I giorni delle festività natalizie rappresentano, tradizionalmente, l’occasione per fare il punto sull’anno che si sta concludendo e per immaginare, e programmare, il da farsi in quello che verrà. Questo vale per tutti noi, le nostre famiglie, le imprese e tutte le varie forme organizzazioni sociali e politiche. Questo dovrebbe valere, ad esempio, anche per le nostre istituzioni.



Ciò premesso, e proprio in questa prospettiva, è utile leggere il recente rapporto dell’Unione europea sulle dinamiche del nostro mercato del lavoro continentale e, in particolare, di quelle che interessano gli sviluppi delle nostre retribuzioni.

Emerge, così, come, negli ultimi anni, abbiamo assistito a un mercato del lavoro europeo notevolmente resiliente, con un tasso di disoccupazione ai minimi storici e una forte crescita dell’occupazione, nonostante un contesto economico generale difficile e tensioni geopolitiche sempre più intense. Più di recente, questa performance del mercato del lavoro si è tradotta anche in sviluppi salariali favorevoli, con aumenti graduali dei salari reali verso la fine del 2023. Ciò ha consentito alle famiglie di recuperare almeno parte delle perdite di potere d’acquisto subite negli anni precedenti dovute alle crisi legate, principalmente, al Covid-19.



Persistono, tuttavia, quattro sfide cruciali che potrebbero minare i mercati del lavoro europei nei prossimi anni.

In primo luogo, la carenza di manodopera e competenze rimane critica, in particolare nei settori che sono fondamentali per le transizioni verde e digitale, ma anche nell’istruzione, nell’assistenza, nell’edilizia e nei trasporti.

In secondo luogo, i salari reali non sono ancora tornati ai livelli del 2019 e molte famiglie a basso e medio reddito risentono ancora degli effetti della crisi del costo della vita.

In terzo luogo, la debolezza di lunga data nella crescita della produttività, nell’innovazione e negli investimenti limita lo spazio di crescita dei salari e potrebbe ostacolare la creazione di posti di lavoro futuri, come sottolineato anche nel recente Rapporto Draghi.



In quarto luogo, negli ultimi due decenni si è assistito a un calo nominale della quota di reddito nazionale assegnata ai lavoratori dipendenti come retribuzione. Ciò solleva quindi interrogativi su come garantire un’equa ripartizione del peso delle sfide sociali tra aziende e lavoratori.

Servirebbe, insomma, sottolinea anche il report europeo, una nuova strategia industriale per rilanciare la crescita della produttività  che miri, allo stesso tempo, a promuovere l’innovazione, a mobilitare investimenti pubblici e privati e a rimuovere le troppe barriere amministrative/burocratiche.

Se, probabilmente, su questa analisi, c’è un’ampia condivisione, le divergenze nascono su come affrontare le sfide che questa lettura del mondo presuppone. Trovare una soluzione seria e sostenibile è, in definitiva, il compito per le “vacanze” assegnato ai vari Governi europei.

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