Ben 11,7 milioni di italiani non si sono mai iscritti alla scuola secondaria superiore, altri quasi 4 milioni si sono fermati “a metà strada” nel loro percorso di istruzione senza conseguire un diploma di scuola secondaria di secondo grado. In questo gruppo prevale abbastanza nettamente la componente maschile (il 62%) rispetto al “fu” gentil sesso (le donne rappresentano solo il 38%).
A fronte, poi, di quasi 11 milioni di cittadini che hanno raggiunto l’agognato diploma, e che non hanno proseguito gli studi, esistono, inoltre, 5 milioni di diplomati che si sono iscritti a percorsi universitari senza, tuttavia, portarli a termine, con un dispendio di tempo e di risorse assai significativo per i ragazzi, le famiglie ma, anche, il sistema Paese.
Un recente rapporto Inapp, in questo quadro abbastanza desolante, sottolinea, inoltre, come ancora oggi il 41% della popolazione tra 18 e 74 anni ha al massimo la licenza media (17,7 milioni di persone) e i diplomati sono la maggioranza potremmo dire “silenziosa” con il 42%, pari a 17,9 milioni di persone.
La percentuale, infatti, di popolazione con titolo di studio più elevato è composta da soli 6,1 milioni di laureati (14%) e 1,3 milioni di persone con master e dottorati di ricerca (il 3%). Un target, in questo caso, decisamente “rosa” dal momento che, complessivamente, le donne continuano ad avere livelli d’istruzione più elevati rispetto ai concittadini uomini.
In questa prospettiva è poco incoraggiante scoprire che anche la partecipazione ad attività formative coinvolge solamente circa il 19% del totale delle persone tra i 18 e i 74 anni. Per assurdo, peraltro, la formazione interessa meno, anche probabilmente per la diversa disponibilità economica, chi non ha un lavoro rispetto a chi lavora, in controtendenza con il resto d’Europa. Meno di 12 persone in cerca di un lavoro su 100 hanno seguito uno o più corsi di formazione e solo il 4,5% degli inattivi.
Allo stesso tempo la partecipazione ad attività formative di chi già ha un lavoro è addirittura superiore al 17% con tassi molto simili tra donne e uomini. La partecipazione a percorsi a vari titoli formativi è, quindi, più alta nelle classi d’età più mature e aumenta al crescere del titolo di studio. Si pensi che ben il 45% dei laureati ha partecipato ad almeno una attività formativa nell’ultimo anno. Oltre al titolo di studio di partenza i tassi di partecipazione a momenti formativi, evidenziano ancora i ricercatori Inapp, cresce all’aumentare della dimensione d’impresa in cui si lavora ed è particolarmente elevata per il settore servizi (38%), plausibilmente per la costante necessità d’innovazione richiesta dalle aziende che operano in questo macro settore.
Cambiare questa situazione dovrebbe essere, quindi, una priorità condivisa per tutto il Paese e per tutta la politica sia quella “patriottica” di Governo che quella “antagonista” che mette al centro della sua azione il grande tema delle disuguaglianze, tra cui spicca, ahimè, quella educativa.
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