Giovedì scorso, Unioncamere ha pubblicato i dati previsionali sulle entrate di personale nelle aziende italiane previste per il periodo giugno-agosto.
La previsione, che si basa su un’indagine che coinvolge annualmente 100.000 imprese e su fonti di natura amministrativa, è decisamente influenzata dall’apertura della stagione turistica estiva. Il settore dei servizi prevede un milione di entrate nelle posizioni lavorative disponibili nel periodo giugno-agosto, delle quali 340.000 sono previste per il settore dei servizi turistici (123.570 solo per le attività di ristorazione). Si tratta di un aumento dell’11% circa rispetto al 2021. Le entrate programmate per il solo mese di giugno sono 428.050.
Segni invertiti per manifatturiero e costruzioni, dove le entrate programmate sono 328.150, circa il -13% rispetto al 2021. Per il mese di giugno la variazione complessiva è pressoché stazionaria (-0,2 % rispetto al 2021), ma la previsione per luglio-agosto dovrebbe consentire di chiudere il periodo in crescita rispetto al 2021.
Le differenze settoriali si ripercuotono sui territori che hanno specializzazioni diverse. Per giugno le previsioni di Piemonte, Lombardia e Veneto nel complesso sono in ribasso rispetto al 2021, così come in ribasso sono le previsioni di Lazio e Campania; saldi positivi, invece, per Liguria, Emilia-Romagna e Trentino Alto-Adige, come positive sono le previsioni per la Puglia e le Isole.
Tutti al mare (o in montagna) quindi? Probabilmente sì, chi per fare il turista, chi per servire i turisti. L’uscita dalle restrizioni Covid, il timore di una sua ripresa nell’autunno, gli sviluppi delle tensioni internazionali sul fronte della guerra e dell’inflazione spingeranno molti a godersi qualche momento di spensieratezza in più durante l’estate dentro i confini del Paese: del doman non v’è certezza!
Rimandati i problemi del manifatturiero a settembre, i problemi del mercato del lavoro nel settore dei servizi restano comunque gravi, e la previsione potrebbe restare solo parzialmente realizzabile.
La domanda di lavoro generata da un’estate col pienone troverà risposta in un mercato del lavoro che conosce una restrizione della sua base demografica e un atteggiamento diverso dei lavoratori di fronte al lavoro temporaneo?
Giancarlo Sangalli all’assemblea Confcommercio ha dichiarato che “prima di questa crisi, il terziario di mercato, cioè le nostre imprese, anche nei periodi difficili per l’economia, riusciva a riassorbire e compensare gli effetti negativi, soprattutto sotto il profilo dell’occupazione. Oggi, invece, i servizi hanno lasciato sul campo della pandemia 930mila unità di lavoro rispetto al 2019.”. Il milione di entrate previste è in grado di riequilibrare il conto stimato dai leader del settore?
L’indagine non dà risposte dirette, ma alcuni elementi di riflessione ci sono. Prima di tutto possiamo guardare quali contratti verranno proposti; il tempo determinato in oltre il 60% dei casi; i contratti a tempo indeterminato raggiungono il 14,2%, seguono i contratti di somministrazione (9,6%), quelli di apprendistato (5%) e le altre tipologie contrattuali (11%). Poche dunque le proposte con prospettiva di carriera duratura.
Mettiamoci anche, solo come spunto di riflessione, che la retribuzione lorda oraria per ora lavorata nel settore della ristorazione nel 2019 era sotto i 10 euro per il 50% dei dipendenti, mentre era sotto i 10,95 euro per i servizi alberghieri e di alloggio (fonte Istat). Si tratta di livelli più bassi della mediana di 11,40 euro per il totale dei dipendenti del settore privato, anche se significativamente più alti del Reddito di cittadinanza.
Possiamo anche guardare alle difficoltà di reperimento delle professioni dichiarate dalle imprese. Anche se gli imprenditori dei servizi hanno riempito di recente le pagine dei giornali lamentando le loro difficoltà di reclutamento, le professioni che risultano affette da alti tassi di mismatch riguardano gli specialisti in scienze della vita (il 76,1% è di difficile reperimento), gli specialisti in scienze matematiche, informatiche e scientifiche (55,2%), i tecnici informatici, telematici e delle telecomunicazioni (58,9%), i tecnici della salute (57,1%) e i tecnici in campo ingegneristico (56,0%). Tra gli operai specializzati spiccano i valori di difficoltà di reperimento per fonditori e saldatori (67,0%), fabbri ferrai e costruttori di utensili (63,1%), operai addetti alle rifiniture delle costruzioni (62,9%) e meccanici artigianali, montatori, riparatori e manutentori di macchine fisse e mobili (62,1%). Insomma, molte professioni tecniche, poche dei servizi, eccezion fatta per i tecnici della gestione dei processi produttivi di beni e servizi (64,2%) dove troviamo principalmente figure di coordinamento.
Sembra che nelle dichiarazioni dei datori di lavoro che non si rivolgono ai giornali i problemi più gravi di ricerca siano nelle professioni che richiedono molto studio o molta esperienza maturata nell’ambito di attività produttive che richiedono abilità tecniche e artigianali molto specializzate.
Tuttavia, la domanda nei servizi turistici è alta, come abbiamo visto. La difficoltà di reperimento fra il 30% e il 40% anche se non raggiunge la vetta delle classifiche finisce per riguardare decine di migliaia di posizioni lavorative e migliaia di imprese, che se non troveranno persone disponibili a lavorare nel settore perderanno fatturato.
Fra difficoltà di reperimento, livelli salariali e contratti proposti ci sono motivi per ritenere che l’estate potrebbe essere molto calda e non priva di tensioni sul mercato del lavoro legato alla stagione estiva, e che l’attenzione mediatica sul problema potrebbe mantenersi alta. Fra qualche mese potremo tirare le somme.
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