Il mercato del lavoro è un caleidoscopio di situazioni diverse. Non esiste mai un solo paradigma. Nelle situazioni di crescita dell’economia si verificano sempre situazioni di crisi, mentre anche nei momenti di depressione il mercato non è mai “una notte in cui tutte le vacche sono nere”. È buona testimone di questa paradossale normalità l’indagine che tutti i mesi viene pubblicata da Excelsior-UnionCamere sulle previsioni di assunzioni nel corso del mese considerato, delle caratteristiche della domanda e dei problemi di reperibilità, sul versante dell’offerta, dei profili ricercati dalle imprese.



Anche le statistiche ufficiali si interessano sempre più del problema dei posti vacanti, ma è una ricerca compiuta a posteriori. I programmi di assunzione nelle aziende prese come campione costituiscono un’indicazione di come l’impresa immagina il suo futuro, anche nella difficile navigazione nell’ambito dell’attuale “tempesta perfetta”. La tendenza generale dell’occupazione volge al ribasso, come emerge anche dai programmi di assunzione del mese di ottobre. Secondo l’indagine Excelsior, sono 477mila (153mila giovani con meno di 29 anni) le assunzioni previste, 27mila in meno rispetto a un anno fa (-5,4%). Si accentua la tendenza negativa per fine anno: 1,2 milioni di assunzioni nel trimestre ottobre-dicembre con un calo di 141mila rispetto a quelle attese (-10,4%).



La tendenza al ribasso è lenta, ma costituisce l’inversione di un ciclo positivo – per quanto riguarda le previsioni di assunzione – fino ad agosto, quando erano 285mila i lavoratori ricercati dalle imprese ed erano circa 1,3 milioni per l’intero trimestre agosto-ottobre. Le previsioni di assunzione delle imprese a settembre, pari a 524mila, cominciavano a segnare un’inversione di tendenza ( -2mila e -0,4%) rispetto all’anno precedente. L’andamento negativo veniva confermato anche per il trimestre settembre-novembre 2022 in cui le assunzioni programmate superavano di poco gli 1,4 milioni con una flessione del -3,0% rispetto all’analogo trimestre del 2021.



In frenata il comparto manifatturiero (-13,6%, pari a -15mila posti rispetto a settembre 2021, e -13,4% per il trimestre settembre-novembre) e soprattutto il commercio (-30,0%, con una diminuzione tendenziale di oltre 25mila contratti, e -33,0% nel trimestre settembre-novembre). Proseguiva invece l’andamento positivo delle costruzioni: 57mila le entrate programmate nel mese e 154mila nel trimestre (+37,3% rispetto a 12 mesi fa e +30,4% rispetto allo stesso trimestre del 2021).

Le prospettive meno favorevoli – precisa l’indagine – sono la conseguenza del rallentamento dell’economia globale ed europea legato principalmente all’aumento dei prezzi dell’energia, all’inflazione e alla situazione geopolitica: tutte condizioni che pesano in particolare sui programmi di assunzione delle imprese del manifatturiero (-28,0% nel mese e -26,5% nel trimestre), del commercio (-5,8% nel mese e -11,2% nel trimestre) e dei servizi alle imprese (-8,6% nel mese e -15,1% nel trimestre).

Nonostante la flessione nelle previsioni di assunzione, raggiunge il 45,5% la quota di assunzioni che le imprese giudicano difficili da realizzare, un valore superiore di 9 punti percentuali rispetto a un anno fa. Il mismatch è ormai una costante: ad agosto la difficoltà di reperimento dichiarata dalle imprese riguardava complessivamente il 41,6% delle assunzioni programmate (8,9 punti percentuali in più rispetto all’anno predente).  Tra i settori che incontravano le maggiori criticità emergevano le industrie metallurgiche e dei prodotti in metallo (55,6% dei profili di difficile reperimento), quelle del legno e del mobile (53,7%) e le costruzioni (52,7%). A settembre continuava a crescere la difficoltà di reperimento segnalata dalle imprese, che interessava il 43,3% delle assunzioni programmate, in aumento di 7 punti percentuali rispetto a settembre 2021 quando il mismatch tra domanda e offerta di lavoro riguardava il 36,4% dei profili ricercati.

Il mismatch è certamente uno dei problemi più seri del nostro mercato del lavoro anche perché non viene valutato come tale e non si provvede ad affrontarlo. Se si consultano le proposte delle organizzazioni sindacali e i programmi elettorali di quasi tutti i partiti le priorità delle politiche del lavoro riguardano incentivi, fiscali e contributivi, a favore delle nuove assunzioni (siamo ormai arrivati al paradosso per cui le aziende vengono “pagate” per assumere), ma nessuno si occupa dei posti di lavoro che non vengono coperti, ormai da anni. Il che, in un periodo di crisi, aggiunge un’ulteriore difficoltà al sistema delle imprese.

In tutti i Paesi esistono squilibri tra la domanda e l’offerta di lavoro: è un processo fisiologico quando cambiano le tecnologie e l’organizzazione del lavoro. Da noi è divenuta ormai una patologia del mercato del lavoro. I lavoratori che sono stati al passo con i tempi vengono contesi dalle aziende, gli altri si limitano a inviare curricula. Ma non si va mai alle origini del “paradosso italiano” che nasce prima che il lavoratore venga a contatto con il mondo produttivo (a scuola, nelle attività di formazione professionale e nei centri delle politiche attive) e ne condiziona spesso tutta la vita lavorativa.

Ma quando il sistema delle imprese ha difficoltà a reperire sul mercato più del 40% del suo fabbisogno (nel caso degli operai specializzati si arriva al 60% e oltre) è evidente che il Paese soffre di un grave handicap. Spreca pur sempre del capitale sociale, spesso provvisto di titoli di studio e competenze che non sono quelle che servono alle imprese, le quali sono lasciate sole – in assenza di politiche attive adeguate – nella ricerca del personale occorrente. Sarebbe bene che questa difficoltà per le imprese fosse presentata all’opinione pubblica con il medesimo vigore con cui si parla dell’emergenza energetica.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI