Per il quinquennio 2022-2026 si prevede un fabbisogno occupazionale complessivo compreso tra 4,1 e 4,5 milioni di lavoratori, di cui 1,3-1,7 milioni di unità determinate dalla componente di crescita economica: un contributo, in termini relativi, compreso tra il 31% e il 38% del fabbisogno, quota raggiunta grazie all’impatto dei diversi interventi messi in campo dal Governo e, in particolare, dal piano finanziato dall’Unione europea Next Generation.
È il principale risultato dell’ultima analisi (riferita al periodo 2022-2026) del Sistema Informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e da Anpal, l’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro. Dal 2010, il sistema fornisce anche previsioni sul fabbisogno occupazionale a medio termine (orizzonte quinquennale), tramite un modello econometrico multisettoriale. E le previsioni indicano che i settori che registreranno nel quinquennio la più sensibile crescita occupazionale saranno commercio e turismo, finanza e consulenza, formazione e cultura. Dall’analisi settoriale, solo per commercio e turismo, dopo un biennio in forte sofferenza, si stima una domanda di 750-860mila occupati nel quinquennio.
Mancano laureati
Il report evidenzia che tra il 2022 e il 2026 il mercato del lavoro italiano potrebbe aver bisogno di 1,1-1,2 milioni di laureati e 1,6-1,8 milioni di diplomati, due terzi del fabbisogno occupazionale del quinquennio, e di altri 1,2-1,4 milioni di lavoratori in possesso al massimo di una qualifica professionale. Il confronto tra domanda e offerta di neolaureati mostra per il quinquennio potenziali carenze nell’offerta nel campo medico-sanitario, nei diversi ambiti STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) e per l’area economica. Secondo Anpal, tra il 2022 e il 2026 il fabbisogno di laureati sarà decisamente superiore all’offerta di neo-laureati. Le lauree più richieste saranno quelle di carattere economico-statistico, giuridico e politico sociale e medico sociale. Le stime evidenziano un significativo mismatch domanda-offerta per l’istruzione e formazione professionale, con un’offerta formativa complessiva in grado di soddisfare solo circa il 60% della domanda potenziale. Va considerato anche il fabbisogno di occupati nel quinquennio dovuto alla necessità di sostituzione del personale in uscita per naturale turnover (2,8 milioni di unità), a conferma della rilevanza dell’invecchiamento demografico.
Settori e aree
Nel dettaglio, l’expansion demand dei dipendenti dei settori privati potrà variare tra 945mila e 1,3 milioni, mentre per i lavoratori autonomi si stima un aumento dello stock tra 305mila e 418mila occupati e per i dipendenti pubblici di circa 44mila unità. L’industria esprimerà una domanda di lavoratori compresa tra 293mila e 438mila unità e i servizi tra 976mila e 1,2 milioni di occupati. La crescita dello stock di occupati nel Nord-Ovest (489-627mila unità) rappresenterà il 40% circa del totale nazionale; seguono a distanza le regioni del Mezzogiorno, con una quota del 25% dell’expansion complessiva, il Nord-Est con il 23% e infine il Centro.
Tendenze
Si accentuano le caratteristiche tecnologiche dell’occupazione. La pandemia ha non solo dato un impulso a tutte le tecnologie di comunicazione, ma ha anche incrementato la produttività dei settori e delle professioni che più utilizzavano le tecnologie digitali. Questo trend sarà ulteriormente intensificato dalle politiche legate al quadro del Pnrr e all’investimento europeo nel Next Generation Eu, dove la transizione digitale rappresenta uno dei pilastri fondamentali. Il trend tecnologico e in particolare l’impulso alla digitalizzazione renderanno sempre più necessarie le competenze digitali, oltre a determinare un aumento della domanda delle figure professionali specifiche del settore.
La seconda tendenza è quella legata a fattori ciclici. La ripresa economica del 2021 è stata rilevante e, se le prospettive di crescita saranno confermate, seguirà una fase di crescita sostenuta senza precedenti negli ultimi 30 anni in Italia. La filiera del commercio e del turismo è quella che probabilmente ha più sofferto dello shock pandemico ed è interessata dalla “componente 3 della missione 1” del Pnrr, che ha l’obiettivo di rilanciare i settori della cultura e del turismo, con interventi di valorizzazione di siti storici e culturali e di riqualificazione e rinnovamento dell’offerta turistica, in un’ottica di sostenibilità ambientale e pieno sfruttamento delle potenzialità del digitale, per offrire nuovi servizi e migliorare l’accesso alle risorse turistiche e culturali. La stima per questa filiera di un incremento dell’occupazione tra lo 0,9% e l’1,4% annuo non deve nascondere le grandi criticità legate alla sfida di ripensare i modelli di business – in particolare quello turistico – non più basati sui grandi flussi (caratteristica del turismo pre-Covid) quanto su un’offerta di maggiore qualità capace di generare maggior valore aggiunto per addetto. Dall’analisi delle filiere in base ai valori assoluti dei fabbisogni, che quindi tiene conto del contributo della replacement e dell’entità dei settori stessi, emerge per commercio e turismo una domanda di occupati compresa tra 748mila e 861mila unità.
Il trend
Nonostante la forte inflazione che si sta abbattendo sugli Stati Uniti e su buona parte dei Paesi europei, il mercato del lavoro in Italia sembra essere stabile. Nello scorso giugno il numero di occupati ha segnato un aumento dello 0,4% per entrambi i sessi e la crescita nel secondo trimestre del 2022 rispetto al primo è stata di oltre 90 mila occupati. Dati positivi, quindi, anche se rimane un forte tema di miss-matching, ossia della mancata rispondenza tra la domanda e l’offerta di lavoro. Secondo gli scenari indicati dal report tra i tre diversi settori che compongono l’economia – agricoltura, industria e servizi – il comparto con la maggiore crescita occupazionale sarà proprio il settore dei servizi. Nei prossimi anni la domanda di occupazione nel settore dei servizi, che comprende il turismo, sarà infatti pari a 1.238.500 unità, mentre l’industria si fermerà a 437.500 e l’agricoltura a 43 mila.
Il turismo
Il settore specifico con la crescita maggiore sarà quello del commercio e turismo. “Un’ulteriore conferma in questo senso – sostengono i ricercatori che hanno curato il report – arriva anche dai dati delle prenotazioni alberghiere di queste ultime settimane che mostrano segnali incoraggianti: finalmente la ripresa sembra essere strutturale. Proprio per questo se l’Italia crescerà come previsto, il settore del turismo e commercio in quattro anni potrà crescere di 355.400 occupati”.
In seconda posizione tra i macro-settori con più stock occupazionale troviamo invece quello della finanza e consulenza (+268.600 posizioni); sul gradino più basso si piazza il comparto della formazione e cultura, che stacca di poco il settore delle costruzioni e delle infrastrutture (rispettivamente 205.500 e 204.900 posizioni entro il 2026). Tra i macro-settori a chiudere la classifica è invece il comparto del legno e arredo con una previsione di 16.500 posti.
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