In dieci anni, dal 2012 al 2022, le strutture ricettive alberghiere sono calate del 3,9%. Per contro, le strutture extralberghiere hanno segnato un +55,6%. È la grande impresa che viene erosa dall’iniziativa diffusa, che gode di normative meno stringenti, di inferiori necessità di forniture e personale, e di condizioni fiscali più convenienti, una sperequazione che magari produce reddito privato, ma che certamente non contribuisce più di tanto a creare risorse pubbliche, né a movimentare il mercato del lavoro. In tutt’Italia, si contano circa 600 mila abitazioni destinate ad affitti brevi. Una concorrenza che ha pesato soprattutto sulle piccole attività: in dieci anni hanno chiuso i battenti 2457 alberghi a 1 e 2 stelle.
Eppure, nonostante la concorrenza, l’accoglienza alberghiera resta ancora il fulcro dell’industria turistica italiana: nel 2022 gli alberghi italiani hanno registrato oltre 250 milioni di pernottamenti, il 61,3% del totale. Lo ha accertato un’analisi sul sistema ricettivo italiano condotto da CST per Assohotel di Confesercenti. È un risultato che conferma il ruolo insostituibile della rete degli hotel, malgrado la pervasività dei b&b o degli affitti brevi. “Ancora oggi il settore alberghiero italiano rappresenta uno dei sistemi di ospitalità più importante al mondo e il primo in Europa – commenta il presidente di Assohotel, Vittorio Messina – che non ha mai interrotto la trasformazione e la riqualificazione dell’offerta, dall’aumento della dimensione media delle strutture al passaggio a una categoria superiore, ma soprattutto con gli investimenti per l’ammodernamento strutturale e con l’innalzamento della qualità percepita dai propri ospiti. Per questo è necessario risolvere quanto prima lo squilibrio provocato dalla deregulation di fatto in cui si è sviluppato il mercato degli affitti brevi negli ultimi anni, che ha comportato forme di concorrenza sleale a tutto svantaggio delle attività imprenditoriali alberghiere”.
Posti letto. “Il settore alberghiero italiano – sostiene CST – è caratterizzato da una dimensione media di posti letto piuttosto contenuta, specialmente se confrontata con alcuni Paesi europei. Gli alberghi italiani registrano in media 69,1 posti letto per struttura nel 2022, seppur in crescita rispetto al 66,7 del 2012, a fronte dei 101 spagnoli, 170,6 portoghesi, 159 croati, 86 greci e 76,3 francesi. Invece, in termini di esercizi e numerosità di posti letto il primato spetta all’Italia, seguita da Germania e Spagna”. Interpretando i numeri, significa che abbiamo una moltitudine di strutture (per lo più a conduzione familiare) di piccole dimensioni, nonostante sia risaputo che proprio la dimensione dell’impresa crei o no la marginalità necessaria per affrontare il mercato. E, infatti, quei 2457 alberghi che hanno cessato l’attività erano proprio di piccole dimensioni e quasi tutti a gestione familiare.
Le stelle. Secondo i criteri di classificazione delle strutture alberghiere, in Italia la media delle stelle attribuite all’intero settore è di 3,4: è la Sardegna a conquistare il livello medio più elevato. Gli alberghi italiani sono infatti concentrati in prevalenza nella categoria intermedia dei 3 stelle (46% di esercizi), ai quali è riconducibile il 39,5% dei posti letto disponibili. Tuttavia, nel corso degli ultimi dieci anni si è registrato un aumento dell’incidenza degli alberghi di categorie superiori: in termini di strutture il peso dei 4 stelle è del 19,7%, quello dei 5 stelle è del 2%.
Gli hotel per area. Rispetto alla distribuzione territoriale degli hotel, nelle regioni del Nord Est si concentra circa il 41,2% delle imprese e il 35% dei posti letto dell’intero comparto; sono prevalentemente piccole/medie imprese con una dimensione media delle strutture di 58,8 posti letto, in assoluto il valore più basso rispetto a quanto rilevato per le altre aree geografiche dove la distribuzione degli hotel risulta abbastanza omogenea. Nelle regioni del Sud e Isole, invece, si registrano 6.951 strutture alberghiere, il 21,4% del totale, e la dimensione media in termini di posti letto sale invece a 92,6. Mentre, per quanto riguarda il rapporto letti/superfice territoriale, il dato medio è di 7 posti letto per chilometro quadrato. In questo caso la concentrazione maggiore si rileva per il Trentino-Alto Adige mentre quella minore risulta in Molise.
Gli stranieri in albergo. Negli ultimi dieci anni – considerando anche il periodo di stallo dei mercati dovuto alla pandemia -, la componente straniera ha ceduto il 5,8% degli arrivi e il 4,2% di presenze. In ogni caso, pur in presenza di alcuni condizionamenti negativi anche nel 2022, il peso dei turisti stranieri sul totale è stato del 46,5%. Un risultato positivo sia per gli effetti sulla bilancia dei pagamenti, sia perché si tratta di una componente della domanda turistica con una spesa media più elevata: le presenze straniere si sono concentrate maggiormente negli hotel a 4 e 3 stelle. Inoltre, le presenze straniere tendono a distribuirsi in periodi più lunghi, contribuendo così ad attenuare il fenomeno della stagionalità dei flussi turistici.
La spesa. A conferma della dinamicità di un settore che, nel corso degli anni, ha rimodulato continuamente il suo modello di offerta per riuscire a competere con le nuove proposte di ricettività che periodicamente si sono introdotte sul mercato, anche i dati di Banca d’Italia: nel 2022 la spesa dei turisti stranieri che hanno soggiornato in hotel è stata di 21,1 miliardi di euro, pari al 49,8% della spesa totale di tutti gli stranieri. Invece, se consideriamo solo la spesa sostenuta per il servizio di alloggio in hotel, il valore stimato da Banca d’Italia è di 10,1 miliardi di euro, cioè il 53% della spesa totale sostenuta per tutte le tipologie di alloggio. Per quanto riguarda, infine, il profilo di spesa per l’alloggio di chi sceglie l’hotel, si rilevano, in media, 91,4 euro per notte contro i 53,4 euro di spesa media riferita a tutti i servizi di alloggio.
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