La prudenza è obbligo, ma sembra che almeno per il turismo sarà una Pasqua (il 31 marzo) felice. “Il 2024 si preannuncia un anno molto positivo: a gennaio, risultava già venduto il 40% delle camere per i mesi di marzo e aprile”: lo sostiene Loretta Credaro, presidente Isnart (l’istituto nazionale per le ricerche turistiche) alla Bit di Milano, chiusasi martedì. “La filiera del turismo italiano dimostra ancora una volta la propria resilienza – aggiunge -, reagendo all’impatto della spirale inflattiva, grazie al consolidarsi delle presenze straniere e al progressivo, maggiore posizionamento verso una fascia alta di mercato”.
Da uno studio Isnart commissionato da Enit emerge chiaramente che il 2023 è stato l’anno della definitiva ripresa per il settore turistico, con il ritorno dei viaggiatori internazionali e quote di venduto per le imprese ricettive italiane superiori al 2019. Le imprese ricettive italiane hanno chiuso l’anno con una quota di occupazione camere media del 51% (+3,8 rispetto al 2019, anno di picco del turismo italiano), e il clima autunnale favorevole ha generato un effetto di allungamento della stagione turistica, nonostante l’aumento dei costi. Ben 7 imprese su 10 dichiarano di aver chiuso l’anno con utili di bilancio. “Cresce la consapevolezza dell’importanza di un’offerta maggiormente orientata alla sostenibilità ambientale e ai servizi green – dice Ivana Jelinic, presidente Enit -, elementi divenuti oramai fondamentali driver di marketing e di posizionamento sul mercato, in particolare rispetto alla domanda straniera alto-spendente. Best performance con aziende che mostrano una maggiore attenzione alla formazione del personale, considerata leva fondamentale di qualificazione della propria offerta dal 68% degli stakeholders, tanto che il 20% degli operatori dichiara di averne migliorato le condizioni contrattuali”.
Lo studio Isnart stima che nel 2023 si siano registrate in Italia 851 milioni di presenze (in strutture ricettive e abitazioni private) che hanno generato un impatto economico sui territori di oltre 84 miliardi di euro. Rispetto al 2022, si registra un aumento del 2,7% di flussi che però ancora non eguaglia i risultati del 2019, anno record del settore. Si registra anche un andamento positivo della domanda internazionale (+10% sul 2019 e +7% sul 2022). Gli stranieri spendono in media sui territori 68 euro al giorno a persona, più degli italiani, che si attestano intorno ai 62 euro, facendo registrare un saldo positivo di quasi il 3% (2,9%) nei consumi turistici complessivi, rispetto al dato 2022. In crescita, oltre le spese per l’alloggio (+33%), anche quelle per il settore dell’abbigliamento e del manifatturiero (+13%). Confermata anche la ricchezza del patrimonio culturale quale driver principale di scelta per il turista che visita l’Italia (24%), seguita dalle bellezze naturali (20%).
In costante crescita è la motivazione legata agli eventi sul territorio (culturali, religiosi, sportivi ecc.), attrattori per oltre il 6,5% dei turisti (55 milioni di presenze tra italiani e stranieri), cluster questo, peraltro, caratterizzato da una propensione agli acquisti superiore alla media (93 euro le spese effettuate sul territorio, escluso viaggio e alloggio a fronte di una media di 65 euro, per consumi stimati pari a 7,8 miliardi di euro (9,3% del totale).
Tra i turisti, i millennial (28-44 anni) rappresentano il 41,1% del totale: diplomati e laureati, occupati e con uno status economico medio alto, con una buona propensione alla spesa alla ricerca di esperienze di qualità, conoscendo e “degustando” i territori nelle diverse eccellenze.
Attraverso la “location intelligence” (nuovo strumento di analisi che analizza i big data secondo criteri geospaziali e cronologici, restituendo anche un profilo comportamentale dei turisti), confrontando i dati estivi con quelli invernali, emerge un incremento del peso relativo della quota di turisti stranieri nel Lazio (più 8 punti percentuali, trainato dalla performance registrata a Roma); in Trentino-Alto Adige (+7%); e in Lombardia (quasi 7% in più rispetto all’estate, con Milano in testa). Nella quota millennial, spicca il Trentino-Alto Adige (con quasi 8% in più rispetto alla stagione estiva, dato probabilmente legato all’utenza sciistica), cui si aggiungono il Lazio e la Lombardia (+5,6% in entrambi i casi). In termini di incidenza percentuale dei millennial sul totale dei turisti, crescono più della media nazionale il Piemonte, la Sardegna e la Calabria (con incrementi nell’ordine di 1-2 %). Infine, prendendo in considerazione i cluster comportamentali di interesse turistico prevalente, emergono i dati dell’Abruzzo, per il turismo “green”; del Lazio, per l’utenza “business”; dell’Emilia-Romagna per quanti ricercano un turismo attivo/sportivo; e di Trentino e Campania per un’utenza prettamente cicloturistica.
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