“Fai una domanda in tedesco e ti rispondono in siciliano”. Così nel ’79 Lucio Dalla dipingeva il melting pot di Milano nel brano che s’intitola come la città ritenuta la più cosmopolita d’Italia. In questa bella estate, però, alla domanda in tedesco forse si otterrebbe una risposta in francese o inglese, vista la massiccia presenza straniera nelle nostre città, Milano compresa, disertata dagli autoctoni e invasa dai turisti stranieri. E non potrebbe sfuggire il fatto che il primato milanese di “foresteria d’Italia” è seriamente compromesso da Roma, Venezia, Firenze e tutte le altre città (per non dire delle località turistiche), tutte grandemente affollate da vacanzieri d’Oltralpe e oltreoceano. 



In quest’ultimo scampolo di agosto si comincia a tirare una riga ed elaborare i primi bilanci, che stanno confermando tute le aspettative più rosee azzardate a inizio stagione. È stata (è ancora) un’estate da record, anche e soprattutto per il great return of foreigners, il grande ritorno degli stranieri che in molti, all’estero, ci invidiano, frutto della rivincita di coloro che per un paio d’anni erano rimasti bloccati dalla pandemia, della scomparsa quasi totale delle relative restrizioni, della mai affievolita voglia d’Italia che all’estero alimenta sogni e progetti. Non c’è inflazione, non c’è caro-spesa e caro-bollette schizzato in alto, non c’è timore per la guerra in Ucraina: sono tutti freni che non hanno tenuto a casa i turisti, fenomeno che sta generando un effetto traino per la nostra economia e il nostro Pil. Bisognerà semmai verificare post-estate se questo volano è stato solo uno spunto puntuale o se saprà tramutarsi in una certa stabilità positiva.



Nel frattempo, Confcommercio conferma che gli arrivi dall’estero più consistenti sono stati quelli dei turisti americani, spinti anche dal cambio favorevole dollaro-euro: nel 2019 i vacanzieri statunitensi in Italia furono 4,4 milioni tra luglio e settembre. Nello stesso periodo di quest’anno i numeri alla fine saranno simili, ma con una spesa complessiva sui 2,1 miliardi di euro, il 20% più di quella registrata tre anni fa. 

Americani a parte, per i turisti europei che hanno scelto l’Italia il quadro è variegato. I tedeschi ad esempio sarebbero potuti essere molti di più, ma il caos negli aeroporti di casa loro (mancanza di personale licenziato dalle compagnie durante il lockdown, scioperi continui, voli cancellati) ha fatto da deterrente. Meglio, molto meglio gli spagnoli, che tra maggio e agosto sono arrivati in massa, almeno in un milione, come nel 2019. Bene anche francesi e inglesi. Questi ultimi sono arrivati in circa due milioni, ma la Brexit sta incidendo non poco sulle loro abitudini: pre-pandemia facevano registrare circa 60 milioni di ingressi nell’Ue all’anno (con preferenze per Spagna, Grecia e Italia). Adesso però gli inglesi possono viaggiare in Europa senza un visto per un massimo di 90 giorni nell’arco di 180, sempre con passaporto, e subendo nuovi controlli, con relative, lunghissime file negli aeroporti o ai porti.



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