L’occupancy rate, da solo, non è un dato sufficiente per testare la salute di una struttura alberghiera. Se si aggiunge al tasso di occupazione-stanze anche il RevPAR (revenue per available room, ossia il fatturato generato per camera disponibile) si può però arrivare a un bilancio più significativo. Un quadro della situazione riferito allo scorso luglio arriva adesso dall’Italian hotel monitor appena pubblicato da Trademark Italia, la società di consulenza che fondò il primo osservatorio turistico italiano, specializzata in osservatori congiunturali di mercato e di area. Il sondaggio mensile di Trademark Italia viene effettuato dal 2000 su un panel di oltre 550 manager di strutture ricettive a 3, 4 e 5 stelle ad apertura annuale nelle 39 città italiane più significative per movimento commerciale e d’affari.



Il ranking. Qualche conferma, ma anche parecchie sorprese. Considerando la percentuale di RO (room occupation), la vetta vede al primo posto Rimini (90,4%), seguita da Pescara (83,7%), Roma (83,6%), Como (83,3%), Ravenna (81,8%) e Verona (80,4%). L’ordine cambia, però, se si considera la variazione del luglio 2023 sul luglio 2022. Qui le prime posizioni, in ordine decrescente, sono di Roma (+13,5%), Pisa (+6,5%), Ravenna (+5,1%), Ferrara (+4,5%), Udine (+4,2%), Messina (+3,4%). E altra classifica ancora se si considerano i prezzi (media-room hotel 4star): Firenze 195,57 euro, Venezia 191,54, Como 190,14, Roma 150,72, Milano 143,57, Genova 139,47, Napoli 133,65.



Interessanti anche le classifiche al contrario. Le RO più basse sono di Parma (57,6%), Reggio Emilia (58,5%) e Treviso (59,6%). Le tre peggiori variazioni di RO del luglio 2023 sul luglio 2022 sono di Genova (-6,6%), Bologna (-5,7%) e Pesaro (-4,1%).

Incrociando i dati, e conoscendo l’esatto monte camere disponibili per destinazione, si potrebbe arrivare a stabilire una marginalità media, che ovviamente subisce la sensibilità alle variazioni dei costi fissi, di fornitura e di personale. I data room e i bigdata, nel settore, sono però ancora poco permeabili, e disaggregati, gap più volte sottolineato da qualsiasi ricerca di mercato.



Il trend. Al di là del sondaggio di luglio, comunque, Trademark sostiene che i primi tre mesi del 2023 hanno visto l’occupazione camere aumentare del 12,3% e l’adr, la tariffa media, di 12,1 punti percentuali.

Nonostante le difficoltà congiunturali che stanno colpendo l’economia italiana, il settore alberghiero nazionale continua a ridurre la distanza con le performance registrate nel 2019. “A partire da aprile – precisa Trademark – i segnali positivi si sono via via rafforzati e al momento le prime indicazioni consuntive di luglio segnano mediamente risultati superiori rispetto allo stesso periodo del 2019 grazie soprattutto alla crescita degli stranieri (extraeuropei in particolare) e al recupero degli italiani sui livelli del 2019. L’elemento più rilevante dell’estate 2022 è il ritorno del turismo internazionale nelle città d’arte, il segmento che fu il più colpito dalla crisi Covid”.

Secondo gli indicatori di Italian Hotel Monitor, i primi sei mesi dell’anno per l’industria alberghiera nazionale si chiudono con un risultato inatteso, in forte crescita rispetto al 2021 sia in termini di occupazione camere (+28,3 punti) con l’indice che si attesta sul 59,4% medio nazionale per la classe upscale (4star), che di prezzo medio camera (+31,6). Per quanto riguarda i prezzi assoluti, al vertice del ranking si confermano Venezia, con un prezzo medio camera (per la classe upscale) di 165,79 euro (+29,8% rispetto allo scorso anno) davanti a Firenze (152,39 euro, +66,3% sul 2021) e Roma (138,87 euro, +34,3% sul 2021). Il settore luxury (5star) risulta in crescita per ADR (+31,4%) e RO (+29,4 punti), mentre il settore midscale (categorie economy/3star) registra invece una performance di +26,3 punti della RO e il +10,5% del prezzo medio camera.

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