L’overtourism è come la sicurezza: se ne parla per lo più basandosi sul percepito.

Sicurezza: malgrado in tante città i dati consuntivi forniti da Prefetture e Questure a fine anno dimostrino spesso un calo dei reati, la gente continua a lamentarne un peggioramento. Forse si pretende troppo, forse dipende dal fatto che magari sono cambiate le “qualità” dei reati stessi, meno rapine a mano armata, più furti stradali o domestici. La microcriminalità diffusa, insomma, spesso nemmeno denunciata e quindi sfuggente alle statistiche, crea disagi sociali e percezione, appunto, di insicurezza.



Overtourism: vale lo stesso discorso. Vedere tanti forestieri in strada, ai monumenti, ai musei, alle calamite culturali o tipicamente turistiche (che oggi sono gli scorci più instagrammabili) fa pensare automaticamente all’invasione barbarica. Percezione, quindi, una visione soggettiva, e quindi manipolabile da una parte e dall’altra, da chi si batte per il numero chiuso e da chi al contrario benedice i grandi flussi quali portatori di benessere economico.



I punti di equilibrio sono difficilmente raggiungibili: per la sicurezza, nonostante tutti i dati positivi che possono essere dimostrati, resta nei più il sentiment personale di ciascuno, inscalfibile da ogni statistica. Per il turismo, invece, adesso ci si può basare su un coefficiente scientifico: 0,75. Oltre questo valore la presenza turistica diventa oggettivamente di difficile sostenibilità. Il dato è ricavabile dall’insieme dell’indice di intensità (numero delle presenze turistiche in un giorno medio diviso per la popolazione locale) e dall’indice di estensione (numero delle presenze turistiche presenti in un giorno medio diviso per area totale della destinazione).



Lo ha stabilito un’equazione elaborata da Sociometrica (società di consulenza diretta da Antonio Preiti, con il contributo di Teamwork e Cherry Bank), in uno studio commissionato da Federalberghi Veneto. I dati sono presenze turistiche, numero di residenti ed estensione del comune considerato. Ne viene fuori il “tourism exposure”, l’esposizione al turismo (su scala da 0 a 1), che porta infine alla capacity exceeded, il “limite di carico” che se viene superato crolla la sostenibilità del sistema e si può parlare di overtourism.

Il “Rapporto sull’overtourism, focus sul Veneto”, prima ricerca scientifica del genere, è stato presentato nel convegno “Overtourism=Tourism Over? Tutti ne parlano ma pochi lo conoscono davvero”, in chiusura del Ttg a Rimini, e ha portato a definire, su 563 comuni veneti, 365 quali mète di visitatori (il 65% del totale) e 20 toccati dal sovraffollamento: Lazise, San Michele al Tagliamento, Cavallino Treporti, Caorle, Malcesine, Bardolino, Livinallongo, Selva di Cadore, Brenzone sul Garda, Garda, Peschiera, Jesolo, Rosolina, Cortina, Rocca Pietore, Torri del Benaco, Alleghe, San Zeno di Montagna, Falcade e Abano. Più le due principali città d’arte, Venezia e Verona, indagate nel perimetro dei centri storici: Venezia tocca quota 1 (overtourism certificato), con 5048 visitatori a chilometro quadrato e 76 ogni cento residenti. A Venezia ogni anno passano oltre 14 milioni di turisti, una media di 40 mila al giorno, in una città scesa sotto i 50 mila residenti. A Verona sono stati calcolati 38 turisti ogni cento abitanti, 48 ogni chilometro quadrato. A Lazise, sul Garda, sono 154 ogni cento residenti, il più elevato rapporto tra presenze turistiche e popolazione residente (1,5), vale a dire che i turisti in un giorno medio rappresentano il 150% della popolazione residente. Al secondo posto si colloca il comune di Cavallino-Treporti (1,4) seguito da San Michele al Tagliamento, con Bibione, (1,3). A Livinallongo sul Col di Lana, nel Bellunese, 79 turisti ogni 100 abitanti; a Jesolo 168 ogni chilometro quadrato e 57 ogni cento abitanti.

Ma attenzione: sono tutti dati stimati al ribasso, visto che le presenze turistiche sono state rilevate dalle statistiche ufficiali Istat, che si basano sui soggiorni nelle strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere, ma non comprendono gli affitti brevi. In un’elaborazione di Sociometrica che tiene conto anche di queste ultime modalità di soggiorno, esplose negli ultimi anni (su locazioni offerte on-line), si stima che ad esempio Lazise potrebbe passare dai 3,7 milioni di presenze ufficiali a quasi 3,9, Venezia da 11 a 14,4, San Michele al Tagliamento da 5,5 a 6,3 milioni.

In Veneto tra il 2014 e il 2022 i posti letto in hotel sono pressoché invariati (da 214.135 a 214.710) e le strutture passate da 3055 a 3146 (solo a Venezia si registra un più 10,6%). Ad aumentare invece sono le locazioni: 23.122 in regione, +13,4%, +27% a Verona. “Il sovraffollamento è direttamente collegato alla crescita degli affitti turistici – sostiene Preiti -, l’eccesso arriva da lì. E le misure studiate finora per arginare il fenomeno non sembrano potranno raggiungere risultati soddisfacenti: a Venezia si introduce il ticket d’accesso, ma 5 euro per chi arriva da lontano sono niente”. “Lo studio, comunque, non vuole essere strumento di battaglia contro gli affitti brevi in genere – ci dice Massimiliano Schiavon, presidente di Federalberghi Veneto -: sono in tanti, anche in questo segmento, ad operare in modo imprenditoriale e nel rispetto della legalità. E non bisogna nemmeno che passi il messaggio turista = problema. Ci mancherebbe, sarebbe un controsenso. Il vero problema è la nostra incapacità e la non volontà politica di gestire i flussi. Questa ricerca verte a darci un metodo ed un approccio analitico al problema: adesso questo lavoro è a disposizione di tutti, a partire dalle amministrazioni che, ci auguriamo, traggano vantaggio da una analisi finora mai fatta”.

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