I dati Excelsior Unioncamere di aprile 2024 presentano un quadro di rallentamento congiunturale sul mercato del lavoro. La previsione di avviamenti al lavoro resta più alta rispetto all’aprile dell’anno scorso, ma per il trimestre aprile-giugno il calo rispetto al 2023 è del 3%, con una flessione delle entrate previste di 46mila unità.



La percentuale di difficile reperimento di figure professionali ad aprile si attesta attorno al 47,8%, 2,6 punti più alta dello scorso anno e in leggero calo rispetto ai primi mesi dell’anno.

Guardando la distribuzione territoriale delle previsioni si delineano due Paesi diversi, con il nord che presenta segni positivi e il centro-sud e isole che presentano segni negativi sia nella previsione di aprile che in quella del trimestre.



Il saldo positivo di 2.980 entrate in più rispetto ad aprile 2023 è fatto di un aumento di 23.910 entrate al nord e di una diminuzione di 20.930 entrate nel resto del Paese. Il divario si allarga se si guarda la previsione di entrata nel trimestre di aprile-giugno: rispetto allo scorso anno il nord è in crescita di oltre 63.000 entrate, mentre il resto del Paese ne perde circa 110 mila.

La percentuale di difficile reperimento va dal 52,3% del nord-est al 44,4% del sud e delle isole.

Se guardiamo ai gruppi di professioni, le difficoltà a reclutare hanno le percentuali più alte fra le professioni tecniche (55,4% di entrate difficili da reperire ad aprile) e gli operai specializzati (64,8%); guardando le singole professioni in testa alle difficoltà ci sono i fabbri ferrai (78,9% di difficile reperimento), gli operai specializzati del tessile e abbigliamento (70,9%) e i tecnici in campo ingegneristico (70%). Se le percentuali di reperimento si confermeranno tali anche nel trimestre da aprile a giugno, ci sono tre gruppi di professioni che da soli mettono assieme 460 mila entrate difficili su un milione e mezzo di entrate previste, e sono le professioni qualificate nel commercio e nei servizi, gli operai specializzati e le professioni non qualificate.



Le difficoltà sono alte in percentuale nelle competenze più elevate, ma l’impatto della scarsità in assoluto, guidata dal grosso della domanda, va verso figure con richieste formative meno rilevanti. Insomma, più lavoro ma non necessariamente di qualità.

Arriva alla stessa conclusione anche Istat nel suo rapporto sul Benessere equo e sostenibile. Mentre lenta cresce l’occupazione e la partecipazione al mercato, gli indicatori del mercato del lavoro in peggioramento rispetto al 2019 sono tutti legati alla precarietà: aumentano gli occupati in lavori a termine da più di cinque anni, aumentano i dipendenti con busta paga bassa, aumentano gli occupati sovraistruiti, sono peggiorati i tassi di occupazione delle donne fra i 25 e i 49 anni con figli in età prescolare rispetto alle donne senza figli. E anche qui si confermano i divari sia quantitativi che qualitativi fra il nord e il resto del Paese: il part-time involontario al nord è al 7,4%, una percentuale di per sé alta, ma al sud e nelle isole la percentuale è pressoché doppia, così come divari alti restano nelle percentuali di lavoro irregolare fra nord (8,9%) e sud (15,7%).

Insomma, il numero di problemi da risolvere sul mercato del lavoro resta alto; il panorama delle politiche del lavoro e della formazione resta stabile, al momento alimentato dai fondi del Pnrr e dai fondi comunitari strutturali, tutte fonti finanziarie che per loro natura sono temporanee. L’Italia è il Paese che ha reso strutturale la cassa integrazione, che lega i lavoratori ad aziende che spesso vanno a fondo (e i lavoratori spesso vanno a fondo con la loro azienda), mentre fatica a rendere strutturale la formazione continua e l’accompagnamento da un lavoro all’altro nelle fasi di transizione. La riduzione del cuneo fiscale è politicamente giustificata come necessaria per far crescere i consumi; notiamo però che anche la defiscalizzazione della formazione potrebbe generare consumi, e per di più consumi e ricadute occupazionali sicuramente dentro i confini nazionali.

Le scelte per stabilizzare il futuro del mercato del lavoro restano difficili e ancora tutte da prendere.

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