L’Istat ha pubblicato nei giorni scorsi i dati del primo trimestre 2024 dei conti relativi ai grandi aggregati economici nazionali: imprese, famiglie e amministrazioni pubbliche. Gli andamenti dei tre settori sono tutti di grande interesse, ma al loro interno è sicuramente da analizzare per primo quello relativo alle famiglie.  Come stanno andando i loro redditi nominali, e quelli reali, depurati dell’incremento dei prezzi? E come hanno utilizzato le famiglie questi redditi, ripartendoli tra scelte di  consumo e di risparmio? È utile ricordare che l’aggregato dei conti nazionali riguarda le famiglie cosiddette  consumatrici, escludendo quelle che esercitano direttamente, come i professionisti e le imprese individuali, o tramite società semplici, attività produttive.



I dati pubblicati appaiono molto positivi, persino eccessivamente positivi, tanto da richiedere di riflettere su quali fattori, probabilmente eccezionali, possano averli determinati. Infatti, secondo l’Istat, nel primo trimestre il reddito disponibile delle famiglie è aumentato in termini nominali, una volta destagionalizzato, addirittura del 3,5% rispetto al trimestre precedente e del 4,3% rispetto al primo trimestre dello scorso anno. Nello stesso periodo l’aumento dei prezzi dei beni comprati dalle famiglie (calcolato come deflatore implicito dei consumi) sarebbe stato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dell’1,1% rispetto allo stesso trimestre del 2023, due dati che ci confermato quello che sosteniamo da tanto tempo, ovvero la sostanziale scomparsa dopo la crisi del gas del fenomeno inflattivo dall’economia italiana.



Eliminato l’effetto dell’aumento dei prezzi il reddito disponibile delle famiglie in termini reali, dunque il loro potere d’acquisto, risulta aumentato nel primo trimestre del 3,3% rispetto al trimestre precedente, una cifra eccezionalmente elevata, e del 3,2% rispetto al primo trimestre 2023, interrompendo una lunga serie di dati sostanzialmente stazionari.

Il Grafico 1 mostra le due grandezze dal 2019, l’anno prima del Covid, evidenziando come il rilevante aumento dei prezzi che si è manifestato tra la metà del 2021 e la metà del 2023 sia stato controbilanciato dall’aumento dei redditi lordi nello stesso periodo, limitando inizialmente la caduta del potere d’acquisto e permettendone successivamente il pieno recupero. Questa analisi riguarda tuttavia l’insieme delle famiglie e non evidenzia gli effetti distributivi prodotti da un lato dall’aumento dei prezzi e dall’altro dei redditi nominali. Tutte le famiglie hanno recuperato con maggiori redditi gli aumenti dei prezzi? Oppure alcune hanno recuperato di più e altre di meno? E chi sono in tal caso, quelle più abbienti o quelle meno? Sarebbe interessante saperlo.



Grafico 1 – Reddito lordo disponibile e potere d’acquisto delle famiglie (Dati trimestrali destagionalizzati in milioni di euro)

Com’è stato utilizzato questo aumento di potere d’acquisto del primo trimestre riguardo al livello dei consumi delle famiglie e della loro propensione al risparmio? La risposta dell’Istat è che esso è stato principalmente dedicato alla crescita del risparmio. Infatti, la spesa per consumi finali è cresciuta solo dello 0,5%, non recuperando neppure la caduta del quarto trimestre 2023 che era stata dell’1%. La propensione al risparmio delle famiglie è invece aumentata di 2,6 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, attestandosi al 9,5%, proseguendo quanto avvenuto anche nel quarto trimestre dello scorso anno. Il fatto che l’aumento del reddito disponibile lordo stia alimentando principalmente i risparmi rispetto ai consumi lascia ipotizzare che esso possa aver interessato principalmente le famiglie più abbienti, mentre ai fini della crescita della domanda aggregata sarebbe stato preferibile il contrario.

Grafico 2 – Reddito lordo disponibile e consumi delle famiglie (Dati trimestrali destagionalizzati in milioni di euro)

La differenza nel Grafico 2 tra redditi e consumi ci fornisce una misura dei redditi risparmiati, che è tuttavia meglio rappresentata nel Grafico 3 dalla propensione al risparmio, che è la quota di reddito risparmiata in percentuale su quello disponibile.

Grafico 3 – Propensione al risparmio e tasso di investimento delle famiglie (Dati in % del reddito disponibile)

Dopo il forte incremento della propensione al risparmio nei periodi del Covid, dovuto alla caduta dei consumi durante i lockdown, il biennio 2021-22 ha visto, con l’inflazione in rapida crescita, un suo drastico ridimensionamento. In quel periodo gli italiani hanno salvaguardato il livello precedente dei consumi finanziandolo coi risparmi involontariamente accumulati durante il Covid. Dalla metà del 2023 la propensione al risparmio è tuttavia in risalita, ma non sappiamo se sia in corso semplicemente un ritorno ai valori normali pre-Covid, e dunque una sua normalizzazione, oppure al fatto, ipotizzato in precedenza, che l’aumento del reddito disponibile stia interessando principalmente le famiglie più abbienti.

Il Grafico 3 mostra anche il tasso d’investimento delle famiglie, relativo nel loro caso all’investimento in immobili. Il grande effetto degli incentivi fiscali ne ha determinato dal 2021 il raddoppio rispetto al valore normale pre-Covid e anche il dato più recente ne conferma il mantenimento sui più alti livelli raggiunti.

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