La metodologia di stima della povertà italiana modificata, in parte da una classificazione delle spese per i consumi delle famiglie, è stata presentata una decina di giorni fa dall’Istat. Dopo due anni dall’istituzione di una Commissione scientifica inter-istituzionale, i frutti di questo impegno che ha comportato la revisione delle diverse componenti del paniere di povertà assoluta (alimentare, abitativa e residuale), la ridefinizione delle soglie, i coefficienti di risparmio utilizzati dalle famiglie, l’articolazione dei territori nelle diverse aree del Paese, si sono presentati diversi  complessi problemi di natura concettuale (definizione di povertà, misurazione del welfare, reference budget, ecc.) e si è estesa la riflessione sulla misura della povertà assoluta ai più recenti approcci di tipo multidimensionale e al superamento di una visione esclusivamente basata sui dati di spesa monetaria, con uno sguardo attento anche alle altre componenti del benessere, non solo a quelle di natura strettamente economica.



La presentazione della nuova metodologia è anche l’occasione per riflettere sugli sviluppi futuri e formulare raccomandazioni che aiutino a delineare il cammino da seguire nell’intervallo tra i successivi aggiornamenti fisiologici. E questo proprio a partire da una profonda e ampia riflessione sulla stessa definizione concettuale della povertà per poi consegnare alla politica le decisioni più efficaci per destinare risorse a questo importante problema.



Il concetto di povertà assoluta, o estrema, e la sua misurazione empirica sono stati a lungo considerati una questione riguardante esclusivamente i Paesi in via di sviluppo, laddove nei Paesi occidentali sviluppati, con l’eccezione significativa degli Stati Uniti, si è preferito guardare alla povertà relativa. Ciò dipendeva in parte dalla presunzione che in questi Paesi la povertà estrema, la privazione di mezzi di sussistenza indispensabili, fosse stata eliminata dall’azione congiunta dello sviluppo e dei sistemi di welfare. Anche l’Unione europea ha adottato, con l’indicatore “a rischio di povertà”, un concetto di povertà relativa. Con il progetto ABSP0 (measuring and mentoring absolute poverty, European Commission 2021) si sta valutando non solo la fattibilità, ma l’opportunità di sviluppare una misura monetaria di povertà assoluta che rappresenti un potere di acquisto di beni e servizi comparabile tra Paesi e nel tempo, a integrazione delle misure esistenti.



Tra i Paesi europei l’Italia è l’unico che, a livello della statistica ufficiale, dal 1997 utilizza per stimare l’incidenza della povertà e il suo andamento nel tempo sia la povertà relativa che quella assoluta. Per il Rapporto finale del progetto ABSP0, la maggior parte degli indicatori di povertà assoluta utilizzati nei Paesi sviluppati configurano un riferimento (benchmak) considerevolmente più alto della pura sussistenza e si riferiscono all’accessibilità di beni di consumo ritenuti necessari o desiderabili dai membri di una determinata società. Oggetto di valutazione dal punto di vista dell’accertamento della povertà non sono solo i bisogni, o le capacità, in astratto, ma la disponibilità di, e accesso a capacità combinate o bisogni intermedi (cibo nutriente, acqua pulita, un’abitazione adeguata, istruzione di base, libertà riproduttiva, sanità). Forse la strada migliore è quella di procedere, in parallelo all’indagine sulla povertà assoluta così come è effettuata da Istat, con tutti i perfezionamenti e aggiornamenti che sono stati fatti e che si faranno, alla ricostruzione di contesti omogenei dal punto di vista della disponibilità di beni pubblici considerati essenziali e delle modalità di accesso, in modo da procedere poi ad analisi per piccole aree.

I lavori  dettagliati della Commissione sono reperibili sul sito dell’Istat. Ricordiamo gli ultimi dati italiani. Nel 2022 sono in condizione di povertà assoluta poco più di 2,18 milioni di famiglie (8,3% del totale da 7,7% nel 2021) e oltre 5,6 milioni di individui (9,7% in crescita dal 9,1% dell’anno precedente). Questo peggioramento è imputabile in larga misura alla forte accelerazione dell’inflazione. L’incidenza della povertà assoluta fra le famiglie con almeno uno straniero è pari al 28,9%, si ferma invece al 6,4% per le famiglie composte solamente da italiani. L’incidenza di povertà relativa si attesta al 10,9% (stabile rispetto all’11,0% del 2021) e le famiglie sotto la soglia sono 2,8 milioni.

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