“Il settore turistico e alberghiero in particolare ha davanti a sé importanti possibilità di crescita. L’Italia si conferma una superpotenza del turismo a livello globale. Come imprenditori abbiamo fatto molto in questi anni e certamente continueremo a fare la nostra parte. Quello di cui abbiamo bisogno è una visione, e politiche di settore che accompagnino la crescita e il cambiamento. Solo cosi il nostro settore potrà dare il suo contributo alla crescita del Paese”. Sono le parole che Maria Carmela Colaiacovo, presidente di Associazione Italiana Confindustria Alberghi, ha pronunciato in apertura dell’assemblea generale svoltasi l’altro giorno a Roma nella sede del Cnel (a Villa Lubin, nel parco di villa Borghese).
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha confermato il ruolo del settore alberghiero come vetrina e volano del made in Italy, e il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha ricordato le trasformazioni che sta affrontando il mondo delle imprese con la nuova rivoluzione industriale, la necessità che il governo sostenga gli investimenti, le opportunità derivanti dal Pnrr e la necessità di politiche industriali ad hoc per il settore alberghiero. “Se in questa nazione il turismo sta andando meglio – ha aggiunto il ministro al Turismo, Daniela Santanchè -, il merito non è stato della politica, è stato vostro che avete saputo creare ricchezza, posti di lavoro, avete contribuito a rendere migliore l’immagine dell’Italia nel mondo. Se oggi c’è tanta voglia di Italia, se oggi quando andiamo in giro all’estero tutti ci guardano con meraviglia e ammirazione per la nostra ospitalità, i nostri prodotti, la nostra cultura, è perché ci siete voi”. “Il turismo – ha aggiunto Renato Brunetta, presidente Cnel – è un comparto che merita un impegno diffuso e continuativo per favorire la creazione di occasioni di sviluppo, di rilancio e di rafforzamento”.
Punto centrale dell’assemblea sono stati i risultati di un’analisi condotta dal Centro Studi Confindustria, diretto da Alessandro Fontana: “Scenario macroeconomico, contributo del turismo e del settore alberghiero”. Un lavoro che ha portato a una conclusione fondamentale: il turismo non è un’industria ancillare, ma è “cruciale per l’economia italiana”. Il tutto mentre il Pil italiano è rimasto fermo nel terzo trimestre del 2023, dopo un andamento in altalena nella prima metà dell’anno (+0,6% e -0,4%). La dinamica nel quarto trimestre risulterà anch’essa molto debole. La variazione di +0,7% prevista per l’intero 2023 era stata già pienamente raggiunta a metà anno. Nel 2024, la crescita media sarà ancora più bassa, al +0,5%, sebbene sia atteso un profilo trimestrale di progressiva ripresa.
Lo studio. L’Italia è tra i primi Paesi al mondo per presenze turistiche e numero di siti Unesco. La spesa turistica in Italia (di italiani e stranieri) nel 2022 è stata pari a circa 100 miliardi; nel 2023 arriverà a 155,2 miliardi. Cento miliardi di spesa generano 255 miliardi in termini di Pil (2,5 il moltiplicatore); il 15% nei settori dell’alloggio e della ristorazione, il 13% nell’industria. Il peso diretto e indiretto del turismo in Italia è circa l’11% del valore aggiunto e il 12% degli occupati, circa 3 milioni. A settembre 2023 è proseguita l’espansione del turismo: +11,8% sul 2022 la spesa degli stranieri in Italia. Superati i livelli pre-pandemia (+24,5% sul 2019, record a luglio) solo in parte per l’aumento dei prezzi (circa +6,0% nel 2023). A fine 2023 gli introiti dal turismo straniero supereranno i 50 miliardi. Nel 2022 gli arrivi turistici in Italia erano stati 118 milioni, di cui 55 milioni di stranieri (47%), poco sotto i valori pre-pandemia.
I fatturati. Quello dei servizi di alloggio è migliore del totale servizi. Già sopra al pre-pandemia nel 2022, quest’anno (a prezzi correnti): +30,8% nel secondo trimestre 2023 rispetto allo stesso periodo del 2019; +22,4% rispetto al 2022. Una crescita solo in parte dovuta all’aumento dei prezzi: indice Nic servizi di alloggio +12,2% annuo a ottobre 2023. È tornato l’ottimismo tra le imprese del settore dell’ospitalità: secondo il Barometro di Booking, il 41% degli albergatori prevede che il 2023 sarà l’anno con il fatturato più alto di sempre. L’utilizzazione dei letti negli esercizi alberghieri ormai è ai livelli pre-pandemia: 48,3% nel 2022 rispetto a 49% nel 2019. Il numero degli esercizi alberghieri nel 2022 è in consolidamento (32.425 unità); forte upgrading: più alberghi a 5 stelle e di lusso (+57,3% nell’ultimo decennio) e 4 stelle (+18,2%) in risposta al trend globale di maggiore domanda del turismo di lusso.
Consumi. I consumi delle famiglie sono finanziati dal risparmio; la risalita della propensione al risparmio ridurrà lo stimolo derivante dall’aumento del reddito (salari più alti, inflazione in diminuzione). Ricomposizione della spesa per effetto di dinamiche differenti dei prezzi relativi e del diverso ciclo: spingono i servizi, frenano i beni. Ciò influisce anche sull’attività industriale.
Investimenti. La dinamica degli investimenti in Italia è in forte ridimensionamento: -1,7% nel 2° trimestre, 0,0% tendenziale, soprattutto nelle costruzioni: costo del credito elevato; domanda estera e domestica scarsa; depotenziamento degli incentivi fiscali. Un contributo positivo può venire dall’utilizzo delle risorse del Pnrr. La NaDEF (nota di aggiornamento del documento di economia e finanza) sconta un rinvio parziale della spesa dal biennio 2023-2024 al biennio 2025-2026. Ipotizziamo quest’anno 10-15 mld e 20 mld il prossimo (1/3 e 1⁄2 di quanto previsto ad aprile nel DEF). Ma si registrano più investimenti nel settore alberghiero rispetto ai concorrenti europei: maggiore contributo alla crescita del Paese (stime di CBRE).
Export. Nel 2023 l’export di beni è stimato subire una battuta d’arresto (già -1,4% nei primi 9 mesi a prezzi costanti), piuttosto diffusa in termini di settori manifatturieri: deboli i principali mercati di destinazione; competitività di costo e prezzo sotto pressione (costi energia, CLUP). Continua la crescita dell’export di servizi (+9,2% nel 2023), che include il turismo. Nel 2023, il forte miglioramento delle ragioni di scambio ha riportato in positivo il saldo commerciale e di conseguenza anche quello delle partite correnti, nonostante il deficit nei servizi e nei redditi.
I rischi. Prezzo del Brent oltre 90 dollari in estate a causa di tagli all’estrazione di Arabia Saudita e Russia, poi sceso. Rischio di logiche decisionali politiche e non economiche. Prezzo del gas risalito a 50 euro/mwh in alcuni giorni di ottobre, picco da febbraio (poi moderazione a 43 in media a novembre). La guerra israelo-palestinese rischia di infiammare i prezzi, anche del gas, in caso di un allargamento ai paesi vicini. Se la Fed decidesse di alzare ancora i tassi per frenare l’inflazione, contando sulla resilienza dell’economia Usa, la Bce potrebbe seguirla per evitare impatti sull’euro.
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