L’Istat, il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, l’Inps, l’Inail e l’Anpal hanno pubblicato il 22 marzo 2022 la Nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione relativa al quarto trimestre 2021.
La nota presenta dati Istat già pubblicati e commentati su queste pagine che provengono dalle rilevazioni sulle forze lavoro e da altre rilevazioni su retribuzioni e posizioni lavorative che contribuiscono alla costruzione della contabilità nazionale. Del quarto trimestre 2021 abbiamo già scritto: emerge una crescita netta rispetto all’anno precedente e un rallentamento a fine anno. Nessuna sorpresa dal lato del mercato del lavoro, ma le preoccupazioni di oggi vanno ad altro: inflazione e guerra stanno imponendo riduzioni nei salari reali e aspettative di impatto negativo su tutti i mercati e su tutti i comparti occupazionali collegati. Questo nella nota, che si ferma a fine anno, naturalmente non c’è e non poteva esserci.
Lasciando il porto sicuro delle rilevazioni Istat per addentrarsi nell’analisi delle fonti amministrative si aggiungono dettagli su alcuni aspetti di funzionamento dei settori economici, ma non si aggiunge molta chiarezza. I redattori fanno il lodevole sforzo di spiegare che tutto sommato le fonti danno indicazioni simili, ma più spiegano che sono simili, più evidenziano differenze che faticano a ricomporre in una lettura unitaria dei fenomeni di mercato.
Valga come esempio la lettura che la nota fa dei contratti a tempo determinato. Per motivi di semplicità e tempestività si parte dalle comunicazioni inviate dai datori di lavoro a inizio contratto, che nei contratti a tempo determinato includono anche la durata prevista. Si fa anche notare, a piè di pagina, che le durate previste non sono quelle effettive, perché ci sono contratti che finiscono prima e contratti che vengono prorogati. La prudenza nel commentare il dato, che è un dato di pianificazione, resta limitata alla nota di piè pagina. Il testo evidenzia che i contratti a tempo determinato brevi (fino a sei mesi) sono al 68% e che quelli da un anno in su si fermano allo 0,9%, con un aumento notevole dei contratti brevi rispetto all’anno precedente.
I contratti brevi sono prevalenti in settori come alberghi e ristorazione e nelle attività di comunicazione (settore a cui appartengono anche le produzioni radiotelevisive, dove spesso il personale viene assunto solo per i giorni di ripresa). Se, come pare, c’è stata una riduzione della durata prevista dei contratti a tempo determinato possiamo solo concludere che in determinati settori la pandemia ha limitato la capacità di programmazione e spinto i datori di lavoro a usare una forma di flessibilità che il sistema contrattuale prevede. Con inflazione e guerra non possiamo aspettarci miglioramenti nei prossimi mesi.
Restano aperte molte altre domande, ne pongo due:
– quanto durano i contratti veramente, anche quelli a tempo indeterminato?
– quante persone vivono in una condizione di alta variabilità contrattuale? quanti passano la loro carriera a forza di contratti giornalieri o da una forma a termine a un’altra forma a termine?
Anche se la nota conta i lavoratori quando parla di somministrazione, sarebbe importante capire non solo la durata dei contratti per forma giuridica, ma anche quanto lavorano le singole persone, come individuiamo le carriere a parabola discendente, quali sono le caratteristiche individuali che rendono più probabile una carriera che paga poco e ti marginalizza sul mercato.
Queste valutazioni sono importanti per due grandi motivi:
– chi lavora a singhiozzo fatica a contribuire alla sostenibilità dei sistemi di welfare ovvero, dicendola bruscamente, difficilmente si pagherà una pensione decente e dovrà pensarci la fiscalità generale;
– sempre chi lavora a singhiozzo farà fatica a programmare qualsiasi aspetto della sua vita, non solo professionale, ma familiare; difficilmente si comprerà una casa (nessuna banca lo valuterebbe bene), farà figli tardi, consumerà poco, ecc.
Gli enti che cooperano alla redazione della nota riportano nelle appendici i loro progressi metodologici. Questi progressi ci fanno sperare in una possibile risposta sistematica e chiara alle urgenti domande che si pongono. Speriamo in un’accelerazione del lavoro congiunto, in vista dell’attuazione del Pnrr.
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