Il Consiglio dei ministri si è riunito ieri in tarda serata con tre punti molto importanti all’ordine del giorno. Quello a carattere più generale è senza dubbio il Documento programmatico di bilancio per il 2025 che segue e dettaglia per il prossimo anno quanto già indicato, in sintesi e nei numeri, nel Piano strutturale di bilancio di medio termine presentato a fine settembre. Gli altri due sono invece i veri provvedimenti normativi che compongono la manovra di bilancio per il prossimo anno: un decreto legge con “Misure urgenti in materia economica e fiscale e in favore degli enti territoriali”, le cui disposizioni entrerebbero dunque in vigore già tra pochi giorni con la pubblicazione in Gazzetta, e il disegno di legge relativo al “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027”.



Il progetto di legge di bilancio era in realtà inatteso e previsto per un consiglio successivo, essendo la scadenza interna per l’invio al Parlamento fissata per il 20 ottobre. Invece il Documento programmatico di bilancio aveva carattere d’urgenza, dovendo con immediatezza essere inviato alla Commissione europea. Riguardo ai contenuti dei due provvedimenti, quello di maggior rilievo nel decreto fiscale, e anche molto discusso nei giorni scorsi, doveva essere l’allineamento delle accise sui carburanti tra diesel e benzina, attraverso la cancellazione del minor importo che da sempre è gravato sul gasolio da autotrazione. Tuttavia sembra che all’ultimo momento sia stato escluso dal decreto. In ogni caso l’omogeneizzazione è corretta, se consideriamo che le accise sui carburanti rispondono a due finalità: da un lato ripagare i costi per la finanza pubblica generati dal mantenimento e potenziamento della rete stradale non a pedaggio; dall’altro lato “monetizzare” il consumo d’ambiente, dunque gli inquinanti immessi nell’atmosfera e il CO2, che non è inquinante ma climalterante. Dal punto di vista ambientale il diesel è peggiore della benzina, e dunque non si giustifica che paghi di meno, mentre dal punto di vista della resa in termini di consumi per distanza percorsa è migliore della benzina, e dunque l’accisa per km percorso risulterà minore rispetto alla benzina anche dopo essere stata uniformata alla benzina per litro di pieno.



Molto più variegata e complessa la legge di bilancio, con diversi provvedimenti finalizzati a spendere di meno o incassare di più e altri volti invece a rafforzare l’intervento pubblico in settori di spesa che manifestano sofferenza. La dimensione complessiva della manovra è di 30 miliardi. Il provvedimento più importante riguarda la spesa sanitaria che viene incrementata di 3,5 miliardi, i quali saranno prioritariamente utilizzati per rafforzare l’organico di medici ospedalieri e infermieri. Sul fronte fiscale è prevista un’attenuazione delle tassazione sulle famiglie a reddito medio-basso e con figli, la conferma strutturale del taglio del cuneo fiscale sul lavoro, in precedenza a carattere temporaneo, e dell’Irpef a tre sole aliquote.



Con questi provvedimenti si stima che la pressione fiscale si riduca nel prossimo anno di sette decimi di punto rispetto a quella tendenziale, dunque nell’ipotesi di legislazione fiscale invariante, e anche di un paio di decimali rispetto a quella effettiva dell’anno in corso. Non sembrano molti, ma data la difficile eredità della finanza pubblica dopo il Covid, gli effetti protratti sull’aumento del debito pubblico prodotti dal superbonus e i nuovi vincoli europei, il sentiero fiscale percorribile dall’Italia è davvero strettissimo.

Sul fronte delle maggiori spese è da ricordare lo stanziamento, moderato ma necessario, di nuove risorse per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego per il prossimo triennio. Vi è inoltre, tra le novità non emerse prima del Consiglio dei ministri, la “carta nuovi nati”, un sostegno economico per le spese dei neo-genitori con Isee fino a 40mila euro.

L’entità complessiva della manovra, pari a 30 miliardi, è simile per ordine di grandezza a quella dello scorso anno. Di essi 3 dovranno pervenire da risparmi dei ministeri, sostanzialmente ripartiti con tagli lineari tra i dicasteri mentre la ripartizione in ognuno tra i differenti capitoli di spesa sarà lasciata alle scelte dei medesimi. Il bonus ristrutturazioni per le abitazioni resterà al 50% ma solo per la prima casa mentre per le altre scenderà al 36%, come già previsto a legislazione vigente. È inoltre previsto un primo restyling delle detrazioni fiscali, le tax expenditures, in attesa di un successivo e più ampio riordino, con la fissazione di un importo massimo detraibile commisurato all’ampiezza del nucleo familiare.

Tra le maggiori entrate la parte del leone è recitata senza dubbio dal contributo richiesto alle banche, forse esteso anche alle assicurazioni e della medesima entità del maggior stanziamento per la sanità, dunque 3,5 miliardi. Esso è stato oggetto di molte polemiche in queste settimane ma esse non appaiono tuttavia giustificate, in particolare se si considera la ripartizione dei “meriti” del consistente aumento dei profitti bancari tra la bravura dei manager delle medesime e, invece, la politica degli alti tassi praticata dalla BCE, che così tanto ha danneggiato la crescita economica dei Paesi euro così come la spesa per interessi sui loro debiti pubblici, il nostro in primo luogo.

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