Nei primi 9 mesi del 2024 le ore autorizzate di cassa integrazione guadagni sono cresciute del 20% rispetto allo stesso periodo del 2023. Lo si può desumere dai dati che Inps rende periodicamente disponibili nella sezione Osservatori del suo sito. In particolare, sono cresciute (+44,7%), sempre nello stesso periodo, le ore di cassa integrazione ordinaria, lo strumento utilizzato per interventi congiunturali, con un aumento del 51,91% nell’industria. La cassa straordinaria, che di solito viene usata per le crisi di più lungo periodo, è in calo del 6,92% per l’industria. Sommando i due tipi di intervento (ordinario e straordinario), la crescita complessiva delle ore autorizzate supera il 25%.



A quanti lavoratori a tempo pieno equivalgono le ore autorizzate a Inps? La cassa integrazione è un sussidio che assorbe tutti gli istituti contrattuali (tredicesima, ferie pagate, ecc.) fissando la settimana lavorativa a 40 ore convenzionali. Ne consegue che per ogni lavoratore a tempo pieno Inps autorizza 2.080 ore l’anno. Le ore autorizzate tra gennaio e settembre equivalgono a circa 169.000 lavoratori a tempo pieno. Tuttavia, va detto che difficilmente tutte le ore autorizzate vengono poi effettivamente usate dai datori di lavoro per sospendere i lavoratori. Il rapporto fra ore effettivamente utilizzate e ore autorizzate (il cosiddetto “tiraggio”) difficilmente ha superato il 35% per la cassa straordinaria negli ultimi tre anni.



Pur con tutta la prudenza necessaria, è evidente che la crisi dell’industria comincia ad avere un impatto misurabile sui sussidi, che nel medio periodo spesso si trasforma in un impatto occupazionale: si comincia con la cassa e, una volta esauriti gli strumenti utilizzabili, si continua con il licenziamento o il pensionamento anticipato.

L’andamento della cassa integrazione segue fra l’altro l’andamento dei dati di produzione industriale: la discesa tendenziale dell’indice della produzione prosegue ormai da 20 mesi. Al netto degli effetti di calendario, a settembre 2024 l’indice complessivo era diminuito in termini tendenziali del 4,0%: la riduzione è stata più rilevante per i beni strumentali (-5,1%), i beni intermedi (-4,0%) e i beni di consumo (-3,5%) e meno pronunciata per l’energia (-1,6%).



Anche dal punto di vista territoriale la diffusione della cassa integrazione ordinaria evidenzia la sua natura industriale: le prime tre regioni per ore autorizzate nei primi nove mesi dell’anno sono Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna.

Nel commentare l’andamento dell’economia in Lombardia, pochi giorni fa Banca d’Italia ha sottolineato che l’andamento della produzione industriale in calo è dovuto a una diminuzione della domanda estera e interna. Il calo della domanda estera è visibile anche negli andamenti della produzione in Germania, un sistema industriale con un forte livello di integrazione con quello italiano; per i problemi di domanda interna basta considerare il calo del potere d’acquisto degli stipendi negli ultimi anni per capire le ragioni del rallentamento. La crescita in Lombardia si è sostenuta principalmente attraverso turismo e servizi. L’indagine periodica della Banca d’Italia ha rilevato un calo del fatturato nei primi nove mesi dell’anno e le imprese prevedono per i prossimi sei mesi una stabilizzazione delle vendite. Risulta confermata la diminuzione della spesa per investimenti nel 2024 e il calo si estenderebbe al 2025.

Le osservazioni di Banca d’Italia hanno fatto sbottare i vertici politici della Lombardia: se non è più la locomotiva del Paese, chi è allora che traina? Legittima reazione d’orgoglio, ma la risposta è: nessun altro. E questo è un problema che riguarda tutto il Paese; alla vigilia di una manovra finanziaria prodotta in condizioni di ristrettezza, gli strumenti di politica industriale sono molto meno potenti dei problemi presenti.

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