Istat ha pubblicato i dati sulla formazione degli adulti in Italia nel 2022. Si tratta di un’indagine armonizzata a livello europeo che serve a capire quanto gli adulti (e quindi i lavoratori) siano aggiornati e come si aggiornano.
Diciamo subito che le notizie non sono buone: tra i 25 e i 64 anni il tasso di partecipazione è pari al 35,7% e mette l’Italia al 21esimo posto su 27 in Europa. L’obiettivo per il 2025 sarebbe il 47%, e la media europea attuale è circa al 46%, 11 punti in più dell’Italia. Ma quando si parla di mercato del lavoro siamo abituati a stare in fondo alla classifica.
La definizione di partecipazione alla formazione è molto ampia: si parte dalle attività formali (corsi che si concludono con titolo di studio o qualifica) per passare a quelle non formali (attività strutturate con orario, spazi e insegnanti, ma che si concludono senza rilascio di titolo) e finire con le attività informali (attività fatte con l’intenzione di imparare, ma non organizzate: guardo un video, mi faccio spiegare una cosa da un amico o un collega, vado in biblioteca o a una visita guidata, ecc.).
La parte non formale, quella dei corsi fuori dalla scuola, è la più sviluppata in tutta Europa: ci partecipa il 44% delle persone, ma in Italia la percentuale scende al 34%.
A tenere lontani gli italiani ci sono due aspetti: i costi e la mancanza di tempo, in particolare per le donne gli impegni familiari. Purtroppo la partecipazione alla formazione cala col crescere dell’età ed è inversamente proporzionale all’educazione di base ricevuta: in altre parole partecipano di meno alla formazione quelli a cui serve di più, abitudine che contribuisce a mantenere le distanze fra i due gruppi.
>A parte le difficoltà a partecipare, una quota rilevante di persone non è interessata a far formazione: del 64,3% di 25-64enni che non ha partecipato ad alcuna attività formativa, quasi l’80% non desiderava farlo, ma in questo caso i valori sono del tutto simili a quelli medi europei. La poca propensione alla formazione si accompagna a una scarsa partecipazione alle attività di orientamento, che spesso sono fornite gratuitamente dai servizi pubblici, ma naturalmente chi non vuol fare non vuol chiedere.
Gli italiani eccellono su un fronte solo: quello delle attività informali, dove ci si può arrangiare sia dal punto di vista dei tempi che dei costi. Fra le persone 18-69 anni, il 67,7% ha svolto attività di formazione informale: la media europea è pari al 64%. Quindi si compensa la mancanza di risorse con il fai da te.
I giovani (18-24enni), le persone con elevati livelli d’istruzione e gli studenti svolgono con maggiore frequenza degli altri attività informali di apprendimento (la quota di chi partecipa supera l’83%), mentre tra i 65-74enni e i pensionati lo fa solo un individuo su due. La diffusione di strumenti elettronici è il grande motore di queste forme di apprendimento (smartphone, personal computer, ecc.): la quota supera il 90% tra i giovani, ma anche tra i più anziani raggiunge il 75,4%. Certo non sempre quello che si trova on-line è di buona qualità (a volte ci sono vere e proprie bufale), ma almeno ci si prova.
Che consigli dare a chi cerca lavoro, oppure ha tempo libero, oppure vuole semplicemente migliorare? Conoscere l’inglese e saper usare un computer fanno parte dell’alfabetizzazione di base, e sono competenze che servono a fare qualsiasi altro lavoro. A partire da quello che più piace (l’arte, la musica, lo sport, ecc.) seguire tutorial e corsi on-line è una buona occasione per imparare qualcosa. Alcuni corsi on-line sono gratuiti oppure costano poche decine di euro e hanno un approccio molto intuitivo anche per i non esperti. Un vecchio computer e una connessione in rete, magari dentro una biblioteca pubblica, sono più che sufficienti per imparare a usare programmi open source, oppure a scrivere piccoli programmi usando linguaggi gratuiti. Seguire un corso in inglese (o guardare un telefilm, o ascoltare canzoni) con i sottotitoli in automatico può aiutare ad ampliare il dizionario, e molti motori di ricerca ormai garantiscono traduzioni gratuite di buona qualità.
Ogni tanto passare di persona al proprio centro di quartiere, nelle biblioteche, al sindacato oppure al centro per l’impiego consente di vedere se ci sono corsi gratuiti, magari non lunghi, ma che consentono di parlare con qualche esperto e di fare un tagliando alle competenze che si acquisiscono da soli. Ci sono molti programmi di politica attiva del lavoro che prevedono formazione breve e gratuita.
Scrivere di tanto in tanto quello che si è imparato su un foglio di carta o su un word processor gratuito on-line consente di tenere memoria dei passaggi che si sono fatti e aiuterà domani a scrivere un curriculum vitae basato su esperienze e competenze oltre che sulla successione di contratti del passato (ammesso che uno abbia un passato con dei contratti). Alcuni social network consentono di aggiornare il proprio profilo aggiungendo informazioni un poco alla volta e senza particolare fatica.
Insomma, al di là delle statistiche, mettere assieme apprendimento formale e informale è utile, possibile, poco costoso e anche poco stressante se lo si prende come un modo interessante di usare il tempo libero. Quindi, vale la pena di provarci, anche perché l’ignoranza non paga, anzi, fa diventare poveri.
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