I consulenti del lavoro sono come le Stazioni dei Carabinieri o le sedi dei Patronati: coprono il territorio e sono pertanto in grado di interpretare le tendenze effettive del Paese anche per quanto riguarda il lavoro. Le statistiche dimostrano inequivocabilmente che, nonostante la modesta crescita dell’economia, il tasso di occupazione ha raggiunto il livello più elevato di tutta la serie storica, che quello della disoccupazione è in discesa, che vi è una forte riprese del lavoro a tempo indeterminato.



Ovviamente i fattori che determinano questa situazione sono tanti e differenti, non sempre attribuibili – come in altri casi – al Governo in carica. Una delle cause più importanti deriva, banalmente, dagli andamenti demografici: l’esercito di riserva della manodopera si va assottigliando e – come sostiene da tempo Pietro Ichino – molti lavoratori dotati dei livelli di professionalità richiesti dalle aziende sono in grado di “scegliersi il padrone”. Naturalmente questi processi non sono uniformi, ma si differenziano per categorie produttive e territori (tuttavia anche nel Mezzogiorno si assiste a una dinamica di ripresa dell’occupazione). E – dobbiamo ammetterlo – l’Italia resta sempre in coda nella graduatoria dei partner europei.



È comunque patetico l’impegno che viene sprecato da molti osservatori per smentire e diminuire questa realtà che evidentemente è scomoda per la narrazione in cui si distinguono talune forze della sinistra politica e sindacale che non si schiodano dalle mitologie (smentite in grande serie dai dati) di un Paese allo stremo a causa di una “precarietà dilagante”, delle diseguaglianze sociali ulteriormente divaricate e quant’altro può esserci di negativo. Il punto che rimane particolarmente critico è quello dell’occupazione femminile che – sia pure in crescita – resta ancora basso. A gennaio 2024, tuttavia, il numero delle occupate raggiunge i 10 milioni 95mila, il tasso di occupazione fa un ulteriore balzo in avanti, arrivando a quota 53%, mentre quello di disoccupazione scende all’8,2%. Ma – ecco perché abbiamo fatto riferimento ai consulenti del lavoro – un rapporto della Fondazione Studi del Consiglio Nazionale approfondisce le tendenze dell’occupazione femminile nell’anno in corso.



Il trend positivo di crescita occupazionale avviato nella ripresa post-pandemica, ha riguardato anche il lavoro delle donne, sebbene in ritardo rispetto agli uomini. Queste, infatti, hanno fatto più fatica a recuperare i livelli pre-Covid, concentrando il recupero sostanzialmente nel 2023. Rispetto al 2019 (si considera la media dei primi tre trimestri), l’occupazione femminile registra infatti, nel 2023, una crescita dell’1,6%, leggermente inferiore a quella degli uomini (+1,8%). Ma è nell’ultimo anno che la dinamica femminile è risultata maggiormente positiva, segnando rispetto al 2022 un incremento del 2,4% a fronte dell’1,7% degli uomini. La crescita occupazionale ha riguardato principalmente le fasce d’età più adulte, in particolare le 55-64enni, che hanno registrato un incremento di 284mila occupate (+15,1%) tra il 2019 e il 2023.

Gli effetti dell’invecchiamento della forza lavoro, unitamente al progressivo innalzamento dell’età di pensionamento (a prova che questa misura è utile anche all’occupazione), sono alla base di tale dinamica. In tale fascia d’età si registra il maggiore incremento del tasso di occupazione, passato dal 43,9% del terzo trimestre del 2019 al 48,6% del terzo trimestre del 2023. Ma anche tra le giovani si riscontrano dinamiche positive. Tra le 25-34enni, l’occupazione aumenta del 2,4% tra il 2019 e il 2023, mentre tra le under25 la crescita è del 6,6%. Tra le prime, il tasso di occupazione passa dal 54,3% al 57,8%. Si registra invece una diminuzione importante dei livelli occupazionali nelle fasce d’età centrali. Tra le 35-44enni, l’occupazione cala del 7,9%, con un saldo di circa 200mila occupate in meno tra il 2019 e il 2023. Mentre tra le 45-54enni il calo è più contenuto, ma indicativo (-1,1%).

