L’Italia è in zona rossa per questa Pasqua certamente di passione per il mondo in “guerra” contro il Covid-19. In questo quadro, complessivamente difficile, si vedono, tuttavia, alcune tendenze interessanti e che sarà da capire, già nei prossimi mesi, se rappresenteranno trend temporanei o maggiormente strutturali andando a modificare la conformazione stessa del nostro mercato del lavoro.



Alcuni dati: sono stati 292 mila i contratti di lavoro “programmati” dalle imprese per marzo 2021 e 923mila per il trimestre marzo-maggio. Sono ben 59mila in più rispetto al terribile marzo dello scorso anno, ma ancora 88mila in meno rispetto a marzo del 2019, quando l’economia non era ancora stata investita dalla pandemia.



Si registra in particolare una sensibile riduzione della domanda di lavoro rispetto al 2019 soprattutto per i settori del terziario (-79mila) e per la filiera del turismo (-50mila entrate programmate). Viene, ad esempio, da chiedersi nel mondo post Covid caratterizzato, sempre più, dallo smart working quale sarà il ruolo dell’accoglienza per business (trasferte, riunioni, convegni, ecc.).

In questa prospettiva è da sottolineare, a livello territoriale, la situazione (cronicamente) negativa in cui versano le regioni del Mezzogiorno con una flessione delle nuove attivazioni sia rispetto a marzo 2019 che a marzo 2020 (rispettivamente -28,2% e -1,7%), dovuta per una parte rilevante alla crisi della filiera turistica che condiziona anche gli andamenti nelle regioni del Centro (si pensi solo ad esempio all’impatto su città come Roma e Firenze).



Soltanto costruzioni e ICT sembrano dare, com’era facile prevedere peraltro (bonus e digitalizzazione “forzata”), chiari segnali di ripresa superando il livello delle assunzioni rilevato a marzo 2020 e 2019, almeno secondo il periodico bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal.

Lo stesso rapporto registra maggiori opportunità di lavoro in tutti quei comparti manifatturieri per i quali le imprese segnalano prospettive positive per la domanda estera, soprattutto da Cina, Stati Uniti e Germania. È il caso, tra gli altri, di metallurgia e prodotti in metallo (+6.800 le entrate programmate rispetto a marzo 2020), meccatronica (+4.800), moda (+3.000), farmaceutica e biomedicale (+2.000).

In questo quadro si mantiene, tuttavia, ancora troppo elevata la quota di assunzioni per cui le imprese dichiarano difficoltà di reperimento (ben il 32%), in particolare nella ricerca di profili per le aree aziendali connesse ai Sistemi informativi (58,7%), alla Progettazione e R&S (48,3%) e all’installazione e manutenzione (44,1%).

Nel mese di marzo le professioni più ricercate sono quelle degli operai specializzati (59mila) seguiti da conduttori di impianti e operai di macchinari fissi e mobili (47mila), in crescita sia nel confronto con lo stesso mese del 2020 e del 2019, soprattutto per quelle a più elevata specializzazione (22mila).

Da qui, insomma, anche nello scrivere, e nell’implementare, il Recovery plan italiano si potrebbe/ripartire immaginando, ad esempio, di rafforzare l’offerta formativa in questi settori per i giovani (potenziando Ifts e Its), ma anche pensando a percorsi per lavoratori maturi (ma non troppo) che si troveranno esclusi dal mercato del lavoro e per i quali potrebbe essere utili immaginare misure “leggere” ad hoc per favorirne il reinserimento nei settori trainanti.

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