla gestione della relazione con i clienti. Sono professioni che, come base, derivano da percorsi di studi che afferiscono ai mondi dell’informatica, della statistica, della matematica, dell’ingegneria e dell’economia. Sono un esempio lo specialista di cloud computing, di Intelligenza artificiale, di gestione e analisi dei dati, di robotica. Nel contempo sono estremamente coinvolte in un profondo cambiamento anche professioni più “tradizionali” come il disegnatore elettrico, l’impiegato di assicurazione, l’assistente sociale e la cassiera.

Le analisi effettuate, che possono essere maggiormente approfondite nel rapporto Sussidiarietà e… lavoro sostenibile evidenziano i cambiamenti della domanda nel mercato del lavoro attuale e prefigurano cambiamenti sempre più veloci nel prossimo futuro.

In estrema sintesi si può certamente affermare che le “nuove professioni” sono un’evidenza, una realtà presente, significativa in termini quantitativi e soprattutto in continua evoluzione. Questi cambiamenti rappresentano una sfida particolarmente impegnativa per i sistemi educativi e formativi, per le imprese, per i servizi al lavoro e per le istituzioni se si vuole costruire un mercato del lavoro inclusivo, capace di valorizzare il capitale umano e di garantire continuità di opportunità lavorative nel tempo.

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