Correva l’anno domini 2019 (pre-pandemia e guerra in Europa) quando il principale motivo di scontro politico era rappresentato dall’immigrazione e dalla sua gestione. Un elemento questo che portava la politica, e la società, italiana a dividersi, in un dibattito, per alcuni aspetti surreale, tra i sostenitori dei porti aperti e dei porti chiusi.
Raccontava bene le pulsioni che attraversano il Paese un (ex) giovane cantautore come Dario Brunori che descriveva sia chi aveva, probabilmente irragionevolmente, paura per la propria vita “seduto su un autobus di Milano solo perché un ragazzino arabo si è messo a pregare dicendo il corano”, sia chi, altresì, con forse un eccesso di afflato umanitario, criticava i primi sostenendo che questi “fanno finta di non vedere che fanno finta di non sapere che si parla di uomini, qui di donne e di uomini”.
La realtà, come spesso accade, è, tuttavia, diversa dai racconti che ne fanno, anche nella campagna elettorale in corso, la politica e, per motivi diversi, gli artisti.
L’ ultimo rapporto sugli stranieri nel mercato del nostro Paese ci racconta, ad esempio, che dopo la crisi causata dal Covid-19, è migliorata la partecipazione dei migranti al mercato del lavoro in Italia, avvicinandosi ai livelli pre-pandemia. Ci dice, però, allo stesso tempo, che le famiglie di stranieri che vivono al di sotto della soglia di povertà è in aumento.
In particolare emerge dallo studio come gli occupati stranieri sono 2,3 milioni, il 10% del totale. Nel dettaglio il tasso di occupazione degli stessi è al 57,8% (58,3% quello degli italiani), la disoccupazione al 14,4% (9% tra gli italiani), l’inattività al 32,4% (35,9%). Gli indicatori peggiorano, tuttavia, sensibilmente se si fa riferimento solo alle donne.
Tra i settori poi con la più alta incidenza di occupati stranieri, si segnalano Agricoltura (18,0% del totale degli occupati), Costruzioni (15,5%) e Alberghi e ristoranti (15,3%). È però in “Altri servizi collettivi e personali” che la quota di lavoratori stranieri è più elevata: 34,3%.
Si deve notare poi come, dopo aver sofferto più degli italiani nel 2020 l’impatto della pandemia, lo scorso anno i lavoratori migranti hanno fatto registrare performance migliori, con una crescita del 2,4% degli occupati (contro lo 0,6% registrato tra gli italiani).
Peggiorano, allo stesso tempo, in una triste competizione tra gli ultimi, i dati sulla povertà. Il 30,6% delle famiglie di soli stranieri (dato in crescita di quasi 4 punti rispetto al 2020) è in una condizione di povertà assoluta, contro il 5,7% (dato stabile) registrato tra le famiglie di soli italiani. Le famiglie con stranieri, pur rappresentando solo il 9% delle famiglie in Italia, pesano, in questo quadro, per il 31,3% sul totale delle famiglie povere.
In questo contesto sarà così chiamato a operare, al di là delle proposte/promesse elettorali, il nuovo Governo che dovrà cercare un difficile, e sostenibile, equilibrio, tra integrazione, principalmente attraverso la partecipazione attiva al mercato del lavoro, e, necessariamente, un welfare maggiormente inclusivo.
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