È un dato che potrebbe sembrare anacronistico, eppure lo scenario internazionale è positivo. Lo sostiene un recente report Istat riferito allo scorso mese di gennaio, basandosi sulla frenata della spinta inflazionistica giustificata dal calo dei prezzi dei prodotti energetici.

Nonostante il dato positivo, la Presidente della Bce Christine Lagarde ha confermato un nuovo aumento dei tassi di 50 punti base, a marzo, precisando che i rischi tra crescita e inflazione sono ora più equilibrati, ma le pressioni dei prezzi restano forti e l’inflazione sottostante è tuttora alta: 5,2 a gennaio. La Bce così è determinata ad aumentare i tassi a ritmo costante per far tornare l’inflazione in area 2 per cento, nel solco della regola che vede come prima contromisura all’inflazione una consistente diminuzione dei consumi (conseguenza del rialzo dei tassi). Anche se oggi l’inflazione sembra legata a filo doppio più alle contingenze geopolitiche, e alle relative sinusoidi speculative del conto energetico, che alle spese correnti.



In realtà, deprimere i consumi nasconde pericoli simili a quelli inflativi, in parte non abbinabili solo alla platea delle retribuzioni fisse. Lo scorso dicembre, in Italia le vendite al dettaglio hanno subito una diminuzione congiunturale del -0,2% in valore e -0,7% in volume. A gennaio, il differenziale per l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) tra l’Italia e l’area euro, pur rimanendo positivo, è diminuito rispetto a dicembre (2,4 punti percentuali da 3,1). E il sentiment dei consumatori, la fiducia, ha mostrato un peggioramento diffuso.



Inflazione, economia, lavoro. Sul fronte occupazionale, sono stati pubblicati i dati di gennaio del Veneto, regione test, e la prima in Italia a vocazione turistica. I risultati: assunzioni a +34% proprio nel turismo, che si conferma ancora una volta il vero traino dell’economia post-pandemica. I servizi in genere registrano 29.500 assunzioni, 16% in più rispetto al 2022, ma anche con un saldo negativo particolarmente ampio (-3.800), dovuto alla stagionalità e alla preponderanza delle cessazioni sulle assunzioni. Editoria e cultura beneficiano del traino degli eventi artistici e delle attività cinematografiche concentrate nel veneziano (2.200 assunzioni), seppure con contratti di breve durata. Lieve calo delle attivazioni nell’ingrosso e logistica (-2%) e nei servizi alla persona (-9%).



È questo il quadro del mercato del lavoro in Veneto per lo scorso mese di gennaio, un periodo dell’anno con un elevato numero di assunzioni e quindi positivo per l’occupazione veneta, nonostante il saldo risulti condizionato dalle scelte metodologiche che posticipano all’1 gennaio la registrazione delle conclusioni contrattuali di fine anno.

L’inizio del 2023 ha evidenziato (come diffuso da VenetoLavoro) un andamento sostanzialmente stabile, con un saldo tra assunzioni e cessazioni appena negativo (-161 posizioni lavorative) e un aumento della domanda di lavoro del 5% rispetto allo scorso anno. Il bilancio occupazionale, migliore rispetto a quelli registrati nel 2022 e nel 2021 ma ancora al di sotto della situazione pre-pandemica, è frutto della perdita di 9.000 rapporti a tempo determinato, non del tutto bilanciati dall’aumento dei contratti stabili (+8.800) e da un saldo dei contratti di apprendistato quasi invariato (+69).

Le assunzioni sono state complessivamente 58.250 (+5%), con una crescita più marcata per donne (+7%), stranieri (+8%) e giovani under 30 (+7%). Prosegue in questo inizio di 2023 la tendenza alla stabilizzazione dei rapporti a termine: le trasformazioni sono state complessivamente 10.400 (+11%), per la maggior parte dei casi relative a contratti a tempo determinato. La spinta delle qualificazioni dall’apprendistato, particolarmente marcata fino all’autunno 2022, sembra invece essersi esaurita.

Sul versante delle cessazioni (complessivamente 58.400, +2%), la causa prevalente rimane la conclusione di rapporti a termine, che costituiscono il 60% del totale. Le dimissioni rappresentano il 28%, in leggera diminuzione rispetto a gennaio 2022 (-6%). In lieve calo anche i licenziamenti (-7%), che in termini assoluti pesano tuttavia appena per il 6% sul totale delle cessazioni.

L’andamento settoriale è condizionato dagli aspetti ciclici che caratterizzano il mercato del lavoro veneto in questo periodo dell’anno. L’industria, meno esposta alla stagionalità e a vigorosi flussi di entrata e uscita dal mercato del lavoro, continua a evidenziare un assorbimento di posti di lavoro a tempo indeterminato a scapito di quelli a termine e ad ampliare il proprio bacino di posti di lavoro stabili. Ne deriva un saldo positivo di circa 4.000 posti di lavoro in più, nonostante un calo della domanda di lavoro pari al -4%. L’incremento dei posti di lavoro si concentra nel metalmeccanico (+1.600) e nel Made in Italy (+1.500), caratterizzato dall’andamento particolarmente positivo dell’industria alimentare. I comparti che nel 2022 avevano registrato risultati molto positivi, come il calzaturiero e l’occhialeria, mostrano invece quest’anno una variazione più contenuta in termini di saldi e negativa sul fronte delle assunzioni.

Più strutturale il calo dell’agricoltura, che oltre a una diminuzione delle assunzioni (-4%) evidenzia anche un saldo negativo per circa 300 posti di lavoro dipendente.

A livello territoriale, un andamento particolarmente positivo si registra a Venezia, dove le 12.100 assunzioni riportano il volume dei reclutamenti ai livelli pre-crisi e segnano una crescita del 33% rispetto al 2022, pur in presenza di un saldo occupazionale negativo (-400) legato all’alto turnover in entrata e in uscita dal mercato del lavoro nelle zone con elevata stagionalità e concentrazione di rapporti a termine. Tendenza analoga a Verona, dove si registra un aumento delle assunzioni del +6% e un saldo mensile negativo per 700 posizioni lavorative. La domanda di lavoro risulta invece in calo nelle altre province venete: -5% a Padova e Belluno, -3% a Treviso, Vicenza e Rovigo. I saldi sono negativi a Belluno (-300) e Padova (-300), positivi a Treviso (+700), Vicenza (+500) e Rovigo (+300).

A gennaio sono state presentate 13.200 dichiarazioni di immediata disponibilità (Did), con un aumento pari al +14% rispetto al 2022, dovuto prevalentemente alla ritrovata vivacità del mercato del lavoro regionale. I disoccupati iscritti ai Centri per l’impiego del Veneto risultano complessivamente 321.500, cui si aggiungono 83.600 soggetti in sospensione perché occupati temporaneamente o perché in conservazione della condizione di disoccupazione per ragioni di reddito.

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