I dati di Excelsior sui fabbisogni di manodopera delle imprese per novembre 2023 e per il trimestre novembre-gennaio segnalano un mercato ancora in crescita con difficoltà rilevanti di reperimento.

Le previsioni pubblicate da Unioncamere-Anpal per novembre sono di 430.000 assunzioni, e 1,3 milioni quelle per il trimestre novembre-gennaio, con un incremento rispetto allo scorso anno del 12,6% (+48 mila assunzioni) nel mese e dell’8,4% (+101 mila assunzioni) nel trimestre.



La difficoltà ad assumere, soprattutto a causa della mancanza di candidati, riguarda il 48,5% delle assunzioni, vale a dire 209 mila profili su 430 mila ricercati. Excelsior ci ha abituati a queste cifre di alto mismatch, più basse del mese scorso, ma più alte rispetto a un anno fa.

Di cosa è fatta questa domanda delle imprese? Chi cercano? La lista dei desiderata, in ordine di difficoltà di reperimento, si divide in due parti:



– La prima è costituita da un gruppo di operai specializzati, professioni tecniche e conduttori di impianti e di macchinari fissi e mobili che costituisce il 43% delle previsione di assunzione (185.420 sui 430.000), con difficoltà di reperimento che variano fra il 52% e il 68%. Gli scenari di impiego di queste figure sono chiari: sono destinate prevalentemente a industria ed edilizia e portano competenze che richiedono comunque un mix di formazione teorica e pratica impossibile da costruire in tempi brevi. Non ci sono scorciatoie per il mismatch dato dalle competenze; imprese e formatori possono solo allearsi e, magari supportati da fondi pubblici e da strumenti contrattuali, mettere assieme percorsi che fra aula, apprendistato e alternanza costruiscono un sistema permanente di formazione lungo tutto l’arco della vita. Queste competenze sono come le materie prime: se vuoi fare impresa ti organizzi la filiera perché arrivino in tempo al processo produttivo, altrimenti smetti di produrre.



– Nel secondo gruppo, con difficoltà di reperimento fra il 33% e il 46% circa, ci sono impiegati, dirigenti e professioni intellettuali (circa 62 mila posizioni previste, il 14,5% del totale), le professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi (118.000, il 25,5% del totale, difficili da reperire per il 43,9%) e le professioni non qualificate (64.900, un altro 15%, difficili da reperire per il 37,3%). La prevalenza del settore dei servizi e la presenza di un gruppo di competenze medio basse apre a soluzioni alternative anche in mancanza di offerta di lavoro. Le posizioni possono essere più facilmente ricoperte anche con formazione di breve o media durata o facendo ricorso a manodopera immigrata. L’indagine segnala che la domanda di lavoratori immigrati riguarda 88mila contratti programmati nel mese pari al 20,5% del totale delle entrate. I settori che intendono ricorrere maggiormente alla manodopera straniera sono i servizi di trasporto, logistica e magazzinaggio (il 33,7% degli ingressi programmati dovrebbe essere coperto da personale immigrato), i servizi operativi di supporto a imprese e persone (31,2%), i servizi di alloggio e ristorazione (23,1%). Qualunque cosa si pensi dell’immigrazione, la posizione delle imprese è chiara, si tratta della principale forma di riduzione del mismatch di breve periodo.

Con l’avvicinarsi delle vacanze invernali è naturale che la pressione cresca, come segnalato dall’indagine, nel settore dei servizi connessi al turismo, vale a dire alberghi e ristoranti e nel settore del commercio che si avvicina al rush delle vendite natalizie.

Purtroppo l’indagine, che pure si occupa dell’incontro di domanda e offerta, non ci dà indicazioni sui prezzi, vale a dire sui salari a cui si concludono i contratti. Per avere qualche informazione in merito, Istat ci fornisce i dati, al momento fermi al 2020, del Racli, il Registro del costo del lavoro individuale, che fa uso di informazioni provenienti, fra le altre, dai datori di lavoro attraverso Inps e le Comunicazioni obbligatorie.

Se guardiamo i dati relativi al salario lordo orario mediano, possiamo vedere come i settori che prevedono un maggiore ingresso di lavoratori a competenze medio basse offrano anche salari più bassi: nelle attività di alloggio e ristorazione il salario mediano è di 10 euro e 45 centesimi, il che significa che la metà dei lavoratori guadagna meno di quella cifra. L’equivalente per il commercio è di 11,84 euro e per l’industria manifatturiera è di 13 euro orari.

I salari, peraltro, sono mantenuti bassi anche dalle forme contrattuali: secondo Excelsior, i nuovi ingressi sono per il 22% a tempo indeterminato e al 5% in apprendistato, le forme con durata media più lunga, mentre il tempo determinato è al 52% e il contratto di somministrazione all’11%, le forme con durata media più breve.

Nel totale dell’economia la differenza fra salari lordi mediani è di 2 euro orari in più per i contratti a tempo indeterminato, nel manifatturiero la differenza sale a 3 euro, nei servizi di alloggio e ristorazione la differenza si riduce a 14 centesimi, visto che la mediana è schiacciata verso il basso.

La seconda componente di mismatch dipende da un mix di bassi salari e contratti brevi che spingono i lavoratori a cercare altrove.

Le due componenti del mismatch – competenze mancanti e scarsa stabilità reddituale – spesso convivono, ma richiedono azioni diverse di intervento. Per le competenze abbiamo già detto, per la stabilità dei redditi l’intervento è più difficile, e richiede un mix di politiche di formazione e integrazione e di politica fiscale dove il costo del lavoro viene progressivamente alleviato per i contratti a tempo indeterminato e viene innalzato per i tempi determinati. I costi più elevati potrebbero essere dedicati alla formazione e al reinserimento delle persone, come già avviene per la somministrazione attraverso la bilateralità.

Certo, ci vuole tempo e soprattutto bisogna avere il coraggio di intraprendere politiche che operino in maniera distinta su problemi diversi.

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