Nel corso della ripresa delle attività dopo la pesante sospensione di primavera si sono manifestate difficoltà di relazione tra le imprese che operano nell’edilizia e gli uffici della Pubblica amministrazione, criticità che potrebbero acuirsi nel light lockdown autunnale, complici il distanziamento sociale, i limiti agli orari di apertura al pubblico e lo smart working, reso meno efficace dalla scarsa digitalizzazione e da carenze nella riorganizzazione dei flussi informativi (telefono, e-mail, ecc.).



La difficoltà di espletare le pratiche burocratiche rischia di ritardare la ripresa, dopo una crisi che ha colpito un’ampia platea di imprese: nei settori dell’edilizia, installazione di impianti, immobiliare e studi professionali di architettura e ingegneria, operano 921 mila micro e piccole imprese, che danno lavoro a 1 milione e 675 mila addetti, il 90,2% dell’occupazione dell’intero comparto. La crisi Covid-19 ha appesantito i conti economici delle imprese: nei primi otto mesi del 2020 la produzione delle costruzioni in Italia è scesa del 14,3%, calo più ampio di oltre sei punti rispetto al -8,1% della media dell’Eurozona: in controvalore si tratta di una perdita di produzione di 16 miliardi di euro, di cui tre quarti (76,4%), pari a 12,2 miliardi, persi dalle micro e piccole imprese.



Secondo una rilevazione su oltre 3 mila micro e piccole imprese (MPI) realizzata in collaborazione con Osservatorio MPI di Confartigianato Lombardia, il 33,1% delle imprese delle costruzioni che hanno provato ad accedere agli uffici della Pubblica amministrazione nel corso della crisi, ha segnalato un grado di complessità non sostenibile per l’accesso agli sportelli degli enti pubblici, a cui si somma un ulteriore 35,4% di imprese che ha rilevato una elevata complessità; le condizioni di insostenibilità per le imprese dell’edilizia e dell’impiantistica superano di sette punti la quota rilevata nella media delle imprese (26,1%).



La recessione conseguente alla pandemia aggrava le condizioni, già difficili, di rapporto tra imprese e Pubblica amministrazione. L’analisi dei risultati della rilevazione Eurobarometro della Commissione europea, condotta tra settembre e ottobre 2019, evidenzia che la complessità delle procedure amministrative è un problema per l’azienda per l’86% degli imprenditori italiani, quota superiore di quasi venti punti rispetto al 68% della media Eurozona e distante dal 62% dell’Ue.

Le difficoltà di relazione con gli uffici pubblici, acuite nel corso della crisi da coronavirus, sono aggravate da una bassa efficacia dell’interazione digitale con la Pubblica amministrazione: nel 2019 la quota di cittadini italiani che interagiscono con la Pubblica amministrazione spedendo moduli compilati on line è pari al 14,1%, più che dimezzato rispetto al 37,6% della media dei Paesi dell’Unione europea.

Molti servizi pubblici, essenziali per l’attività economica nell’edilizia, sono in capo alle Amministrazioni comunali. Solo il 15% dei comuni italiani prevede l’avvio e la conclusione per via telematica dell’intero iter relativo ai permessi di costruire: mancano all’appello della completa gestione on line di questo importante servizio ben 6.760 comuni italiani. Il 48,7% delle MPI delle costruzioni intervistate nella survey di Confartigianato ha segnalato un’alta criticità (un grado di complessità elevato o insostenibile) anche nell’accesso ai servizi web degli enti pubblici.

Il ritardo digitale e una carente riorganizzazione dei flussi telefonici e di e-mail può rendere meno efficace la modalità di lavoro agile e allungare i tempi per le pratiche, peggiorando una situazione già critica nel nostro Paese. Secondo la classifica di Doing Business 2020 della Banca Mondiale, l’Italia è al 97° posto nel mondo e al 20° tra i 27 paesi dell’Unione europea per l’ottenimento dei permessi edilizi, procedimento che nel nostro Paese è più lungo e più costoso: i tempi per le 14 procedure connesse con le licenze edilizie sono di 190 giorni, 26 giorni in più rispetto ai 164 rilevati della media dei paesi dell’Unione europea, mentre il costo in Italia è del 3,4% dell’investimento immobiliare, un punto in più del 2,4% della media dell’Unione a 27.

La ripresa dell’economia italiana deve essere sorretta da un elevato tasso di crescita, tale da ridurre il rischio di una crisi del debito conseguente allo shock fiscale causato dalla pandemia. Appaiono prioritari gli interventi che sostengono gli investimenti, la componente della domanda aggregata che, grazie ai più elevati moltiplicatori fiscali, può accelerare la crescita del Pil. Un maggior tasso di sviluppo può scaturire, inoltre, dal dinamismo della produttività delle imprese, che va sostenuto da servizi pubblici più efficienti, mediante investimenti pubblici finalizzati alla digitalizzazione delle Amministrazioni pubbliche e alla relativa formazione. Vanno resi concreti, e rapidamente realizzati, gli interventi per raggiungere uno degli obiettivi della politica di bilancio per il 2021-2023 finanziabili tramite il Next Generation Eu – la digitalizzazione dei servizi pubblici, come dichiarato nel Documento programmatico di bilancio per il 2020 che il Governo ha inviato lo scorso 19 ottobre alla Commissione europea, all’Eurogruppo e al Parlamento italiano. Per verificarne l’attuazione dobbiamo attendere il deposito in Parlamento del disegno di legge di bilancio, varato “salvo intese” ormai oltre quindici giorni fa.