Le polemiche tra il Governo e la Corte dei Conti sull’ambito dei poteri di controllo della magistratura contabile sulle procedure e le decisioni di spesa relative al Pnrr hanno attratto l’attenzione della politica e dei media hanno messo in ombra il Rapporto di coordinamento della finanza pubblica 2023, approvato con delibera del 17 maggio. Ed è un peccato perché si tratta di un documento importante, completo che spazia su tutte le politiche di bilancio e pubbliche, fornendo elementi utili per le decisioni da assumere in vista del confronto aperto con le organizzazioni sindacali e, dopo la pausa estiva, con la manovra finanziaria dell’anno prossimo.
Un tema molto impegnativo che rimbalza, da anni, tra un tavolo tecnico e l’altro, riguarda l’assillo delle pensioni. Nell’ultimo incontro del 30 maggio, il Governo sulle pensioni ha ricordato la recente istituzione dell’Osservatorio per il monitoraggio e la valutazione dell’impatto della spesa previdenziale, e con i tavoli tecnici avviati e ha ribadito l’impegno a ricercare insieme soluzioni compatibili con il quadro di sostenibilità del sistema e di finanza pubblica, in particolare su “anticipi pensionistici” e prospettiva previdenziale dei giovani. Le confederazioni si sono limitate a confermare le loro richieste, senza darsi pensiero della loro sostenibilità.
La Corte dei conti ha affrontato il problema con le seguenti considerazioni generali. “In materia di spesa pensionistica si confermano le valutazioni di fondo fatte nel recente passato: i provvedimenti di proroga di misure provvisorie come quelle di cui alle quote (dopo Quota 100, Quota 102 e Quota 103) non sembrano adeguate a regolamentare un settore di così grande rilevanza quantitativa e qualitativa. Dopo gli interventi derogatori – ha proseguito la magistratura contabile – rappresentati da Quota 100 e seguenti, sarebbe importante, per la tutela della finanza pubblica a cui la Corte solo guarda, riaffermare la centralità della legge 214/2011 (la Riforma Fornero, ndr) e comunque un quadro normativo previdenziale con i caratteri della certezza da un lato e della sostenibilità finanziaria e sociale, dall’altro. È d’altra parte opportuno che in un mercato del lavoro sottoposto a grandi pressioni prima dalla pandemia ed ora, strutturalmente, dalle transizioni ecologica e digitale, gli istituti di deroga esistenti (l’Ape sociale in primis) si facciano carico della gestione di situazioni mirate, se meritevoli di protezione. Vanno dunque riaffermate – è la conclusione – prospettive di equilibrio del settore, anche per garantire condizioni di equità intergenerazionale in un quadro di spesa per la protezione sociale complessiva che sarà messo sotto pressione dall’invecchiamento della popolazione e dalla marcata crescita del tasso di dipendenza degli anziani”.
Dopo questa raccomandazione la Corte traccia i bilanci di taluni interventi nel corso del 2022.
Quota 102
La Relazione tecnica aveva valutato che attraverso il canale di Quota 102 nel 2022 si sarebbero avuti 16,8 mila nuovi pensionamenti. Si tratta di un dato che appare tuttavia sovrastimato alla luce delle evidenze sulla situazione al 31 dicembre scorso. Infatti, secondo i dati trasmessi alla Corte dei conti dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali nell’ambito dell’istruttoria per la Relazione sul Rendiconto 2022, sono state 5.846 le domande accolte (su 12.651 presentate). È, peraltro, relativamente elevato il numero di domande ancora giacenti (5.133, pari al 41% delle domande complessivamente pervenute). Si può ipotizzare, considerando il tasso di rigetto delle domande presentate (22%), un livello di circa 10 mila domande accolte riferite al 2022, largamente al di sotto di quanto inizialmente ipotizzato. Fra le altre informazioni trasmesse dal Ministero, rileva tanto l’età media al pensionamento, pari a 65 anni sia per gli uomini che per le donne, quanto la decorrenza media nel beneficio, pari a 27 mesi. Si dimostra, così, che la concomitanza del requisito anagrafico e di quello contributivo determinano, nei fatti, un incremento dell’età anagrafica o dell’anzianità di servizio previste dalla legge.
