Sono tante le evidenze che mettono in luce come nel nostro Paese il tema donne e lavoro sia ancora un tabù. Secondo l’Istat, nel 2022 il tasso di occupazione femminile (15-64 anni) era intorno al 51%, ben distante da quello maschile vicino al 70%. Ma è il confronto con l’Europa che rende il quadro ancora più drammatico. L’Italia è infatti agli ultimi posti con il 51,1% delle donne che lavorano, lontano dalla media comunitaria al 64,9% e davanti soltanto a Grecia e Montenegro (dati Eurostat).
Preoccupante è anche il forte divario tra le donne e gli uomini che non lavorano e non sono alla ricerca di un’occupazione, con un tasso di inattività al 43,6% per le prime e al 25,4% per i secondi. È sì vero che dal 2012 a oggi le quote delle donne inattive hanno conosciuto un progressivo calo, mentre sono cresciuti i numeri dell’occupazione femminile. Tuttavia, la situazione italiana nel contesto europeo rappresenta un monito costante di come ci sia ancora tanto da fare e di come la “questione donne e lavoro” sia ancora lontana dall’essere risolta.
Di questa vicenda le fasce più giovani sono drammaticamente protagoniste. Alcuni dati sui Neet (15-29 anni), giovani che non studiano e non lavorano, mostrano come a livello europeo e nazionale vi sia una percentuale maggiore di donne al di fuori della forza lavoro (non cercano attivamente lavoro) rispetto agli uomini della stessa età e condizione. In Europa la quota Neet inattivi è del 5,7% per i maschi e del 9,2% per le femmine, mentre in Italia il confronto è pari rispettivamente al 10,8% e al 14,6%. Una differenza di genere che può essere attribuita, almeno in parte, alle strutture familiari e al fatto che le giovani donne si dedicano maggiormente alla cura dei figli o degli altri membri della famiglia.
A questo proposito, spesso il crocevia per le donne è quello della scelta (anacronistica) tra l’essere madri o l’essere lavoratrici. Secondo una recente ricerca di Save the Children, nel 2021 il tasso di occupazione delle donne tra 25-54 anni senza figli era pari al 64,6%, ma la quota scendeva al 57,4% per coloro che avevano figli. Per gli uomini la tendenza è invece all’inverso, coloro che non hanno figli hanno un tasso di occupazione inferiore rispetto agli uomini con figli. Come ripreso da alcune analisi, il tasso di occupazione delle donne tra 25-34 anni con un figlio si attesta al 49,9%, mentre diminuisce al 21,5% per quelle con tre figli. Una cartina tornasole di come nel nostro Paese l’avere una famiglia abbia un effetto non trascurabile sulla partecipazione della donna al mercato del lavoro per via dei carichi delle attività domestiche e di cura che spesso comportano rinunce professionali.
Di fronte a questa ricostruzione emerge quindi come l’urgenza italiana sia quella di eliminare le barriere che impediscono un accesso libero delle donne al mercato del lavoro e di garantire un’adeguata conciliazione vita-lavoro attraverso l’utilizzo di strumenti di welfare che permettano di garantire, sia alle donne che agli uomini, equilibrio, flessibilità e condivisione nella gestione dei carichi familiari e di cura. Tuttavia, è anche vero che alle donne è molto spesso richiesto di scegliere fin da subito se dedicarsi alla carriera o alla famiglia rischiando quindi di compromettere il proprio percorso professionale già nelle fasi iniziali.
È quindi lampante l’importanza di costruire una rete di servizi che rispondano ai bisogni primari di una famiglia come gli asili nido, i trasporti e i servizi educativi che permettano alle persone di sentirsi accompagnate e supportate nella possibilità di mettere su famiglia e di accedere ai servizi essenziali che permettono di conciliare il tutto con la vita lavorativa. Si tratta di un aspetto centrale non solo per quanto riguarda la possibilità di garantire alle persone di realizzarsi a livello personale e professionale, ma anche per tenere viva una società altrimenti destinata alla scomparsa demografica e per uscire da un’impostazione culturale che vede la donna come l’unica titolare della cura della famiglia e delle attività domestiche.
Non vi è dubbio che la partita del Pnrr rappresenta non soltanto l’opportunità di rimettere in piedi le macerie lasciate dalla pandemia, ma anche quella di delineare un futuro diverso per il lavoro delle donne e di tutti. Una sfida non certo facile, ma che merita di essere colta e approfondita, come faremo nell’ambito del talk della Fondazione Sussidiarietà “Generazione lavoro… ma le donne no” (ore 17.00, Sala Conai A2) dove interverranno Ana Mendes Godinho, ministro del Lavoro, della Solidarietà e della Previdenza Sociale del Portogallo, Daniela Fumarola, Segretaria confederale Cisl, Emmanuele Massagli, Presidente Aiwa con la conduzione di Enrico Castelli e Irene Elisei.
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