In più occasioni, su queste pagine, s’era accertato il primato dell’industria del turismo sugli altri comparti della creazione valoriale italiana. Quel 13% di Pil accreditato alla catena produttiva del turismo sembra oggi già obsoleto e destinato a traguardi maggiori, e il primato si conferma anche rispetto al settore nazionale tradizionalmente più attivo, e additato quale record maker europeo: la manifattura. A valori proporzionalmente pesati, c’è un demarcatore che non può confondere, ed è il lavoro.
Un recente report combinato tra dati previdenziali e camerali ha dimostrato come il ranking delle attività che assumono di più vede al primo posto proprio il turismo. A seguire trasporti, logistica, costruzioni (legate all’andamento dei vari sostegni), servizi e manifattura. È questo il termometro ponderato della ripresa, che vede il turismo campione resiliente e volano del nuovo sprint: post lockdown gli addetti del settore sono aumentati del 19,8% e quasi 8 imprese su 10 del comparto crescono a doppia cifra. Per trasporti e logistica la crescita degli addetti (7,1%) è poco sopra le media, benino anche la grande distribuzione, per le costruzioni (vale l’effetto bonus, che ha motivato la nascita di molte imprese individuali) crescita all’8,8%. E la manifattura (che poggia sul 38,7% in termini di imprese) ferma la crescita al 2,8%.
Questi i dati a livello nazionale. Ma un focus centrato sul Veneto, la regione più turistica d’Italia, conferma il trend. Lo scorso ottobre il saldo tra assunzioni e cessazioni dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, a tempo determinato e di apprendistato è stato (come di consueto per il periodo) negativo per circa -22.000 posizioni, lievemente peggiore rispetto all’anno scorso anno (-20 mila). In calo anche le assunzioni, complessivamente 49.400 nel mese (-4%). Il bilancio occupazionale negativo è determinato prevalentemente dai contratti a tempo determinato (-26.003), mentre il tempo indeterminato continua a crescere e registra un saldo positivo per 4.794 contratti. L’incremento dell’occupazione stabile è trainato dalle trasformazioni, che a ottobre sono state 8.500, con un aumento del +26% rispetto all’anno prima, e che confermano la crescita già osservata nei mesi precedenti. Si tratta in parte dell’effetto della stabilizzazione di quel bacino occupazionale precario che è andato a ricostituirsi a seguito del crollo vissuto in periodo di pandemia.
A fronte del lieve peggioramento osservato nell’ultimo mese, l’andamento occupazionale dell’intero 2022 si conferma però positivo, sia sul fronte dei saldi che delle assunzioni. Il saldo dei primi dieci mesi dell’anno è positivo per +48.926 posizioni lavorative; le assunzioni, complessivamente 538.718, mostrano una crescita del +16% e volumi superiori anche a quelli del 2019 per tutte le categorie di lavoratori. Il 2022 è stato finora caratterizzato dai primi cinque mesi in cui è proseguito il rimbalzo iniziato nel 2021, per poi mostrare un lieve e progressivo ridimensionamento della domanda di lavoro, nonostante la dinamica estremamente positiva del settore turistico.
Le cessazioni di rapporti di lavoro ammontano complessivamente a 71.369 nel mese e 490 mila da inizio anno. La causa più comune di conclusione del rapporto di lavoro è la scadenza dei termini previsti dal contratto, che interessa circa la metà delle cessazioni, seguita dalle dimissioni (35%), in attenuazione nell’ultimo mese, e dai licenziamenti, che pesano appena per il 6% sul totale delle cessazioni. Quelli per motivi economici sono cresciuti del 63% rispetto al 2021, quando però ancora vigeva il divieto di licenziamento introdotto per attenuare le conseguenze occupazionali della pandemia.
Il saldo mensile, condizionato dalla ciclicità stagionale del mercato del lavoro, è negativo in quasi tutte le province, con l’eccezione di Padova (+802) e Vicenza (+52). Quello euganeo è anche l’unico territorio che a ottobre, oltre a un saldo positivo, riporta anche una stabilità delle assunzioni, mentre nelle altre aree il volume di nuovi contratti è risultato inferiore rispetto a un anno fa. Nell’arco dell’intero 2022, invece, l’andamento è positivo ovunque tranne che a Belluno (-2.809).
L’analisi settoriale rivela che i servizi registrano nell’anno 21.500 posizioni di lavoro in più e un aumento delle assunzioni pari al +22%, mentre il bilancio mensile è inferiore a quello degli anni precedenti. E a trainare il settore sono commercio e turismo (+35%). Continua invece, da oltre un anno, la flessione dell’agricoltura e la tenuta del manifatturiero veneto, in cui le posizioni lavorative, ridottesi in modo contenuto durante la pandemia, si sono poi ricostituite arrivando a un bilancio di +10.000 posti di lavoro.
Nel 2022 l’industria fa segnare un aumento della domanda di lavoro pari al +15%, con un saldo positivo per 19.700 posti, e ottobre conferma questa tendenza, seppure in misura più contenuta. La crescita è sostenuta dall’industria chimica, plastica e farmaceutica (+25%), metalmeccanica (+18%) e dal Made in Italy (+17%), mentre risulta più contenuta nelle costruzioni (+10%).
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