Arriva un nuovo segnale di speranza per l’economia italiana in un momento in cui si torna a temere per le limitazioni alle attività previste con il nuovo Dpcm che entrerà in vigore nei prossimi giorni e durerà fino a dopo Pasqua. Il Centro Studi di Confindustria, infatti, ha fatto sapere ieri che la produzione industriale ha continuato a crescere anche a febbraio (+0,7%) dopo il rimbalzo (+1,3%) di gennaio. Nel primo trimestre dell’anno, quindi, l’industria dovrebbe dare un contributo positivo al Pil. Come ci spiega Marco Fortis, direttore della Fondazione Edison e docente di Economia industriale all’Università Cattolica di Milano, sulla base dei dati diffusi ieri e lunedì dall’Istat, un contributo importante potrebbe arrivare anche dalle costruzioni, «che nel quarto trimestre del 2020 sono cresciute a livello tendenziale del 2,7% dopo il +4,9% del terzo trimestre. Un andamento su cui forse sta incidendo anche il superbonus del 110%».
La situazione resta più critica per il commercio, la ristorazione e il comparto del turismo…
Sì. Commercio, trasporto, alloggio e ristorazione hanno fatto registrare un -14,4% tendenziale nel quarto trimestre del 2020, dopo il -9,9% del terzo trimestre, il -30% del secondo e il -9,8% del primo. Questo è certamente il comparto più in crisi insieme a quelli delle attività professionali, ricerca e servizi di supporto e delle attività artistiche e di intrattenimento, anch’esse penalizzate dal lockdown e dalle limitazioni agli spostamenti. Sicuramente, nel secondo trimestre, se non saremo ancora in lockdown, assisteremo a un rimbalzo tendenziale e generale portentoso. L’importante sarà vedere se sarà seguito da un trend congiunturale positivo.
Dov’è che possiamo recuperare di più?
Per meglio rispondere è utile a mio avviso andare a vedere, grazie ai dati Istat diffusi lunedì, a cos’è stato principalmente dovuto il calo dell’8,9% del Pil: la spesa delle famiglie residenti, scese del 10,7%, e gli investimenti fissi lordi diminuiti del 9,1%. Se guardiamo il lato dell’offerta notiamo che il -8,6% del valore aggiunto deriva principalmente dal calo delle attività manifatturiere (-11,4%), conseguente al lockdown del secondo trimestre, e dal crollo di “Commercio all’ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli e motocicli; trasporto e magazzinaggio; servizi di alloggio e di ristorazione” (-16%). È abbastanza evidente che la caduta della domanda interna, con il calo sia di investimenti che di consumi, ha avuto un impatto su questi settori dal lato dell’offerta.
Questi settori potranno ripartire?
Come conferma anche il Centro studi di Confindustria, è possibile che ci sia un traino da parte del manifatturiero e un contributo importante probabilmente arriverà dalle costruzioni, mentre è chiaro che per il commercio, la ristorazione, il turismo tutto dipende dall’andamento della pandemia e dalla compagna vaccinale. Se le cose andranno per il verso giusto, il turismo, dopo aver perso la stagione invernale, potrà vederne una estiva molto buona, anche se non bisogna farsi illusioni sugli arrivi dall’estero, specialmente extra-Ue, per i quali bisognerà probabilmente aspettare il 2022. Purtroppo questi settori, che devono sostenere maggior investimenti in termini di personale, materie prime, oltre che di sforzo per la programmazione rispetto ad altri, rischiano di essere anche quelli maggiormente penalizzati finché non vedremo un miglioramento del contesto generale pandemico, con la scomparsa di zone arancioni scure o rosse.
Intanto il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, ha fatto sapere che entro il 30 aprile verrà stilata una nuova lista di opere da sbloccare, oltre a quelle già indicate dal precedente esecutivo. Una buona notizia per le prospettive di ripresa.
Sì, l’importante è che si riesca a dare una svolta sulla tempistica dell’avvio dei cantieri. È chiaro infatti che con l’attuazione del Pnrr ci saranno investimenti e riforme che produrranno effetti nel medio lungo termine, mentre nel breve resta cruciale riuscire a dare un’accelerata agli investimenti fissi lordi. Questo non solo aiuterà a creare occupazione in modo da compensare la perdita di posti di lavoro conseguente alla fine del blocco dei licenziamenti, ma faciliterà il raggiungimento di un equilibrio dei conti pubblici.
Tema certamente importante anche se per un altro anno le regole del Patto di stabilità resteranno sospese. Come si potrà influire sui conti pubblici?
Se oltre ai rimbalzi tecnici e ai miglioramenti congiunturali ci saranno più investimenti, è chiaro che il Pil potrà crescere di più. Questo è cruciale in un Paese che ha visto passare il rapporto debito/Pil dal 134,4% del 2019 al 155,6% del 2020. Un balzo figlio non solo di un deficit cresciuto di 128,4 miliardi di euro, da 27,9 a 156,3 miliardi, ma anche di un Pil che a prezzi correnti è crollato di 139,3 miliardi. È chiaro quindi che se il Pil crescerà ne deriverà un beneficio per i saldi di finanza pubblica.
(Lorenzo Torrisi)