Ci sono dei lavori che aiutano a liberare il potenziale di chi lavora, e spesso sono lavori che riguardano l’istruzione e la formazione. I servizi educativi per l’infanzia interessano la fascia da zero a tre anni (detta “zerotre”) e ha visto al lavoro per l’anno educativo 2022-2023 fra le 93 mila e le 96 mila persone. Lo afferma un report pubblicato da Istat in base a un accordo fra presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche della famiglia, l’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’Istat stesso



I dati provengono da un’indagine campionaria e sono quindi stime: i redattori del rapporto li presentano, molto onestamente, sotto forma di intervalli; diamogliene atto, è un atteggiamento giusto, ma non così diffuso come dovrebbe.

I lavoratori dei servizi zerotre consentono una copertura del servizio pari a 30 posti ogni 100 bambini. Si tratta di una copertura in graduale aumento: nel 2013 il tasso era 22,5%, ed è quindi migliorata, ma dovrebbe arrivare, secondo gli obiettivi comunitari, al 45%. La strada quindi è lunga, ma è necessario percorrerla per consentire a tutti i componenti delle famiglie che lo desiderano, e in particolare alle donne, di lavorare. La rinuncia al lavoro per mancanza di servizi è ancora molto elevata nel Paese. Raggiungere gli obiettivi comunitari consentirebbe a molte donne di lavorare e avrebbe un effetto diretto di creare altri 42-45 mila posti di lavoro nel settore educativo. Non si tratta di un numero piccolo, vista anche l’onda demografica decrescente che interesserà le scuole di ogni ordine e grado nei prossimi anni.



Il graduale incremento del tasso di copertura è dovuto in parte all’andamento decrescente della popolazione di riferimento: in media, per effetto del calo delle nascite, i bambini residenti di età compresa fra 0 e 2 anni sono diminuiti di oltre 40mila l’anno, contribuendo ad alzare il rapporto fra posti e potenziali utenti. Nel 2022, se non ci fosse stato il calo demografico, l’aumento della copertura non sarebbe stato del 2%, ma solo dell’1,2%.

I risultati del settore zerotre sono dovuti a una forte organizzazione sussidiaria dell’offerta: sul 30% di copertura è dovuto al 14,3% dai servizi privati e per il 15,7% dai servizi pubblici, ma il sorpasso è avvenuto solo nel 2020, dove la quota di offerta privata è scesa per la prima volta al di sotto del 50% complessivo, fino al 47,7% attuale. Peraltro, l’offerta privata consente di tenere bassi i costi: la spesa media annua per utente è di 9.643 euro per i nidi comunali a gestione diretta, che si abbassa a 5.385 euro per i nidi comunali a gestione affidata a terzi e a 3.831 per i nidi privati con riserva di posti.



Le differenze di copertura sono ampie dal punto di vista territoriale: l’Umbria è l’unica regione al di sopra del 45% previsto dai target europei, mentre Emilia Romagna, Valle D’Aosta e Toscana si collocano poco al di sotto, con 43,1%, 43% e 40,7%.

Da punto di vista del personale impiegato vale la pena di sottolineare che per il 48% si tratta di laureati e per il 41,9% di diplomati, essendo il requisito della laurea recente (2017). Ne consegue che l’offerta pubblica, spesso presente da più tempo, ha personale con età media più alta e con meno laureati. D’altra parte la partecipazione alla formazione (in parte obbligatoria) è più alta nel settore privato convenzionato.

In conclusione, il settore è molto attivo e in piena evoluzione, e meno male perché ne abbiamo bisogno. Il Pnrr, sottolinea il report, è un’opportunità per allinearsi agli obiettivi comunitari, ma la capacità di reperire personale sembra un serio ostacolo. Il 66,4% dei servizi educativi ha effettuato assunzioni di personale educativo nei due anni precedenti all’intervista, il 28,2% ha avuto forti o fortissime difficoltà a reperirlo, difficoltà che sale al 37% nel nord dove la domanda di servizi è peraltro più forte. E anche questo è un problema di politica del lavoro e della formazione in carico prevalentemente al pubblico. Integrare le politiche e pensare alle conseguenze delle azioni che si intraprendono sarebbe un segno di maturità nella gestione delle risorse pubbliche, maturità tanto più necessaria quanto più, come in questo settore, il contributo dei privati tiene bassi i costi e consente di raggiungere gli obiettivi.

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