La crisi dell’industria e i suoi impatti sul mercato del lavoro sono visibili anche sulle previsioni delle imprese rilevate dall’indagine Excelsior.
Dopo i dati trimestrali di Istat, Unioncamere prevede una variazione negativa delle previsioni di assunzione dell’industria rispetto a dicembre 2023 di circa 5.000 posizioni lavorative e stima per il trimestre dicembre 2024-febbraio 2025 circa -26.000 unità rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
I numeri relativi al turnover, anche nell’industria, restano alti: la previsione per l’industria in senso stretto per il trimestre dicembre 24-febbraio 25 è di circa 256.000 entrate, e circa 124.850 sono previste per le costruzioni. Il turnover resta comunque alto e il mismatch esiste ancora, anzi, i due fenomeni sono legati fra di loro, ma le variazioni negative testimoniano il rallentamento e la crisi in atto.
A compensare la variazioni in calo dell’industria arriva l’ennesima previsione di crescita dei servizi, ma non di quelli alle imprese, che variano in calo rispetto all’anno scorso, ma dei servizi alle persone e del commercio, alberghi e ristoranti. Fra industria e servizi, la previsione complessiva resta in crescita anche rispetto all’anno scorso, con alberghi e ristoranti che da soli compensano tutto il calo di industria e costruzioni.
La ripartizione delle specializzazioni economiche a livello territoriale si riflette sulle previsioni regionali. Le variazioni trimestrali previste rispetto all’anno scorso sono in calo per Piemonte, Lombardia e Veneto e quasi a zero per Emilia-Romagna e Marche. Variazioni positive, invece, previste per tutte le regioni del sud e le isole.
Insomma, ci potrebbe essere dibattito sul sud locomotiva del Paese, guardando solo le variazioni, ma è d’obbligo ricordare che i tassi di occupazione e disoccupazione restano molto diversi. Per capirci, nel terzo trimestre del 2024 i tassi di disoccupazione erano: Lombardia 3,6%, Veneto 2,7%, Piemonte 4,7%. Per contro al sud: Campania 14,2%, Puglia 6,5%, Calabria 10,8%. Certamente c’è ancora spazio per recuperare, visto che i divari nei tassi di occupazione sono ancora più alti. Ben venga quindi una riduzione veloce, come sta accadendo, dei tassi di disoccupazione al sud, c’è ancora spazio. Purtroppo questo recupero avviene in settori a salari medi bassi e in posizioni lavorative spesso instabili. È quello che accade in Europa e che Mario Draghi ha di recente riassunto così: “Le politiche europee hanno tollerato una bassa crescita salariale per aumentare la competitività esterna, aggravando il debole ciclo reddito-consumo”. Lo spostamento tra settori è la variante italiana dello “sfruttamento della domanda estera e sull’esportazione di capitale con bassi livelli salariali: Questa costellazione non è più sostenibile”.
Se il modello non è più sostenibile, cosa fare? Sul debito comune e sulla spinta alla spesa pubblica si può discutere e si discuterà a lungo, sulle politiche del lavoro il panorama nazionale è più chiaro mano a mano che la manovra si delinea. La riduzione del cuneo fiscale sta agendo sul recupero almeno parziale del potere d’acquisto dei salari e incide ulteriormente sulla mobilità del lavoro. La riduzione dei salari continua con la mobilità: chi perde un lavoro ne può trovare un altro a un livello salariale più basso.
Le misure previste sul mercato del lavoro possono essere tutte lette come manutenzioni e semplificazioni, a parte le modifiche sulla Naspi, ovvero sul sussidio di disoccupazione. Viene sostanzialmente abbandonata l’idea del sussidio legato alla disoccupazione involontaria, prevedendo che lo possa percepire anche a chi si dimette volontariamente; chi lo fa poi si trova penalizzato se trova un lavoro breve. Il provvedimento viene presentato come una misura anti-furbi, ma probabilmente diventerà una misura che cerca di ridurre le dimissioni volontarie (con lo spauracchio della futura penalizzazione) e renderà meno appetibili i contratti sotto le 13 settimane. Insomma, cerchiamo di punire i furbi che si licenziano per lavorare in nero, ma diamo il via ai furbi che passando da un lavoro stabile a un altro possono godere del sussidio per dimissioni volontarie. Una misura discutibile, vedremo nei prossimi anni cosa succederà veramente. Per il momento il mercato resta ristretto e la difficoltà a reperire le persone giuste resta al 48,9%.
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