Anche nel caso del lavoro femminile, questi dati sono riconducibili alle dinamiche demografiche che stanno avendo un impatto profondo sul mercato del lavoro e su quello femminile in particolare, determinando un sempre più rapido slittamento in avanti dell’età media delle lavoratrici, pur in presenza di un innalzamento dei livelli occupazionali in tutte le fasce d’età. Con la sola esclusione della classe 55-64 anni, la popolazione femminile è diminuita in tutte le fasce d’età considerate, in particolare tra le 35-44enni, dove il calo è stato dell’11,8%.

Ciò – fa notare il rapporto – pone un’incognita importante sugli effetti che i processi demografici in corso determinano sul mercato del lavoro: se da un lato questo esprime positivi segnali di crescita, dall’altro non vede aumentare più di tanto i livelli di partecipazione al lavoro. L’effetto più immediato è la crescita delle lavoratrici nelle fasce d’età più adulte, ovvero un’accelerazione dei processi di invecchiamento della forza lavoro, che ha ripercussioni rilevanti su tutto il sistema.

Aumenta il lavoro qualificato e a tempo indeterminato, soprattutto tra le giovani Posto che la quota maggioritaria di occupazione femminile si concentra nei servizi (8,3 milioni su quasi 10 milioni di occupate), le dinamiche di crescita più rilevanti si sono registrate nel settore industriale, che ha visto aumentare dell’8,1% il numero di lavoratrici. Un contributo importante è arrivato anche per le donne dalla crescita del settore edile, che ha avuto un ruolo centrale nella ripresa occupazionale: le lavoratrici del comparto sono aumentate del 34,7% tra il 2019 e il 2023.

I servizi hanno recuperato i propri livelli occupazionali solo nel 2023. Rispetto al 2019, infatti, il numero di donne occupate è aumentato “solo” dello 0,8%. A trainare la ripresa sono stati i servizi di informazione e comunicazione (+19,4%), i comparti sanità e istruzione (+4,4%) e il settore turistico: se rispetto al 2019 l’incremento occupazionale per le donne è stato del 2,6%, nell’ultimo anno, il settore ha fatto da volano all’occupazione femminile, con una crescita del 9,7%. La crescita occupazionale si è accompagnata anche a un miglioramento della condizione professionale e contrattuale delle donne. Aumenta infatti il numero delle occupate tra le professioni qualificate e tecniche (+1,5% tra il 2019 e il 2023), in particolare nell’ultimo anno (+6% tra il 2022 e il 2023). Crescono, tra queste, soprattutto quadri, dirigenti e imprenditrici (+22,9%), ma anche le professioni intellettuali (+1,6%). Anche il settore impiegatizio, tradizionale bacino di occupazione, registra un saldo positivo rilevante (+2,8% tra il 2019 e il 2023), soprattutto tra le impiegate (+4,4%), mentre le positive dinamiche dell’industria fanno crescere operaie e artigiane (+5,1%), la cui presenza, tuttavia, tra le lavoratrici, resta molto contenuta (731mila occupate su quasi 10 milioni). Diminuisce di contro l’occupazione non qualificata, con un calo di oltre 50mila occupate (-4,8%) tra il 2019 e il 2023.

Anche per le donne – prosegue il rapporto – la ripresa post-Covid è caratterizzata da un aumento significativo del lavoro dipendente (+4,6% tra il 2019 e il 2023) e di contro una diminuzione di quello autonomo, che registra il 3,8% di occupate meno. Solo nel corso del 2023 si assiste a una leggera inversione di tendenza, con la ripresa (+2,8%) di tale componente ancora però lontana dal ritornare sui livelli pre-Covid. La crescita del lavoro dipendente è stata determinata, nella gran parte dei casi, dalla componente a tempo indeterminato: tra il 2019 e il 2023 si contano 156mila occupate permanenti in più (+2,3%). Il numero delle lavoratrici a termine cresce di 65mila unità, ovvero il 4,6% in più nel periodo 2019-2023, ma risulta in flessione nell’ultimo anno (-1,3%). In particolare, tra le giovani donne, è da segnalare il netto incremento dei contratti a tempo indeterminato: +8,3% tra il 2019 e il 2023 e +7,3% tra il 2022 e il 2023.

Sembra, dunque, che qualche cosa si stia muovendo anche nel lavoro femminile. Ci aspettiamo, però, che la “banda dei negazionisti” arriverà a sostenere che la Fondazione Studi dei consulenti del lavoro intende fare propaganda a favore della ministra Calderone che proviene da quel mondo. Ormai finisce tutto in politica.

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