Opzione donna
Quanto all’Opzione donna, a seguito della estensione del termine per la maturazione del diritto disposta dal d.l. 4/2019 e dalle successive Leggi di bilancio, sono state liquidate fra il 2019 e il 2022 oltre 80 mila pensioni. Di queste, circa l’82% è riferito alle lavoratrici del settore privato. In particolare, nel 2022 è stato quasi raggiunto un valore di 24 mila nuovi accessi. Nel periodo considerato, l’età media al pensionamento è stata di 60 anni, con un anticipo in media di 53 mesi rispetto ai requisiti ordinari di accesso al pensionamento. Al momento della presentazione della domanda, l’anzianità contributiva posseduta era, in media, di 36,7 anni. La Legge di bilancio 2023, nel prorogare l’istituto, ha introdotto forti limitazioni per accedervi, talché sono stimati 2,9 mila pensionamenti nel 2023. Nell’ultimo Monitoraggio trimestrale dei flussi di pensionamento, pubblicato dall’Inps, nel primo trimestre del 2023 risulterebbero liquidate solo 151 pensioni, a fronte delle 4.185 del primo trimestre 2022.
Ape sociale
Con riferimento all’Ape sociale, a partire della sua introduzione con la Legge di bilancio 2017 e a seguito delle successive estensioni temporali e soggettive, sono state complessivamente oltre 93.200 le domande accolte fino al 31 dicembre 2022, circa la metà delle domande complessivamente presentate. Fra il 2019 e il 2021, peraltro, la contestuale introduzione del canale di pensionamento di Quota 100, con requisiti di accesso compatibili con quelli previsti per i lavoratori addetti a mansioni gravose, ha compresso il ricorso all’Ape sociale entro un range di 11-13 mila domande all’anno. Tale effetto si è attenuato nel 2022, con 15.371 domande accolte. Per il 2023 è stimata una ulteriore crescita dei beneficiari (circa 20 mila).
Pensioni
I dati dell’Inps relativi ai flussi annuali di pensionamento dei lavoratori delle Gestioni del settore privato evidenziano, nel 2022, un valore di oltre 722 mila nuove uscite, l’1,6% in meno rispetto a quanto avvenuto nel 2021. Prima di approfondire le singole determinanti dei nuovi flussi di pensionamento, sembra utile – secondo la Corte dei Conti – aggiornare la lettura della serie storica per categoria di pensione, che contribuisce a chiarire dimensioni e timing degli effetti dell’applicazione delle normative per l’accesso a pensione, sia per le uscite di vecchiaia che per quelle anticipate, e anche a mostrare come fattori a carattere eccezionale ed imprevedibile – come la pandemia – possano alterare i flussi delle altre tipologie di pensione. Partendo dal 2019, si nota che – mentre le uscite per vecchiaia si contraggono per l’adeguamento a 67 anni del requisito di accesso, che “trattiene” i nuovi pensionamenti – quelle anticipate registrano gli effetti della normativa Quota 100. Nel 2020 si registra il rimbalzo del numero di nuove pensioni di vecchiaia (+60%) e sia la sostanziale conferma della quota raggiunta nel 2019 per il numero di pensioni anticipate. Le restanti categorie (ai superstiti e per invalidità previdenziale) mostrano stabilità nel tempo.
Eppure, nel 2020 la situazione pandemica determina un visibile scostamento dalla tendenza. Il minor numero di pensioni di invalidità (-17%) liquidate quell’anno è associabile alle difficoltà amministrative per l’accertamento dello stato di invalidità. Le pensioni ai superstiti, nel 2020 e nel 2021, presentano un’anomala crescita (+35 mila pensioni) correlata al drammatico aumento del tasso di mortalità nella popolazione più anziana. Va anche evidenziato che l’andamento dei flussi, dal 2021, non presenta (e non presenterà almeno fino al 2024) alterazioni associate all’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento alla variazione della speranza di vita a 65 anni. Il parametro è stato, infatti, pari a zero sia per il 2021-2022 e sia per il 2023-2024. Per quest’ultimo biennio, peraltro, l’indice ha restituito una variazione negativa di 3 mesi, che andrebbe recuperata nella prossima sessione di aggiornamento del parametro. Quanto, in particolare, ai pensionamenti anticipati, va, peraltro, ricordato che il d.l. 4/2019 aveva già disposto la sospensione fino al 2026 dell’adeguamento alla speranza di vita del requisito di anzianità contributiva.
In definitiva, nell’anno permangono, nell’ambito della spesa pensionistica complessiva, gli esborsi (circa 8,7 miliardi) per i trattamenti anticipati liquidati in deroga ai requisiti ordinari, associati alle misure introdotte o prorogate dal d.l. 4/2019 e dalle successive Leggi di bilancio. Ci si riferisce, in particolare, a Quota 100 e al blocco fino al 2026 dell’adeguamento dell’anzianità contributiva alla speranza di vita per l’accesso alla pensione anticipata (7,2 miliardi trasferiti all’Inps); all’Opzione donna (901 milioni); all’agevolazione al pensionamento anticipato per i lavoratori cosiddetti “precoci”, ovvero in possesso di almeno dodici mesi di anzianità contributiva prima dei 19 anni di età (502 milioni); a Quota 102 (77 milioni).
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